lunedì 26 maggio 2014

Il destino di un popolo

Acquaforte inglese del 17 ° secolo , Artista sconosciuto
Ci basterebbe riscrivere parte di quanto scritto appena un mese fa su questi pixel:

Ci siamo tenuti fuori dall'impulso e dalla compulsione di commentare ogni scoreggia di coloro che sempre più appaiono come i curatori fallimentari di un Paese che stenta a prendere piena consapevolezza che è giunta l'ora di cambiare marcia passo e direzione. Un Paese che si rinchiude nei propri egoismi mentre invece solo la comunanza e la solidarietà potrebbe dargli riscatto. Un Paese che chiacchiera di ideologie e di vie d'uscita ideologiche quando invece ciò che servirebbe è unicamente avere un progetto e un patto nuovo. Un Paese pigro e indolente, infiacchito nello spirito e corrotto nell'animo, partecipa alla giostra delle ri-soluzioni temporanee e irrisolute degli strutturalismia la pàge che volta per volta edulcorano l'eutanasia alla quale sembra dedicarsi. Un Paese che vede le sue forze migliori e più giovani (ed ormai anche meno giovani) abbruttiti da uno scenario futuro sempre più opaco, tenuti nascosti e protetti da famiglie che sperano, e altro non fanno, che a loro non tocchi mai la sorte che finora è stata sopportata dalla gran parte delle genti del globo e che adesso si riverbera anche fra i privilegiati d'Occidente. Un Paese che lascia che alcuni polli di allevamento delle fattorie politiche italiche che mai hanno conosciuto nelle loro sopportazioni quotidiane il peso e la dignità  della responsabilità all'autodeterminazione personale della propria libera identità, conducano, come pseudo-intellettuali del piffero, esso verso il burrone dissimulato da ... Paese dei Balocchi.
E' il destino di un popolo quello scritto nelle elezioni italiane per il rinnovo del Parlamento europeo.



Un popolo incapace di riprendere nelle proprie mani il suo destino e la sua destinazione, un popolo che rovina precipitosamente verso l'affidamento taumaturgico della propria sorte a... Lui in Persona.

I risultati elettorali di queste elezioni europee per il rinnovo del Parlamento una novità però la sottolineano, ed è quella che a vincere continua ad essere l'astensionismo. Chi lo interpreta come sommovimento ribellistico dei popoli europei commette un errore di ingenuità, e tradisce in verità la posizione pur'anche marginale ma beneficiaria rispetto alla centralità dell'impero e alla caduta verso cui declina. Non possiamo che dirci in accordo con coloro che sostengono che il problema è culturale prima ancora che politico.
E ciò che ne esce sconfitta in Europa è la sua cultura e la sua civiltà, i cui più manifesti segni si esprimono negli effetti retroattivi che si riverberano nella crisi dei suoi valori, oggi divenuti totalizzanti e globali.

Forse politiche esclusive, nell'impasse generale della tradizione laica ed inclusiva della tradizione politica europea, segnano il ritorno violento delle trincee ideologiche. Ciò che veramente sta accadendo è che finalmente è possibile la saldatura finale di un blocco sociale che finora ha unicamente dissimulato il conflitto sociale realmente esistente e sotterraneo. Ciò che realmente accadrà sarà un ulteriore impoverimento della proposta politica e della tessitura laica e popolare della progettualità. Lo scontro di civiltà che appare in lontananza fra i popoli del Sud del mondo e quello del Nord e che tanta fortuna elettorale in queste elezioni ha comportato per alcune forze politiche, di fatto è l'indicatore della frattura che all'interno degli stessi popoli europei va consumandosi. E' la maestria del potere, del vero potere, ciò che ha vinto: l'ideologizzazione estrema e pervasiva della proposta politica a fronte della fine delle ideologie, e di controcanto la sconfitta è nella povertà ideale dilagante e nell'impotenza dell'abitare le relazioni del territorio.

E' il grido finale del "si salvi chi può" nella città che brucia sotto i bombardamenti intrasistemici. La cultura dell'esclusione prima ancora che sperimentata sull'Altro e dall'Altro, qualsiasi Altro, sarà sperimentata sul Prossimo ad ognuno più vicino. E' la fine della Legge e della Fiducia, la resa finale al Re del Mondo che nulla può rispetto alla sua cagionevole salute e moribonda sorte se non rantolare il proprio dolore e la propria sofferenza, ignorandone appunto il destino ineluttabile del declino... comune. Chi si pensava essere un Mosè contemporaneo, il neotraghettatore di un  popolo liberato dalla schiavitù politicante e che lo guidava nell'attraversamento delle acque del Mar Rosso della politica italiana, deve sperimentare il tempo dell'esilio e dell'esodo, e nel deserto e nella fatica della realizzazione, ascoltare e lavorare alla stesura delle nuove tavole della legge.

Ed allora ciò che può adesso farsi è quello di continuare a sostenere quel fragile germoglio che intanto riprende le fila del recupero culturale e radicale delle istanze sane dei territori e del recupero delle identità che sono ciò che realmente declina nella crisi, mentre il Medioevo contemporaneo europeo si salda potentemente a... Ravenna!


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