martedì 29 ottobre 2013

Il mito del mercato: ogni mondo è paese


Ovvero, ogni paese è un mondo, se è vero che ne esiste una rappresentazione. E quella più diffusa è che il mercato sia lo spazio di inclusione della libertà, lo spazio di esercizio del genio, il piano di confronto delle istanze innovatrici dell'economia della ricchezza, sullo sfondo di regole che sottostanno unicamente alla piena espressione di uno spirito prometeico di trasformazione della realtà.
Quello che di fatto nella storia è avvenuto è , invece, che  la formazione dello Stato-Nazione e della statalità è una necessità imprescindibile del mercato, dove il gioco fra le parti è sempre impari. E a rimetterci è sempre il pubblico, pagante.



L'opinione diffusa, ideologica, che nel mercato le forze economiche in campo assumano un confronto che veda ognuna brillare per le proprie capacità competitive è solo un falso.
E' un falso ritenere che un qualsiasi operatore economico impieghi le sue capacità dentro uno spazio di risultato che lo inquadri come decontestualizzato. E il contesto del mercato è costituito da tutte quelle cornici che la statalità, e il controllo dello Stato, operano e costruiscono affinchè qualcuna prevalga su un'altra. Nell'arena cui s'intende rappresentare il mercato ed in cui operano le imprese,  nulla veramente è lasciato al caso e nulla affidato alle dinamiche caotiche delle relazioni competitive fra gli attori.

L'unica reale lotta esistente nel mercato è quella della presa del potere statale per la contestualizzazione, appunto, della competizione. In parole povere, senza i privilegi legislativi distribuiti dal potere politico (in forma autonoma dal sistema economico e da questo derivata) e l'assistenzialismo statale avremmo già da tempo visto i gladiatori dell'economia perire uno dopo l'altro fino alla fine dello spettacolo. Ed invece, affinchè lo spettacolo continui, si reclutano sempre nuovi combattenti da far perire nel gioco del "vinca il migliore", quando invece non è sempre il migliore che vince, anzi il più delle volte non lo è quasi mai perchè le partite sono truccate, appunto.

Possiamo notare  tutto ciò nelle politiche, ad esempio, che elargiscono prebende sia in forma diretta che in forma indiretta alle imprese da parte degli Stati. Ad esempio, come intendereste ognuno di voi il fatto che a 29 anni un laureato possa essere assunto come apprendista in un'industria? Quale mansione di concetto pensiamo possa richiedere un tempo ampio di formazione pratica, considerando che oggi prima di laurearsi è necessario aver fatto lo praticantato ? Oppure, quale mansione operativa sull'attrezzaggio delle macchine di produzione richiede che, almeno fino a 24 anni, un giovane debba apprendere per un tempo considerevole (3 anni) ? Nessuna. Se un operaio non è in grado in 15 giorni di apprendere come effettuare una funzione di attrezzaggio e conduzione di una macchina o ha problemi di carattere cognitivo oppure ci sono problemi di carattere organizzativo. Chi ha lavorato in un'industria sa che è così. Ogni altra argomentazione è solo fuffa ideologica. Il fatto è che, invece, viene assistita l'industria che altrimenti nel mercato sarebbe già scomparsa.

Questo solo per fare un esempio minimo e immediatamente percepibile dai più. Poichè, chi ha manipolato materia e ha acquisito abilità manuali, come avviene nelle produzioni artigianali, sa che le abilità vengono acquisite con un tempo anche più ampio e dilatato di quello previsto per i periodi di apprendistato così come sono oggi estesi. E maestri di un "mestiere" lo si diventa a tarda età e con un bagaglio di esperienza grande. Ma un operaio non impara un mestiere, ma ad eseguire dei compiti funzionali!

Ma questi sono veramente esempi minimi... sulle politiche del lavoro. Anche la decontribuzione degli impieghi a tempo determinato trasformati a tempo indeterminato è concorrenza sleale, dato che chi ha necessità che un operaio o un impiegato resti in azienda lo trasformerebbe comunque, anche senza incentivo. Unicamente perchè la domanda produttiva e la sostenibilità conseguente dei costi lo consente. Nessun'altra legge dovrebbe intervenire. Invece, chi è nelle condizioni di non poter confermare una persona nella funzione a tempo indeterminato non lo farà, punto e basta. Chi invece lo è, viene anche premiato con l'assistenzialismo di Stato.

Ma, solo per raccontarvi un aneddoto di quanto avviene nelle relazioni intranazionali e internazionali fra Stato e mercato, vi racconto queste breve storia di green economy, quella che si pensava sarebbe diventata la nuova frontiera produttiva e che invece sempre più si sta rivelando solo un prodotto finanziario a spese dei contribuenti e dei cittadini. E la storia non è italiana, ma californiana.

Arnold Schwarzenegger, quando era governatore della California, apparve essere il repubblicano più green mai apparso sulla scena politica statunitense. Solo che, a forza di essere green, e di contestualizzare in forma incentivante la produzione di energia alternativa invece che contestualizzare la disincentivazione delle forme tradizionali di utilizzo dell'energia (un modello da tutti seguito!), ad un certo punto si trovò con le casse pubbliche sull'orlo del fallimento. Sempre nella scia della propaganda green, andò in Cina a chiedere l'elemosina, e ciò che ottenne fu una promessa di investimento da parte della BYD (che vide anche Warren Buffett parteciparvi con il 9,9% di quota a suggello della bontà dell'operazione).
Nell'aprile del 2010, Schwaz riuscì ad annunciare l'accordo col colosso della produzione di auto elettriche, moduli fotovoltaici, batterie e tutto il resto che intorno all'energia vi orbita. L'accordo prevedeva che a breve a nord di Los Angeles sarebbe stata costruita un'industria i cui impianti avrebbero prodotto quanto già la BYD produce in Cina. All'inizio sarebbero stati occupati 150 persone per la fase di start-up, per poi arrivare in ramp-up a 2.000 persone occupate, e il tutto attraverso massicci investimenti partecipativi dello Stato della California.

Wang Chuan-Fu, il presidente miliardario della BYD, nella conferenza stampa disse che era un affare difficile da rifiutare. E ci crediamo. Schwaz continuò a dire che lui era "il migliore politico statunitense che combinava lavoro impresa e tutela ambientale", e il sindaco di LA, Antonio Villaraigosa, che questo era solo l'inizio delle nuove magnifiche progressive del capitalismo di cui la California diveniva modello mondiale.
Oggi, a più di 3 anni da quell'accordo, il quartier generale della BYD è nel centro di LA, e a Lancaster (un sobborgo di LA) non è stato costruito nulla.
Come ci riporta il NYT, a lavorarci sono solo 40 persone, la maggior parte ingegneri cinesi, e con salari da fame: 1,50 dollari all'ora più una diaria di 50 dollari al giorno... solo perchè la California non ha i costi della Cina!

Per il trattamento di paga da meno che di un sottoproletario, la BYD ha ricevuto una multa di neanche 100.000 dollari! L'indignazione è stata generale: se un lavoratore lavora in California sono le leggi della California che devono rispettarsi, e quindi anche i salari e gli stipendi devono essere commisurati alla California, hanno lamentato magistrati e politici.
Il fatto è che la BYD non è affatto d'accordo con questa cosa, sostenendo che non c'è un disposto di legge che i lavoratori, regolarmente assunti in Cina, in California debbano vedersi corrispondere una retribuzione californiana. La BYD risponde alle leggi cinesi, che rispetta. Anche nella parte relativa alla regolamentazione dei nuovi contratti di lavoro emanata nel 2008. Quindi, la BYD essendo cinese, assume con le regole cinesi, e non vìola nessuna legge dello Stato della California ! E credo che, se volessero osare di più, potrebbero applicare la stessa normativa cinese ai dipendenti californiani, se liberalizzassero anche il mercato della contrattazione del lavoro! (a quando?)

La BYD ha firmato  un contratto con LA per la fornitura di 35 bus elettrici, un affare da 40 milioni di dollari. Attualmente questi bus sono costruiti in Cina, violando le regole del "Buy America", ovvero che almeno del 60% del valore del prodotto sia realizzato negli USA, una legge che è anche applicata in Canada. E la BYD, nelle parole di Stella Li vice presidente senior, ha detto che si metterà in regola, e che il sito produttivo di Lancaster presto, anche se in piccolo, comincerà a produrre... intanto i contribuenti californiani finanziano con le loro tasse l'80% del costo dell'autobus !
La cosa si complica se si evidenzia che c'è già un'azienda america, la Proterra, che su suolo USA produce bus elettrici che già operano in alcune città statunitensi, e che un'offerta deve aver già fatto per questa fornitura. Evidentemente non deve essere stata molto conveniente come quella della BYD!
E sembra che la BYD si stia affacciando con la stessa politica anche in Italia (a Milano) e in Olanda, almeno da quanto riportato qui.

I guai per la BYD sono cominciati quando hanno iniziato a testare le performance dei bus... e non deve essere andata molto bene se la municipalità di Long Beach a LA ha deciso di dirottare l'acquisto verso altre aziende americane. Così qui leggiamo.

Insomma, l'attuale governatore della California, Mr Brown, ha ricevuto da Schwarz più di qualche gatta da pelare. E le condizioni del debito pubblico della California sono pessime...
... A proposito, BYD sta per "Build Your Dream", costruisci il tuo sogno! Per adesso è l'incubo dei contribuenti californiani.




Arnold Schwarzenegger   Shenzhen BYD-based   Wang Chuan-Fu

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