sabato 4 agosto 2012

Il telefono cellulare potrebbe danneggiare il feto





Notoriamente nei media tradizionali il tema dell'elettrosmog è poco trattato (le ragioni vanno dal conflitto di interesse degli editori, all'effettiva impopolarità di argomenti che riguardano criticamente la quotidianità di ciascuno ormai data per acquisita e immutabile). Inoltre non esistono a oggi leggi che obblighino i produttori di dispositivi a radiofrequenza come i telefoni cellulari ad esporre o accludere nelle confezioni avvisi sulla pericolosità – benché da tempo ormai, organismi internazionali autorevoli come il Consiglio d'Europa chiedano agli stati membri di produrre leggi adeguate in questo senso.


Questa condizione di silenzio – che alla gran parte dei consumatori può sembrare una risposta positiva e tranquillizzante, e solo ad una piccola parte un segnale nella direzione opposta – fa sì che gli utilizzatori di dispositivi a radiofrequenza cerchino informazioni in rete.
Perciò ecco l'esito di una ricerca che concerne gli effetti dei telefoni cellulari sui feti e che può dunque interessare futuri genitori legittimamente interessati a queste informazioni.
E' uno studio condotto da un gruppo di ricerca guidato da Hugh S. Taylor – professore all'università statunitense di Yale, specializzato in ostetricia, ginecologia e scienze riproduttive – che ipotizza l'esistenza di un legame tra alcuni disturbi del comportamento adulto e l'esposizione alle radiofrequenze dei soggetti nel periodo prenatale.
Si tratta dei disturbi noti sotto il nome di “Sindrome da deficit di attenzione e iperattività (ADHD)”, caratterizzati da inattenzione, impulsività e iperattività motoria, che rendono difficoltosi e in taluni casi impediscono il normale sviluppo e integrazione sociale dei bambini (vedi Wikipedia).
La tesi del professor Taylor è che l'assorbimento in utero, da parte dei feti, delle radiazioni elettromagnetiche emesse dai normali telefonini, crei le condizioni neurologiche affinché detti disturbi emergano poi nei soggetti adulti.
I risultati della ricerca sono stati pubblicati il 12 marzo scorso nella rivista Scientific Reports. Sono disponibili in rete nel sito di NCBI (National Center for Biotechnology Information) a questo link. Vi si trova l'intero documento della ricerca in PDF.

Dall'abstract (traduzione mia):

I disordini neurocomportamentali sono sempre più diffusi nei bambini, e tuttavia l'eziologia di tali disturbi non è ben nota. E' stata ipotizzata l'esistenza di un legame tra l'utilizzo del cellulare da parte dei genitori e l'iperattività nei bambini, ma ad ora gli effetti delle radiazioni a radiofrequenza sullo sviluppo neuronale rimangono sconosciuti. In questa ricerca abbiamo adottato il mouse model per dimostrare che le radiofrequenze in utero influenzano effettivamente il comportamento adulto. I ratti esposti in utero erano iperattivi e avevano una ridotta memoria come è stato dimostrato mediante prove di riconoscimento di oggetti, light/dark box e step-down.
(...)
Ulteriori esperimenti su primati umani e non-umani sono necessari per determinare il rischio di esposizione durante la gravidanza.

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