mercoledì 13 giugno 2012

BISOGNI ENERGETICI: energie rinnovabili e costanza delle forniture energetiche. Il problema dell'accumulo energetico a fronte dei fabbisogni

A Vienna pochi giorni fa si è celebrata la conferenza ASPO sui temi legati all'energia.
In particolare qui ne riportiamo gli approfondimenti relativi al focus sulle energie alternative (o rinnovabili), le quali presentano il problema della costanza delle forniture energetiche, dato che alcune  di queste fonti produttive sono soggette alla aleatorietà degli eventi climatici - ovvero alla presenza di sole o di vento  (per il fotovoltaico e l'eolico) -, e di conseguenza all'erogazione costante dell'energia elettrica alle utenze. 


Lo sforzo finanziario che l'Europa ha sostenuto per incentivare e diffondere l'utilizzo di queste fonti energetiche, molto spesso "drogando" impropriamente il settore, è stato funzionale in primo luogo all'abbassamento dei picchi dei costi di acquisto dell'energia elettrica nelle ore diurne ed infrasettimanali di maggiore domanda energetica. In secondo luogo, a ridurre la dipendenza energetica dai Paesi esportatori di fonti non rinnovabili (petrolio, gas naturale e carbone), Paesi che hanno in parte ridotto le loro esportazioni per la crescita dei consumi interni (vedi in particolare IRAN e i paesi del sudamerica), ed in parte perchè la domanda mondiale da parte dei paesi industriali emergenti (Cina e India) ha aumentato i costi di queste fonti energetiche e sollecitato le politiche estere a "soluzioni di approvvigionamento" che hanno determinato, a tut'oggi, la destabilizzazione di grandi aree geografiche mondiali. 
I Paesi europei più avanzati nell'impiego e nell'uso di fonti energetiche alternative sono la Germania e l'Italia, dove ancora esistono e vengono applicati favorevoli sistemi di incentivazione all'installazione di impianti di produzione di energia elettrica da fonti fotovoltaiche ed eoliche (e forse a breve saranno incentivate fonti energetiche alternative derivanti dalle biomasse o dal geotermico, per indicarne solo un paio). Altri Paesi, come ad esempio la Spagna, hanno spento i loro sistemi di incentivazione, mentre altri, come la Romania, li stanno introducendo. 
L'uscita dalla produzione di energia elettrica da fonti nucleari (seppur non ne siamo così certi), le politiche di riduzione della dipendenza energetica dai paesi esportatori di petrolio e carbone, i riavvicinamenti fra Russia e Cina per accordi commerciali relativi alla fornitura di gas naturale a quest'ultima e che fanno così perdere la posizione privilegiata dell'Europa rispetto all'approvvigionamento di questa fonte energetica, non lasciano vie d'uscita all'Europa rispetto al rafforzamento delle produzione di energia elettrica da fonti alternative a quelle fossili. E seppur il Mar Mediterraneo sembra essere pieno di petrolio e soprattutto di gas naturale, è chiaro che diventa molto difficile sostenere le perforazioni in questa pozza d'acqua per via degli effetti ambientali che dovessero venire a determinarsi per le (inevitabili) perdite di petrolio nel mare, e per gli effetti di subsidenza che metterebbero a serio rischio gli equilibri geologici di un'area attraversata da una placca piuttosto in movimento. 
Quindi, l'Europa accelererà le politiche energetiche che vedono un sempre maggior utilizzo di fonti di produzione di energia alternative a quelle fossili, che nel breve periodo saranno accompagnate da politiche di risparmio energetico (sia degli edifici che della tecnologia impiegata nelle attività industriali e nelle residenze civili), di efficienza  e razionalizzazione energetica (attraverso il consumo locale della produzione da queste fonti e l'impiego di tecnologia che  razionalizzi il consumo nelle ore e nei giorni di maggiore produzione energetica di queste fonti)
Il problema principale per l'Europa è però la costanza di fornitura di energia elettrica da queste fonti: è impensabile che le famiglie possano accendere i loro apparecchi domestici solo di giorno e se c'è sole, o quando c'è vento, o che le lavorazioni industriali siano soggette alle previsioni meteorologiche! 
Adesso questa costanza nelle forniture è assicurata dalle esistenti centrali nucleari (dove presenti) e termoelettriche a olio carbone e gas naturale. Queste fonti di produzione di energia elettrica sono oltretutto costantemente accese in primo luogo perchè spegnerle e riaccenderle è più costoso e meno efficiente, sia per sopperire appunto a questa aleatorietà di cui si scriveva sopra, e sia per sostenere (e stabilizzare) i sovraccarichi di rete che nelle giornate particolarmente favorevoli le fonti alternative vengono a determinare, aumentando di fatto il costo e lo spreco energetico che per adesso è solo in parte minima ripagato dai risparmi indotti dall'introduzione massiccia di fonti alternative. Ma è ormai indubbio che l'agenda energetica europea per il 2050 (e che poi è quella tedesca) veda la dismissione del nucleare (o la sua drastica riduzione) e la forte riduzione delle importazioni di gas e petrolio.

Il problema della razionalizzazione della distribuzione di energia elettrica è già da adesso risolvibile, in parte attraverso l'incentivazione dell'autoconsumo nell'area più prossima di produzione di energia elettrica da  fonti alternative, e in parte attraverso le reti intelligenti di distribuzione fra le aree di offerta e domanda di energia elettrica. Ma quest'ultimo aspetto richiede forti investimenti sulle reti esistenti (che adesso stanno sostenendo i privati che installano grosse centrali di produzione di energia alternativa cambiando a proprie spese le cabine elettriche esistenti nel territorio per conto di Terna ed Enel), le cui reti sono tutte inadeguate perchè pensate per pochi nodi macroproduttivi, e non per i diffusi nodi di produzione che invece le fonti alternative vanno a incrementare. In secondo luogo perchè l'Africa del Nord diventerà, probabilmente, la maggior produttrice di energia fotovoltaica e solare da fonti di produzione concentrata (investimenti Siemens e soci), e quindi le attuali reti saranno o potranno ancora essere spendibili. Infine perchè la Germania e l'Austria stanno fortemente investendo nelle tecnologie di accumulo energetico in forma concentrata. 
Infatti, l'Audi e la SolarFuel stanno investendo parecchi denari per la trasformazione dell'eccesso di energia fotovoltaica ed eolica (cui spesso la Germania soffre) attraverso la produzione elettrolitica di idrogeno (ed ossigeno) dall'acqua, e la successiva reazione dell'idrogeno con l'anidride carbonica (ci sono già le tecnologie che la catturano dall'aria e la stoccano) per la produzione di metano, gas di più semplice e non pericoloso stoccaggio rispetto all'idrogeno (vedi immagine nel post). Si progetta che lo stoccaggio del metano così prodotto possa avvenire in parte nelle reti di distribusione già esistenti, nei rigassificatori e negli ex giacimenti petroliferi esauriti e ancora vuoti (in Basilicata, per esempio, il progetto della GeoGasStock ne è un esempio, dato che in questa regione a valle di Ferrandina dove vi sono degli ex-giacimenti petroliferi dell'Eni vuoti si prevede lo stoccaggio di milioni di gas russo e che in futuro potrebbero essere utilizzati a questo scopo).
Seppur questo processo di trasformazione dell'energia elettrica da fonti alternative prima in idrogeno e poi in metano comporta inefficienze notevoli, dato che solo il 60% di questa energia alternativa primaria sarebbe trasformata in metano ed energia equivalente, è chiaro che questi sistemi di trasformazione e di accumulo renderebbero le fonti alternative non più solo accessorie così come è unicamente possibile pensarle adesso nel complesso del sistema energetico europeo. Questo metano così prodotto potrebbe essere utilizzato nelle centrali elettriche funzionanti a gas (non per la distribuzione agli utenti, dato che da qui ai prossimi anni le famiglie e le industrie saranno "costrette" ad utilizzare unicamente un'unica fonte energetica, ovvero quella elettrica).
La produzione di metano oltre che assicurare una produzione di gas CCS da utilizzare nelle centrali di produzione di energia elettrica adesso funzionanti con gas naturale, potrà altresì essere utilizzato per la mobilità dei veicoli privati. Gli autoveicoli potranno nel breve periodo essere alimentate da questo metano, e quando la tecnologia dell'accumulo con le batterie sarà perfezionata e migliorata alimenteremo gli autoveicoli elettrici ad autonomia estesa (già esistenti nel mercato ed in vendita), che funzionano esclusivamente con  batterie (quindi sono autoveicoli non ibridi ma esclusivamente a trazione elettrica), e le cui batterie sono ricaricate da motori a scoppio che funzionano da veri e propri generatori di energia elettrica (e non per la trazione), consentendo in questo modo percorribilità molto maggiori rispetto a quelle che le attuali auto elettriche consentono (500 km contro gli 80 attuali).
Questa produzione di metano potrà essere meno utilizzabile per il trasporto pesante (e ancor più per i mezzi agricoli e di movimentazione edile). Nell'agenda 2050, però, ci sono in programma anche notevoli cambiamenti nelle politiche logistiche: se adesso circa il 35-40% dei costi logistici è imputabile al carburante, il risparmio che si otterrebbe con l'utilizzo di questo metano per la movimentazione delle stesse quantità di merci sarebbe completamente annullato dal fatto che l'uso di questo carburante obbligherebbe il trasporto delle merci su mezzi più piccoli,  con la conseguenza di avere così maggiori costi del lavoro per l'impiego di più autisti. E' in quest'ottica che deve inquadrarsi l'insistenza delle politiche europee della logistica per lo sviluppo su rotaia del trasporto delle merci (leggi TAV), naturalmente se si vorranno continuare a conservare le attuali politiche industriali e produttive concentrate e  quindi le conseguenti politiche logistiche. Ma questo è un altro argomento, e che ha a che fare con la democratizzazione dello sviluppo produttivo delle aree geografiche, attualmente troppo concentrate e già adesso logisticamente costose e inefficienti, oltre che insostenibili sul piano ambientale.
Se questa sfida tecnologica sarà vinta, l'Europa godrà di un vantaggio rispetto alle altre macroregioni economiche globali. E sulla riuscita di questo progresso tecnologico certamente si giocheranno gli scenari geopolitici futuri e gli equilibri internazionali che vedono adesso l'Europa oggetto di "sollecitazione" da parte degli altri attori impropriamente definiti "mercati".
Purtuttavia, la sostenibilità energetica del continente europeo passa soprattutto attraverso la riscrittura delle produzioni, delle attività produttive. E' questo il vero e decisivo nodo che si accompagna alla politica energetica europea per come si va delineando. Se adesso gli scenari industriali che si confrontano nelle agende politiche sono da una parte una produzione locale delle merci e l'autosufficienza produttiva, anche energetica, delle aree geograficamente omogenee, dall'altra parte sembra ancora non tramontato uno scenario che vede la divisione geografica delle produzioni così come la stiamo conoscendo e soffrendo. Forse saranno i costi logistici a decidere quale scenario vincerà. O forse di quanta energia potremo disporre veramente. E soprattutto di quanta e quale materia prima.
Credo che saranno questi 3 aspetti insieme a ridefinire che beni produrremo e come li produrremo. Una cosa però mi appare di più certa previsione, ovvero che le materie prime che andremo a utilizzare nelle nostre produzioni dovranno sempre più considerare la possibilità di essere riutilizzate come materie secondarie (riciclo) o provenire da fonti rinnovabili (esempio, il legno nelle costruzioni edili). Questo vorrà dire che, per esempio, le nostre abitazioni non saranno più eterne (terremoti permettendo), o che le nostre automobili , per esempio, saranno costruite con materiali completamente riciclabili. In poche parole, dovremo produrre meno rifiuti per rendere più efficiente sia il nostro sistema produttivo e sia l'impiego di energia che diverrà sempre più scarsa.
Riciclare riutilizzare rimaterializzare e recuperare saranno le prossime parole d'ordine dei nostri sistemi produttivi in Europa. C'è chi su questi aspetti è di molto avanti. Un indicatore su tutti: nel 2010 la Germania che era in piena occupazione e produzione industriale ha prodotto quasi il 2% di rifiuti in meno. L'Italia, che in quell'anno soffriva di una recessione di quasi il 5% stava producendo rifiuti per il 2% in più. Forse che il lavoro in Italia è dato solo dalla produzione di imballi?











1 commento:

Mario Intini ha detto...

Andrea Capriccioli delle ENEA mi mette a parte che anche loro stanno lavorando ad un progetto simile, denominato ProGeo. Con l'energia eolica in più producono idrogeno attraverso elettrolisi dell'acqua. Successivamente l'idrogeno viene "legato" al carbonio della CO2 per creare CH4 (metano c.d. verde). Questo metano viene stoccato o utilizzato nelle ore di picco per la produzione di energia elettrica. L'accumulo di energia è la sfida principale per le fonti alternative a quelle fossili. Rimane il problema, nel post non affrontato, dell'acqua.