martedì 25 giugno 2013

Cos'hanno in comune Bosnia, Bulgaria e Brasile?



Ne abbiamo cominciato a tracciare un abbozzo argomentativo nel post Lo Spirito del Paese dei Balocchi e il Marchingegno del Miracolo.
In quel post scrivevamo per indicare la fame di identità che sta attraversando ogni angolo della Terra:
E' la vittoria "critica" della modernità, della permanenza ossessiva della crisi, dell'egemonia del marchingegno della civiltà industriale avanzata, dove in apparenza (in appariscenza) i singoli individui possono sviluppare la propria rappresentabilità identitaria, mentre ciò che accade di fatto è il loro occultamento. Migliaia di pinocchi dispersi nel cosmopolitismo dell'esilio, vanificati in lussuose e lussureggianti rappresentazioni di sè, affidati completamente alla cura altrui di sè e parimenti avvertitesi come uno indipendente dall'altro.
L'estraniazione della possibilità realizzatrice dalle mani degli uomini configura identità estranee dalle conseguenze delle proprie azioni, corpi irresponsabili che necessitano permanentemente di tecniche per rifuggire dalla gravità delle proprie indeterminazioni, siano essi i consumi smodati di alcool e droga siano anche i moralismi e i libertinaggi che coesistono come lavacri delle nostre false coscienze. Non sono più gli esiti delle nostre azioni il piano di ricomposizione delle identità, ma la distribuzione eterodossa dei meriti verso coloro che sono i viziosi più zelanti, nel lavoro come nella vita extralavorativa.
L'articolazione viziosa del riconoscimento delle appariscenze soggettive è la questione di tutte le modernità e della globalizzazione della "emergenza" del soggetto. Chiunque esso sia, lavoratore o cittadino.

Il post che segue, la cui fonte (presente nel nostro blogroll) troverete a fine lettura, ci sembra una scrittura adeguata della ricerca del filo sottile che unisce i fenomeni popolari di rivolta che stanno trasversalmente interessando diverse aree del globo.
Buona lettura.




Ancora una volta, sta dilagando: dalla Turchia alla Bosnia, alla Bulgaria al Brasile, la lotta senza fine per la democrazia reale risuona in tutto il mondo.

Cosa hanno in comune un parco a Istanbul, un bambino a Sarajevo, un capo della sicurezza a Sofia, una stazione televisiva ad Atene e dei biglietti dell'autobus a San Paolo? La sequenza casuale può sembrare, in un primo momento, un tema comune che attraversa e li collega tutti. Ognuno rivela, a suo modo particolare, l'aggravarsi della crisi della democrazia rappresentativa, nel cuore del moderno stato-nazione. E ciascuna ha, di conseguenza, dato luogo a proteste popolari che hanno a loro volta scatenato manifestazioni a livello nazionale, occupazioni e scontri tra la popolazione e lo Stato.



In Turchia, i manifestanti sono scesi per le strade scontrandosi con la polizia antisommossa per più di due settimane, in risposta ai tentativi del governo di abbattere degli alberi e riesumare una vecchia caserma di epoca ottomana nella posizione amata del Parco Gezi di Istanbul. Ma, come ho indicato in una lunga analisi delle proteste, la violenta repressione della polizia su # OccupyGezi è solo la scintilla che accende il prato, che permette ad una vasta gamma di lamentele di esplodere, in ultima analisi, nella crisi della rappresentanza al cuore del regime neoliberale autoritario di Erdogan.

Ora, proteste con simili rimostranze locali, apparentemente "banali", hanno fatto scoppiare proteste di masse da altre parti. In Brasile, le proteste su piccola scala contro un aumento dei costi di trasporto a San Paolo hanno rivelato l'estrema brutalità delle forze di polizia, che hanno aggredito violentemente i manifestanti - spruzzando spry urticante ad un cameraman, sparando in occhio ad un fotografo con un proiettile di gomma, e arrestando coloro che usavano l'aceto per proteggersi dal gas lacrimogeni. Dopo quattro notti di repressione violenta in questa settimana, le proteste sembrerebbero acquistare slancio.

Stufi della crescente inflazione, delle infrastrutture fatiscenti e dei persistenti alti tassi di disuguaglianza e crimine, molti brasiliani si sono semplicemente indignati che il governo sia disposto a investire miliardi in progetti faraonici che non solo ignorano la difficile situazione del popolo, ma che la minano attivamente.La militarizzazione e la distruzione delle favelas e dei villaggi indigeni in vista della Coppa del Mondo 2014 e delle Olimpiadi del 2016 sono un esempio calzante. Come al solito, il Partito dei Lavoratori sembra più preoccupato di compiacere al capitale piuttosto che aiutare i lavoratori.

Nel frattempo, a Sarajevo, l'incapacità di una famiglia di ottenere l'identificativo di viaggio per il loro bambino malato - che ha bisogno di cure mediche urgenti che non può ricevere in Bosnia-Erzegovina - ha esposto i difetti fondamentali al cuore dello stato post-jugoslavo nominalmente democratico. Il 5 giugno, mentre il governo era impegnato a negoziare con i banchieri stranieri per attrarre nuovi investimenti, migliaia di persone hanno occupato la piazza del parlamento, bloccando temporaneamente i politici della nazione dentro e costringendo il premier a fuggire attraverso una finestra.

Mentre le competizioni tra le fazioni etniche si contendono il potere politico, il popolo bosniaco continua a soffrire. Giocando la carta della religione e della razza, i politici bosniaci sperano di tenere il popolo diviso, pur mantenendo il bottino finanziario di investimenti esteri e i prestiti allo sviluppo della Banca mondiale. Ma in un segno che le divisioni etniche sono costruzioni più politiche che sociali, i manifestanti di OccupySarajevo hanno ora un semplice messaggio per i loro uomini politici: "siete tutti schifosi, non importa a quale gruppo etnico appartenete."

Venerdì scorso, la Bulgaria ha aderito all'onda di lotte che ha avuto inizio in Tunisia e in Egitto nel 2011 e che è stata recentemente rilanciata attraverso la rivolta turca. Dopo la nomina del magnate dei media (e della mafia) Delyan Peevski come capo della Agenzia di Stato per la sicurezza nazionale, decine dimigliaia sono scesi per le strade di Sofia e in altre città in tutto il paese per protestare contro la sua nomina, che è stata approvata dal parlamento senza alcun dibattito e con soli 15 minuti tra la sua nomina e la sua (pre-garantita) elezione.

Cantando "mafia" e invitando Peevski a dimettersi, i bulgari stanno avvertendo i loro politici che un limite è stato raggiunto. Da quando il passaggio dal comunismo al capitalismo di stato democratico ha dato il potere a una piccola minoranza di oligarchi di arricchirsi nutrendosi dei possedimenti pubblici dello Stato, la Bulgaria è stata efficacemente governata da una mafia cleptocrata. Come in ogni stato capitalista, le élite politiche e di business sono diventate un'unico, minando la promessa di democrazia, i Bulgari sono stati portati presso lacosiddetta fine della storia.

La Grecia, infine, sembra essersi svegliata dal sonno indotto dall'austerità. A seguito della decisione del servo neoliberista della Troika, Antonis Samaras, di chiudere l'emittente pubblica ERT dello stato durante la notte e di licenziare i suoi 2.700 lavoratori senza alcun preavviso di sorta, i lavoratori di ERT hanno semplicemente occupato la TV e le stazioni radio e hanno continuato a emettere i loro programmi attraverso il livestreaming, rendendo ERT la prima emittente pubblica a conduzione operaia in Europa. I lavoratori ERT da allora sono stati raggiunti da decine di migliaia di manifestanti e lavoratori, che il giovedì hanno tenuto uno sciopero generale nazionale per protestare contro la chiusura.

A prima vista, può sembrare che queste proteste siano tutte semplici risposte a rimostranze locali, e come tale deve essere letto. Ma mentre ogni contesto ha le  proprie specificità che devono essere prese in considerazione, sarebbe ingenuo ignorare i temi comuni che le uniscono. Come il mio amico, collega e compagno di ROAR Leonidas Oikonomakis ha appena sottolineato in un nuovo articolo di opinione, la rivolta turca può essere iniziata per un paio di alberi, ma non dobbiamo nasconderci il bosco: la dimensione strutturale evidente a giocare in questa nuova ondata di lotte.

Se diamo uno sguardo più da vicino a ciascuna delle proteste, troviamo che esse non sono così locali, dopo tutto. In realtà, ognuna di loro, in un modo o in un altro, si occupa della crescente invasione degli interessi finanziari e del potere aziendale sui processi democratici tradizionali, e la profonda crisi della rappresentanza che questo ha operato. Inoltre, le proteste mostrano una nascente consapevolezza che le pratiche di divisione e dominio della classe dominante ovunque - espone la religione contro il secolare, i bosniaci contro i serbi, i neri contro gli indigeni contro i bianchi, i poveri contro gli un po-meno-poveri, e i 'nativi 'contro gli immigrati - sono solo parte di una strategia per impedirci di realizzare il nostro potere.

In una parola, ciò a cui stiamo assistendo è quello che Leonida Oikonomakis e io abbiamo chiamato la risonanza della resistenza: le lotte sociali in un unico luogo nel mondo trascendono i confini locali e sono di ispirazione per altri manifestanti altrove, per prendere la situazione nelle proprie mani e sfidare i propri governi per realizzare una vera libertà, la giustizia sociale e la democrazia reale. La risonanza di queste lotte attraverso i confini nazionali, etnici e religiosi ci dice che tre decenni di pace neoliberale, a partire dalla fine della storia, non erano davvero "pace" per tutti, erano solo la vittoria temporanea di una parte in una guerra mondiale nascosta di classe.

Ora è giunto al termine. Una nuova sinistra è cresciuta, ispirata da uno spirito fresco di autonomia che da tempo si è purificato dai retaggi ideologici stantii e dalle collettivi auto-illusioni che animavano i conflitti politici della guerra fredda e oltre. Un canto dei manifestanti a Sao Paulo ha rivelato tutto: "La pace è finita, la Turchia è qui!" E così sono Bulgaria, Bosnia e Grecia - così come Tunisia, Egitto, Spagna, Cile, Messico, Québec e ogni altro luogo al mondo in cui le persone si sono ribellate nella lotta globale per la democrazia reale.

La minacciosa linea di fondo per chi è al potere è semplice: noi siamo ovunque. E questa occupazione globale? E 'appena iniziata.

il post originale è tratto da Before They Fall.

3 commenti:

Sils ha detto...

Le ultime generazioni sono formate da spiriti denutriti, povere, vuoti. Uomini-machine che agiscono, risolvono, che fanno succedere, ma che, a causa di uno spirito spento, non capiscono le ragione, il senso finale delle cose.

Di colpo, si sono risvegliati per qualcosa che non capiscono. E come capire, se mai hanno fatto una riflessione su questo? La questione politica e sociale non è roba per principianti. Questi si accorgono che è necessario muoversi, che bisogna fare. Pensare?.. a quale scopo? E si trovano per le vie della cita tutte le generazioni create sotto lo stesso paradigma: quello dell'agire. Continuano a muoversi. E così si crea la pazzia del movimento constante: non ha fine. Sono solamente corpi vuoti nell’anima che camminano senza direzione. Sanno solamente che bisogna camminare. Questi gridano contro tutto. Se non capiscono cosa esattamente è sbagliato, allora tutto dev’essere sbagliato.

Per questo si trovano insieme interessi così diversi, quando non contraddittori. Ogni uno manifesta contrarietà a qualcosa che trova sbagliato, a qualcosa che gli reca più danno. Ma tutto è diffuso, senza una fine, senza una direzione.

Quando ho sentito i discorsi di quelli che fanno parti delle manifestazioni in Brasile ho capito che erano, machiavellicamente, stati privati dall'accesso alla grammatica basica. La grammatica è il garante del funzionamento del linguaggio. Non solamente l’educazione scolastica, ma ogni tipo di conversazione produttiva è impossibile senza un allenamento linguistico. Rimane solamente gli “slogan,” frasi rudimentali che mirano causare impulsi senza riflessione. In altre parole, queste persone sono prigioniere in un mondo di soggettività spicciola e non sono capaci di differenziare sentimenti interiori da quello che si passa fuori sé stessi. Sono diventati l’ideale di massa. Persone che obbediscono meccanicamente alle leggi di Psicologia Sociale, ma convinti che seguono il proprio volere.

In Brasile, da 10 anni, sussiste un attacco sistematico all'ordine democratico e alle istituzioni. Siamo passati a considerare che tutto vale se l’obiettivo è buono. Questo è il sentiero per la barbarie, non per la civiltà.

Sono contrario, non al popolo nelle vie a manifestare, ma al metodo. Dico “non” alla nozione equivoca di che minoranze o maggioranze possono imporre suo volere. Dico “non” alla convinzione che lo spazio pubblico deva essere usato per imporre qualcosa invece di servire per esercitare le divergenze.


Silvio D’Amico

Mario Intini ha detto...

Silvio, a chiosa finale del tuo commento scrivi:
Dico "no" alla convinzione che lo spazio pubblico deve essere usato per imporre qualcosa invece che servire per esercitare le divergenze.
Scritta così non si riesce a cogliere se nella tua puntuale sottolineatura sulla inconsapevolezza delle masse a commento di questo post c'è anche la cognizione di
quale sia il luogo dialettico dove è esercitato il confronto fra poteri (anche un contropotere è un potere)
Se questo luogo, come lasci intendere, è soltanto quello istituzionale e non quello informale della piazza
Se l'informalità dello scontro ha luogo e trova senso di esercizio quando il sistema istituzionale non riesce più ad includere ma unicamente ad escludere.
Ecco, queste mi paiono 3 questioni sulla quale riflettere. Attendersi che chi manifesti sappia e conosca le ragioni profonde del suo manifestare è ritenere che finalmente le ideologie siano definitivamente morte. Se così fosse, la stessa èlite non avrebbe motivo di esistere, gruppo che invece friziona le false coscienze delle masse e fa uso intensivo delle ideologie. Ortega Y Gasset c'insegna.

Sils ha detto...

Rispettabile sig. Mario Intini

Rifletterò sulle vostre considerazione. In ogni caso, ho fatto riferimento al metodo di protesta che se è trasformata in sfogo di violenza, e non alla protesta in sé stessa. Io sono Brasiliano, ho lottato contro una dittatura reale ma non mi sono mai permesso imporre la mia verità come superiore.
Occupare vie, palazzi pubblici senza dare a d'altri l'opportunità di decidere se vogliono o non partecipare di una protesta, per più giusta che possa essere, non corrisponde ai fondamenti della democrazia. Ma non quella diretta, che non credo possa esistere, ma la democrazia rappresentativa che anche se piena di difetti, è l’unica possibile.
Aggiungo altri saggi da inserire in questa discussione insieme con Ortega Y Gasset:
Albert Camus e” L’uomo in rivolta,” Isaiah Berlin e “due concetti di libertà “.

Per approfittare dell’opportunità cito Ortega y Gasset

“la ribellione delle masse” .....

Osservate coloro che vi circondano e vedrette che avanzano smarriti per le strade della loro vita; avanzano come sonnambuli, immersi nella loro buona o cattiva sorte, senza avere il più lieve sospetto di quel che accade a loro stessi. Li sentirete parlare con formule tassative intorno a se stessi e al loro ambiente, il che potrebbe lasciar pensare che possiedono idee su tutto questo. Ma si analizzaste sommariamente queste idee, notereste che non rispecchiano in alcun modo la realtà a cui sembrano riferirsi, e se approfondiste l'analisi, scoprireste che neppure pretendono di adeguarsi a essa. L'esatto contrario: L'individuo cerca mediante quelle idee di fissare la sua particolare visione del reale, della sua stessa esistenza. Perché la vita é soprattutto un caos in cui si smarrisce. L'uomo ne ha il sospetto, però l'atterrisce l'idea di trovarsi faccia a faccia con questa terribile realtà e si sforza di nasconderla con un velo fantasmagorico, affinché tutto sembri chiaro. Non lo preoccupa il fatto che le sue "idee" non siano veridiche; le utilizza come trincee per difendersi dalla stessa vita, per allontanare la realtà .

L'uomo d'intelletto lucido è colui che si affranca da queste "idee" fantastiche e guarda in faccia la vita, prendendo coscienza che tutto è in lei problematico, e sostenendosi smarrito. E poiché questa è la pura verità -ossia che vivere significa sentirsi smarrito- chi l'accetta ha già incominciato a ritrovarsi, ha già incominciato a scoprire la sua autentica realtà, è già su un piano stabile. Istintivamente, allo stesso modo del naufrago, cercherà qualcosa a cui aggrapparsi, e questo tragico sguardo, assolutamente sincero perché è un tentativo di salvarsi, gli permetterà di dare un ordine al caos della sua vita. Queste sono le uniche idee veridiche: le idee dei naufraghi. Il resto è retorica, posa, intima farsa. Chi non si senti veramente smarrito, si perde inesorabilmente; e non potrà mai più ritrovarsi, non potrà mai più incontrarsi con la propria realtà .

Silvio Morais D’Amico