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venerdì 21 settembre 2012

Se la parola sviluppo




di Daniele Muriano

Seguo con crescente sbigottimento i passi e le retoriche a sostegno di questo governo detto 'tecnico' e, purtroppo, a ragion veduta (ciò ovviamente non implica che non sia spudoratamente politico e che perciò, fatti i conti, si prepari a perdurare oltre il mandato ademocratico – e metta le basi, fondate come al solito su paure infondate, per non essere mandato... a quel Paese, o a casa – locuzione questa seconda veramente sgradevole – che dir si voglia.)
La settimana scorsa sono rimasto stupefatto dalla lettura di alcune indiscrezioni di stampa di Repubblica che riguarderebbero il cosidetto Decreto sviluppo 2 (la vendetta; chiosano gli esseri mediamente ragionevoli). Il passaggio è il seguente: “Il proprietario o il condominio - si legge nel testo che modifica il Codice delle comunicazioni elettroniche - non possono opporsi all'accesso dell'operatore di comunicazione al fine di installare, collegare o manutenere gli elementi di rete quali cavi, fili, riparti, linee o apparati".
Il che significa, senz'ombra di dubbio, che si ritiene di poter dare agli operatori di comunicazione (Tim H3G Wind eccetera) la libertà di installare sul tetto della nostra casa, o del condominio in cui viviamo, qualunque sorta di apparato che stia nei limiti di legge. Com'è facile immaginare nel testo viene nominato tutto fuorché l'oggetto meno gradito, quanto meno esteticamente: l'antenna o il ripetitore. Insomma, il proprietario o i condomini sarebbero tenuti – e non più convinti con il denaro – a fornire i propri tetti alle compagnie telefoniche, necessariamente. Certo è previsto un obolo, che, mancando la contrattazione, sembra somigliare più a un'elemosina che ad un compenso 'per il disturbo'. Come una gran parte delle persone ragionevoli – di cui alcune furiose, in rete – mi domando ...ma e la proprietà privata? Se possiedo una casa, non è sensato e democratico (e liberale...) che sia io a scegliere cosa fare del mio tetto?
Oltre a ciò, è evidente che una legge siffatta sia in concreto il bando di partecipazione ad un nuovo festival dell'antenna selvaggia, chi più ne ha più ne metta, a tutto svantaggio dei cittadini che vedrebbero un aumento sostanziale di un agente “possibilmente cancerogeno” i cui effetti non sono ancora scientificamente determinati ma molto poco rincuoranti se si legge quel po' di letteratura scientifica prodotta nell'ultimo decennio (vedi qui).
Mi chiedo ancora una volta se la parola 'sviluppo' – da cui dipende la gloria futura di questo governo e la rielezione di parte dei suoi attuali onorevoli – sia ancora possibile avvicinarla alla parola 'sostenibile', o se invece dobbiamo rassegnarci (ma saremmo stupidi a farlo) a concepire la 'crescita' come un'inevitabile perdita di diritti. Vedi alla voce Ilva, riforma cosiddetta della pensione (ma con equità), o riforma del lavoro inizialmente proposta e senza nemmeno le lacrime ministeriali a suggello del 'sacrificio'.



sabato 4 agosto 2012

Il telefono cellulare potrebbe danneggiare il feto





Notoriamente nei media tradizionali il tema dell'elettrosmog è poco trattato (le ragioni vanno dal conflitto di interesse degli editori, all'effettiva impopolarità di argomenti che riguardano criticamente la quotidianità di ciascuno ormai data per acquisita e immutabile). Inoltre non esistono a oggi leggi che obblighino i produttori di dispositivi a radiofrequenza come i telefoni cellulari ad esporre o accludere nelle confezioni avvisi sulla pericolosità – benché da tempo ormai, organismi internazionali autorevoli come il Consiglio d'Europa chiedano agli stati membri di produrre leggi adeguate in questo senso.

venerdì 13 luglio 2012

La nostra mente deve lavorare molto
(dall'amianto all'elettrosmog)



1.

Tempo fa dedicai moltissime energie per convincere un tale, inquilino proprietario di una casa il cui tetto in eternit disperdeva fibre in grande quantità essendo in fase di sgretolamento manifesto, che la situazione era pericolosa. In quella villa due piani con mansarda, in un paesino del tanto civilizzato Nord, quell'uomo abitava con la moglie e il figlio. Tutti e tre, forse per una qualche sfrontatezza genetica, nei mesi caldi si mettevano sul terrazzino in bella mostra per prendere il sole o di sera a guardare verso l'orizzonte per ore, con il naso a pochi centimetri dalle lastre ondulate dell'eternit, alcune addirittura frantumate in parte da una leggendaria grandinata di non so che anno. Io, da persona informata sui fatti, insomma da suo compaesano, cercavo di fargli intendere. Ma lui: niente. Se gli dicevo, a esempio, che i morti da eternit sono paragonabili, numericamente, a quelli di una piccola guerra, e gli documentavo il racconto, mostrandogli articoli di giornale nonché stralci di testi divulgativi recuperati in internet, dal canto suo era certissimo che la faccenda dell'amianto fosse un complotto, ordito dai media e da certe industrie che sapeva lui, per prendere in giro i bravi cittadini. E se, per esempio, lo informavo del fatto che non solamente gli operai addetti alla lavorazione dell'asbesto, ma anche gli impiegati negli uffici adiacenti le fabbriche, che non avevano apparentemente un contatto ravvicinato coll'amianto, e le mogli addirittura degli operai, per il solo fatto che lavavano a mano le tute da lavoro dei mariti, intrise di fibre tossiche, anche loro morivano di mesoteliomi e carcinomi, e continueranno a morirne nei prossimi anni dal momento che il tempo di latenza degli effetti non è esaurito ancora; lui che mi diceva? Che davo troppo retta all'internet, io, e ai giornali, e il complotto etc etc etc. Ma il mio compaesano non era uno stupido. Aveva tutto il corredo di strumenti, innanzi tutto il senso pratico e il buon senso da self made man, per capire e magari evitar di spanciarsi al sole e all'aria, con la moglie e il figlio, e, da uomo sensato, far fare una benedetta bonifica al suo tetto. E magari ricostruirlo daccapo. Il compaesano non era povero, né gli mancava l'iniziativa.
Ma allora perché?