venerdì 7 settembre 2012

LAVORO E PRODUZIONE: PER UN CAMBIO DI PARADIGMA

Maurizio Pallante ho avuto il piacere di conoscerlo di persona, interloquire con lui e con gli amici di Padova del Movimento della Decrescita Felice, di cui tal'altro sta per nascere un circolo cittadino che ci vedrà attivi. Qui segue un suo intervento in TV su cosa intende per Decrescita Felice, e quali soluzioni indicative e sintetiche potrebbero cominciare a prendersi per riavviare lavoro e produzioni. Subito dopo si potrà visionare un altro intervento di Maurizio così che sia ancor più chiaro che non è un apologeta della cosiddetta green economy, ma persona scevra da ideologismi e che si sforza, come tutti noi, nel pensare e trovare ed implementare le possibili soluzioni per questa crisi che, come già scritto qui da Renato Dall'Agata, è di sistema.
Ambedue i video insistono sulle questioni che anche qui in N.O.I. abbiamo insistito nell'affrontare, ovvero tutte quelle relative alla efficienza allocativa delle risorse (finanziarie, energetiche ed umane).









Piuttosto indicative sono le poche ma interessanti parole spese da Maurizio nel primo video riguardo il lavoro, ovvero all'attenzione che deve ricominciare a porsi per la piccola e media impresa industriale ed artigiana, e la caratterizzazione delle produzioni non  sugli aspetti quantitativi ma qualitativi. E questi ultimi appunti sulla questione del lavoro che Maurizio pronuncia sono discriminati rispetto a quanto, invece, l'attuale ministro Fornero andava dichiarando pochi giorni fa: più sei anziano, e quindi meno produttivo (e quindi competitivo) e meno retribuzione è giusto ti venga corrisposta. Le parole del ministro, che sui blog hanno dato adito anche a stucchevoli commenti, sono invece parecchio da prendere sul serio e sono indicative del paradigma di riferimento non solo di questo ministro, ma di tutta la compagine governativa e, a questo punto, della rappresentanza politica che lo sostiene.

Se il ministro Fornero sostiene che un lavoratore dopo i 50 anni non è più corrispondente alle dinamiche produttive della attuale economia produttiva, e che quindi la sua "forza lavoro" deve essere meno retribuita, sta di fatto dichiarando di essere integrale all'attuale paradigma produttivo che produce merci invece che beni, che produce quantità e non qualità. Se così non fosse, gioco forza dovrebbe riconoscere che i maggiori depositi di conoscenza e competenza che un lavoratore adulto necessariamente possiede, sia per capacità professionali che umane, invece trovano giustificazione nella maggiore retribuzione che gli viene riconosciuta sia dagli scatti di anzianità che dagli avanzamenti di carriera. 
Ma cosa sta altresì dichiarando il ministro? Sta dichiarando che il nostro sistema produttivo è non competitivo, poichè produce oggetti che chiunque, indipendentemente dalle sue cognizioni e competenze col tempo acquisite, potrebbe produrre. Anche a minor costo. 
Questa l'ipotesi, diciamo, in buona fede. Ovvero che il ministro Fornero sia preoccupata di sostenere tutte quelle imprese manifatturiere e quelle attività produttive ormai decotte sia tecnologicamente che dal punto di vista della efficienza produttiva. Queste attività produttive spereremmo invece che non fossero quelle che impaginano prevalentemente i giornali mainstream e sulle quali s'investe tempo risorse e uomini. Vedi Sulcis o ALCOA, aziende che dovrebbero essere state chiuse già molto tempo addietro, che sono costati parecchi denari di tutti (pagati attraverso le nostre bollette energetiche), e che continueranno a costarci denari in un'allocazione inefficiente ed inefficace delle risorse di tutti. Se quegli stessi soldi fin qui spesi per questi lavoratori fossero stati dati direttamente nelle mani di questi, adesso ognuno di essi avrebbe una casa di proprietà e si sarebbe finanziata una riconversione professionale. Solo per indicare una ipotesi non "invasiva" e da libero mercato. Leggasi questo articolo cliccando qui.

Un'altra ipotesi, però, potrebbe essere che il ministro Fornero sia soltanto preoccupata delle questioni più prettamente ragioneristiche relative alla sostenibilità finanziaria dell'INPS, poichè la diminuzione della retribuzione negli anni di anzianità da lavoro non produrrebbe altro che un minor gettito contributivo sui montanti delle future pensioni di questi lavoratori. Cioè, da giovani si è pagati poco perchè apprendisti e per lungo tempo precari... e poi quando ti toccherà essere retribuito di più ti spetterà meno retribuzione di quella che prendevi da giovane. Quindi, meno pensione quando smetterai di lavorare. O, ancor peggio, da anziano dovrai gioco forza dover accettare forme contrattuali e occasioni di lavoro improduttive, con quello che questo comporta (ulteriore precarizzazione, salari sottoproletari, ecc).
Insomma... le idee altro che confuse: sono chiarissime. E sono rivolte verso tutti. Minacciosamente.

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