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lunedì 16 giugno 2014

L'illusione della crescita: la società dei gangster

Raffaello Sanzio da Urbino - La Fornarina, 1518
Insomma, chi pensa che l'Italia sia in Europa la nazione che non riesce più a sorprendere si sbaglia.
Si sbaglia perchè in Italia abbiamo sperimentato parecchi anni di contabilità creativa, e cotanto allenamento oggi ci fa essere geniali, anticipatori e guida di tutti quegli Stati che hanno le finanze pubbliche disastrate come le nostre il cui debito pubblico ormai galoppa verso il 150% rispetto al PIL nazionale. E in questa fase di decrescita "incontrollata" del denominatore, ovvero di deindustrializzazione forzata della nostra economia, dobbiamo pur inventarci un qualcosa che faccia sì che esso ritorni a numeri più alti affinchè (secondo i computi approssimati fatti per l'occasione) l'attuale rapporto decresca, anch'esso, almeno fino al 120% rispetto all'attuale 135%.
Una bella botta, è vero.

Di fantasie se ne sono lette veramente tante in questi anni come rimedio per il risanamento del debito pubblico. Una veramente speciale, che ha anche investito tempo e risorse umane per una valutazione di opportunità, è stata quella di inserire nel PIL nazionale il patrimonio artistico italiano... Colosseo compreso. Non stiamo parlando della sua redditività, che è già computata, ma del suo valore immobiliare... Certamente se l'operazione di fantasia diventasse realtà, con tutto il ben di dio che ci ritroviamo prima che vada tutto in rovina come Pompei c'insegna, riusciremmo a raggiungere il sotto zero: il debito pubblico diminuirebbe in maniera impressionante, la crescita del denominatore farebbe scivolare l'enormità del nostro debito pubblico forse anche al... 10%.
Ma evidentemente l'operazione di immobilizzazione nel PIL del Colosseo e ulteriori vestigia è di difficile stima, poichè (se ne saranno accorti facendo un paio di conti) stimare il valore di una vestigia sul mercato immobiliare non è come stimare un appartamento adiacente ai Fori. E alla fin fine si ritornerebbe sempre alla stima della sua redditività, che sappiamo non essere ben adeguatamente sfruttata dall'economia italiana, e per i motivi celebri che conosciamo. E con questi numeri, gli investimenti che l'Italia compie sul suo patrimonio culturale ed artistico, il Colosseo lo comprerebbero a prezzi di... saldo.

Ma c'è un'economia certa, redditizia ed in crescita continua: il malaffare.

martedì 4 marzo 2014

I nodi energetici e il pettine di Crimea: l'insufficienza delle politiche energetiche dell'Unione Europea

Alessandro Allori. Susanna ei vecchioni. 1561.
I nodi prima o poi vengono sempre al pettine. E per l'Europa e la Unione Europea è arrivato il tempo di fare i conti con una sconclusionata politica finanziaria economica ed industriale. Che poi vuol dire oggi essenzialmente ENERGETICA.

Se oggi a fronte della crisi sviluppatasi in Crimea gli USA possono fare la voce grossa, dopo aver favorito con la complicità e/o l'inezia del ceto dirigente europeo gli sviluppi autoritari e revanscisti nell'area facente parte dell'ex Patto di Varsavia e fin dentro la ex URSS, è perchè hanno - seppur con notevoli costi ambientali - raggiunto l'autosufficienza energetica.

Gli USA hanno 100 problemi: spendono il doppio dei soldi per curarsi rispetto a Paesi omologhi ma la sua popolazione ha una probabilità di vita media (o speranza di vita) peggiore di quella di Cuba; spendono mediamente più di 15.000 dollari per studente all'anno, più di ogni altro Paese, ma i suoi studenti si classificano 23esimi nelle scienze e 31esimi in matematica; 1 americano su 7 per vivere deve accedere ai "buoni pasto" del sistema di sicurezza sociale per non scivolare nella completa disperazione esistenziale; spendono una vagonata di denari per spiare il proprio popolo e quelli altrui... ma un problrma lo hanno risolto: rispetto agli altri Paesi produttori di petrolio, gli USA negli ultimi 5 anni hanno visto una crescita a due cifre della produzione di petrolio. Certo, con una tecnica il cui impatto ambientale è notevolissimo, ma adesso non sono più dipendenti dalle importazioni estere e possono liberare quote decisive di produzione per gli amici cinesi.

martedì 16 aprile 2013

I BRICS e la mancanza di alternative, in Africa di scena il futuro. O forse no

Immagine tratta da http://m.ruvr.ru
Si sono recentemente chiusi a Durban, in Sudafrica, i lavori del quinto summit del gruppo dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica). I cinque paesi insieme rappresentano il 40% della popolazione mondiale, il 25% del PIL, e sono tra le economie più in crescita del pianeta, o almeno questo era vero quando il gruppo nacque.