venerdì 29 marzo 2013

Più nero del nero, breve storia del neonazismo russo


Affrontare il tema della galassia neonazista russa non è impresa agevole date le dimensioni del fenomeno. Secondo il Nucleo Antiterrorismo Russo gli appartententi a movimenti di estrema destra sono oltre 200.000, articolati in bande che possono contare anche solo 4 o 5 membri; tuttavia sul numero reale non vi è certezza ed appare largamente sottostimato dalla maggior parte delle associazioni che si occupano di monitorare il problema.
 Il neonazismo russo appare poco legato a grossi movimenti o partiti, tra i quali il maggiore è ancora il Partito Nazional Socialista Russo (Russkaja Nacional’naja Socialističeskaja Partija, RNSP). Il RNSP, nato nel 1998 dalla frantumazione dell’organizzazione Pamyat, è sempre stato una sorta di punto di riferimento per i vari gruppi minori ed ha introdotto nella destra radicale un’ideologia che si rifà esplicitamente al nazismo hitleriano ma con una riformulazione non priva di conseguenze. I nazional socialisti russi pongono infatti, in nome del più acceso nazionalismo, i popoli slavi sullo stesso piano degli ariani, identificando inoltre il nemico non più negli ebrei ma nei “negri”, ossia nei popoli caucasici.
Questo aspetto è al centro dell’evoluzione dell’agire dei neonazisti russi. I gruppi della destra radicale vedono infatti la presenza al loro interno di molti “reduci” dalla guerra in Cecenia che, nel corso della loro esperienza nel Caucaso, si sono identificati come i difensori della Russia dal pericolo musulmano. E il concetto di guerra è sempre più presente nel movimento neonazista russo, come dimostrato dalla marcata militarizzazione tale da trasformare i gruppi in vere e proprie bande paramilitari. In un delirio di odio il nemico “al fronte”, il guerrigliero ceceno musulmano, si fonde con il nemico “in patria”, l’immigrato accusato di rubare lavoro, creando una situazione assolutamente esplosiva dove chiunque non sia bianco e russo deve essere eliminato.
Questa weltanschau nazista è ben rappresentata da quello che è stato uno dei gruppi più temuti e pericolosi dell’intera Russia: gli schulz88. Fondati a Pietroburgo da Dmitri Bobrov, un militare il cui servizio di leva si è svolto nel Caucaso del nord, si sono resi colpevoli di numerosi omicidi di immigrati, al punto da diventare un vero e proprio problema d’ordine pubblico. Bobrov, intervistato dal Time dichiarò di rifarsi alle tecniche di guerriglia di Al Qaeda, ammirandone la mobilità e la struttura in “cellule”. Bobrov ha fatto di una banda di teppisti naziskin una vera e propria macchina da guerra arrivando a cambiarne anche l’abbigliamento e lo stile di vita per essere meno visibili.
Proprio a causa degli schulz88 le autorità russe sono state costrette a dover abbandonare una certa “compiacenza” per adottare una politica che fosse più repressiva. Il  punto di svolta fu l’omicidio, avvenuto nel 2004, di Nikolai Girenko, etnografo, antropologo ed attivista difensore dei diritti delle minoranze etniche. Grienko fu promotore di diversi processi contro gruppi neonazisti, ed in particolare contro quello di Bobrov, riuscendo a far condannare gli imputati non come teppisti ma come istigatori all’odio razziale: questo gli costò la vita. Gli schulz88 arrivarono a terrorizzare Pietroburgo con una campagna di attentati a locali e treni finché non furono arrestati, leader compreso, dai servizi di sicurezza russi (FSB).
Quello dei rapporti tra l’universo neonazista e le autorità russe è questione complessa e delicata. Putin utilizzò questi movimenti in occasione del lancio della campagna cecena, ma col tempo queste bande di teppisti, ultras e naziskin sono sfuggite di mano alle autorità diventando un vero e proprio pericolo sociale.  Per arginare l’afflusso di giovani nella nebulosa neonazista il governo russo favorì, nel 2007, la nascita del movimento giovanile nashi caratterizzato da un forte nazionalismo e dall’antifascismo. Tuttavia questo movimento non è riuscito nel suo scopo, che non fosse il sostegno a Putin, a causa della propria estrazione sociale che non riesce a fare presa su realtà di strada, quali sono invece le bande neonaziste.
L’estrema destra radicale russa, almeno la componente più “politica”, la si può trovare anche nelle manifestazioni anti-Putin, le cosiddette “marce russe”, a fianco di movimenti i più svariati quali gli ecologisti e addirittura i democratici filo-occidentali. In realtà si tratta di pressioni per negoziare il proprio ruolo in una società che sembra più andare verso una deriva nazionalista. Il 61% dei russi condivide infatti lo slogan “la russia ai russi” e buona parte di essi vedono nell’immigrazione un problema del quale, pur non approvando i metodi dei gruppi neonazisti, sono sempre più insofferenti. La società russa sembra intrisa di nazionalismo, tanto che la xenofobia è cavalcata anche dal partito comunista, che propone di inserire l’etnia nei passaporti, o dal blogger anticorruzione Aleksej Navalnyj, che riconosce la validità di alcune posizioni della destra radicale.
Sono i naziskin la nuova avanguardia del proletariato?

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