martedì 12 giugno 2012

SE IL LAVORO E' UN SEGRETO DI STATO

Tutta la giornata di ieri è stato un balletto di cifre sui lavoratori che, oggetto di ristrutturazione aziendale o di chiusura delle stesse, hanno firmato accordi aziendali per l'uscita dal mercato del lavoro e il posizionamento in pensione in determinati tempi. Tempi che l'ultima riforma delle pensioni ha fatto saltare, ad ulteriore riprova che le operazioni ragioneristiche lasciano il tempo che trovano. Soprattutto quello altrui e dei più deboli.
Dopo 9 mesi dall'esplosione in tutta evidenza del problema di coloro che, legittimamente e secondo le regole allora in vigore, hanno firmato un accordo di uscita anticipata dal mercato del lavoro per il collocamento a riposo e che si sono visti strappare proprio da colui (lo Stato) che dovrebbe garantire lo stato di diritto e la sua certezza, dopo tutto questo tempo la soluzione è stata trovata per 65.000 ex lavoratori. Nella stessa giornata di ieri, però, i vertici INPS hanno diffuso numeri molto diversi: sono quasi 400.000 gli ex lavoratori interessati dalla questione. 

Il ministro Fornero ha disapprovato fortemente questo stile che metaforicamente potrebbe definirsi "il rompere le uova nel paniere", tanto da costringerla a chiamare in sede ministeriale i dirigenti INPS (che ricordiamolo fino a poco tempo prima non erano in grado di fornire il numero esatto di persone interessate dal fenomeno, e che ripetutamente interrogati sulla questione rispondevano che i numeri erano conosciuti dal Ministero del Lavoro).
Il ministro «ha manifestato ai vertici Inps la propria disapprovazione e deplorato la parziale non ufficiale diffusione di informazioni che ha provocato disagio sociale". Il ministro ribadisce «la correttezza di quanto contenuto nel decreto già firmato dal ministro del Lavoro e dal ministro dell'Economia sui salvaguardati che, sulla base delle risorse finanziarie già stanziate, definisce il loro numero in 65 mila persone. Il governo, come scritto nel comunicato stampa congiunto Lavoro-Economia del 5 giugno è peraltro consapevole che il provvedimento non esaurisce la platea di persone interessate alla salvaguardia come, in particolare, i lavoratori per i quali sono stati conclusi accordi collettivi di uscita dal mondo del lavoro e che avrebbero avuto accesso al pensionamento in base ai previgenti requisiti - non prima del 2014 - a seguito di periodi di fruizione di ammortizzatori sociali. Il governo conferma l'impegno per questi altri lavoratori a trovare soluzioni eque e finanziariamente sostenibili».

E' ormai evidente che questo governo non solo ha perso il consenso dei poteri forti, come li ha definiti Monti, ma anche dei "nominati" negli apparati dello Stato. E che ancora la Fornero insiste nell'esercitare il proprio mandato più che sul governo dei fatti sul controllo della parola, dimostrando tutta la sua inadeguatezza al ruolo squisitamente politico cui è stata chiamata come di tutto il governo attualmente in carica. Perchè di questo si tratta.
Questa inadeguatezza fu tutta determinata dalla specificità con la quale si presentarono al popolo italiano, ovvero in qualità di tecnici (e non si riesce a capire di che) prestati al governo dell'Italia per fare "cose sporche" che i politici non ebbero il coraggio di fare.
Ora, visto che le parole sono così importanti per il ministro Fornero come per i suoi viceministri e colleghi di governo, diventa proprio il caso di sottolineare che prestarsi al compiere "cose sporche o il lavoro sporco che i politici non avevano il coraggio di compiere" potrebbe anche dirla lunga sulle qualità etiche di questa classe dirigente tutta, che battaglia uno contro l'altro.  E' come se a me venissero a chiedere di compiere un furto per conto di un altro che non ha il coraggio di compierlo ma che però è in stato di necessità. Ed io mi presto a compierlo. E che lo compio in qualità di tecnico del furto... non in qualità di uomo che sceglie di fare una cosa al posto di un'altra.
Non siamo difronte a difetti di comunicazione (che poi cosa sarebbero i difetti di comunicazione?), ma difronte all'inconsistenza politica e decisionale di questa classe dirigente che non ha un progetto per il Paese e una politica allocativa seria delle pur scarse risorse. Poichè è propriamente di questo che l'Italia ha urgente bisogno: di politica, di scelte, di responsabilità. E non di nascondimenti. 
Assumere la responsabilità di rimandare la soluzione ad un problema, invece, s'inserisce paro paro nel solco politicista cui finora siamo stati abituati a soffrire. E questo avviene senza che ciò significhi la nostra assoluzione ma semmai con la nostra complicità di popolo senza più orgoglio di esserlo se non nella retorica da strapaese recitata nelle giornate di celebrazione o del Po o di qualche altra appendice geografica. 

Quindi, o il governo Monti si libera velocemente dall'impasse in cui si è cacciato e dalla nevrosi colpevolista dell'Altro, e compie scelte decisive di riallocazione delle risorse cominciando a fare un'altra politica ed assumendosi velocemente il rischio (!!!) di quello che fa e decide nel dettare l'agenda politica, oppure è meglio chiudere questa avventura e rimettere il mandato e portare questo Paese a votare e decidere del proprio destino. 
E' impensabile che lo Stato non promuova e tuteli il lavoro mentre nel frattempo pubblicizza i suoi gratta e vinci come possibilità di "rendita" (vedi pubblicità in TV). 
E' impensabile che lo Stato di un Paese sovrano (almeno ancora in parte) ed insieme con essa l'Europa siano quotidianamente sottoposti a scadenze dettate da organismi internazionali, come quelli del direttore del FMI. E' impensabile che personalità politiche che adesso esprimono la maggioranza relativa del Paese, almeno sulla carta, trascorrano il loro tempo a recitare la parte un po' di coloro che frenano la deriva reazionaria del Paese e in parte di coloro che responsabilmente la sostengono, a seconda dei consessi e delle circostanze (mi riferisco all'on. Bersani). 
E' impensabile che tal'altri continuino a speculare sui possibili scenari degli equilibri politici dell'Italia, in un'orgia orgasmica e cerebrale di quello che sarà mentre si attende che la nottata passi (mi riferisco all'on. D'Alema). 
E' impensabile che altri ancora campicchiano sulle improbabili rassicurazioni ricevute nei salotti che contano, perchè lì di fisso ci sono solo i posti a sedere e non di coloro che li occupano (mi riferisco all'on. Letta Enrico, che certamente starà risvegliando dalla tomba il suo tutore politico Andreatta). 
E' impensabile che un partito che fino all'altro ieri ha raccolto più di un terzo dei voti, difronte a queste sollecitazioni balbetti circa la situazione in cui versa il Paese (mi riferisco all'on. Alfano).

Questo governo vada difronte al Parlamento, assemblea che è quella che è, e per come può ancora riuscire a rappresentare la volontà popolare (e di questa sciagura adesso ne stanno e stiamo pagando le conseguenze!), e dica chiaramente cosa vuol fare nei prossimi 9 mesi che mancano alla scadenza della legislatura, non riferendosi più ai partiti che finora l'hanno sostenuto ma a tutti i parlamentari presenti senza differenze di colore, e chieda un mandato politico pieno ed incisivo su una precisa agenda esecutiva, e se necessario anche con cambiamenti nelle personalità che il governo esprime. Oppure ci tolga dall'imbarazzo cui ci sta lasciando versare anch'egli come Paese, ridando la parola ai cittadini e agli elettori, anche con questa legge elettorale: la misura è ormai colma, e i cittadini italiani han ben capito che se questi uomini di esperienza e di collaudata gestione della politica e del potere ci han portato fin qui, il salto mortale triplo se lo possono permettere anche con degli perfetti sconosciuti. Chissà che il caos non sparigli le carte di coloro che in questo scenario internazionale fatto di finanza creativa debito e concentrazione produttiva ed economica non la smettano di tirare troppa la corda ad un Paese che ancora di più riveste un ruolo geopolitico decisivo. Mal vada, siamo sempre stati un popolo di lavoratori. Tutti, da Nord a Sud, che se ne dica non ostante le chiacchiere di questi infausti anni di babilonia. 







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