sulla crisi della politica oggi, non può restare senza applicazioni dirette, senza un esercizio pratico conseguente che delinei le modificazioni necessarie.
La logica dei diritti che si accavallano e si riproducono senza più alcuna efficacia sono il frutto della volontà di sviluppo che applicandosi a schemi storicistici e alla stessa controvertibilità della storia, non è in grado di stabilizzarsi concretamente intorno a qualsiasi condizione base della vita sociale e civile dell'Occidente, se non continuando a separare e a distinguere livelli identitari e operativi che non siano veicolati dal generale utilizzo di schemi espressivi tanto eloquenti e facilmente assorbibili quanto astratti e improduttivi.
Questa logica ha ormai raggiunto ogni ambito della vita del continente e mette a repentaglio le relazioni base tra gli uomini sostituendo con un immaginare, un attribuire, secondo conformità agli stilemi identitari percepiti, la stessa necessità dell'incontrarsi, del chiedere e del portare parola e discorso.
Rispetto a questa condizione di isolamento generalizzato i processi di oggettivazione dei bisogni si astrattizzano al punto da imporre la desiderabilità acquisitiva di ogni elemento inteso quale oggetto di interesse e contesa. Di fatto trascinando ogni incontro nella controversia più interessata e la contesa diventare il terreno naturale sul quale imporre i propri diritti diventati inevitabilmente condizione di vantaggio se non privilegi senza giustificazione alcuna.
Che si riconosca, al contrario, nell'incontro, lo Stato, la condizione della salvezza e della reciprocità, disegna quella età del dovere, del non poter non essere che in una certa maniera la ragione del comportamento altrui (!!!) che proprio sulla imperfezione dei comportamenti umani fa leva per assicurare a tutti un miglioramento giustificato e diretto.