mercoledì 5 giugno 2013

CARA LAFELTRINELLI TI SCRIVO…

di Léon François Comerr
Cara LaFeltrinelli,
sono LaValeria, ho 28 anni vivo a Brindisi, sono laureata con 110 e lode, sono automunita e cervellomunita,  e il mio sogno è lavorare per te.

Da circa 6 anni, ogni mese ti mando il mio curriculum aggiornato con tanto lettera di presentazione megagalattica, dopo queste epistole, che neanche il giovane Werther, pensavo che almeno mi avresti fatto una denuncia per stalking ma niente…non mi pensi e soprattutto non mi vuoi.
Io mi chiedo perchè non mi vuoi? Visto che alle mail non rispondi, ho pensato di scriverti sul mio blog nella speranza che quando (in un attacco di egocentrismo) scriverai il tuo nome su Google uscirà il mio bloggino.
Cara Feltrinelli, perchè non mi vuoi? Sono anni che acquisto da te, ho anche acquistato delle vere e proprie cacate senza mai pentirmi di averlo fatto, calcolando che la Mia libreria nella Mia cameretta conta molti tuoi libri e diciamo il 30% sono delle accozzaglie di parole, diciamo che 100€ te li ho interamente regalati, solo per questo merito di essere ascoltata.
Per non parlare di quello che ho sentito in una delle tue LeLibrerie: un giorno mentre ero in un attacco giallesto, entro in una LaFeltrinelli e ho chiesto LaCommessa un libro di Fruttero&Lucentini e LaRagazza mi ha chiesto se Lucentini fosse il nome di Fruttero. Oppure quando un gentil’uomo (ad un altro IlCommesso) ha chiesto Macbeth e IlRagazzo gli ha chiesto chi fosse l’autore di questo libro. Sembrava di essere nel film Santa Maradona, solo che da ridere ho trovato ben poco.
Cara LaFeltrinelli,
io sono LaDipendente che hai sempre cercato e che non hai mai trovato, ho anche la faccia da secchiona letterata mischiata a quella da serial killer (come so vendere i gialli io, nessuno mai). Sono gentile ed educata, non sono laureata in lettere (qualifica che, in qualche leggenda metropolitana si dice si dovrebbe avere per lavorare per te), ma in Servizio Sociale, ci so fare con le persone, da come si vestono capisco che libro andrà bene per loro. Sono anche disposta a consigliare Moccia, (se proprio devo…). Io nella vita ho un pò di sogni, uno di questi è lavorare per te, anche uno stage, pagami in libri, voglio respirare libri e nutrirmi di essi, è la cosa che mi riesce meglio…
Ho guardato la luce verde da una finestra, fuori da una chiesa mi sono chiesta “a che punto è la notte”, ho viaggiato in moto per le strade d’America, e ho giocato a Pallastrada in un orfanotrofio, ho ucciso la mia amante, ho conosciuto una gattara romana, ho percorso l’ultimo Miglio e per non farmi mancare niente in soffitta c’è un mio ritratto che invecchia per me.
Questo è il mio ennesimo curriculum che però a differenza degli altri non andrà a finire nella cartella Spam delle tue mail.
Nell’attesa di una tua positiva risposta, ti porgo DISTINTI SALUTI.
PS: FOSSI IN TE MI ASSUMEREI!
Lettori del blog VI CHIEDO AIUTO, condividete la mia lettera “disperata”, diamogli voce…spargiamo la voce…facciamola girare, magari qualcuno LaLegge e accade IlMiracolo..

Tratto dal blog La Disoccupazione Ingegna

1 commento:

N.O.I. - Nuova Officina Italiana ha detto...

un commento apparso nel blog da cui abbiamo ripreso questo post:

Ho lavorato 9 anni alla Feltrinelli, all’inizio al Nord per circa 2 anni e poi al centro dove mi sono trasferita per scrivere la mia tesi. In lettere Moderne. Lavoravo il venerdì dalle 14 alle 21, il sabato dalle 14 alle 22 e la domenica dalle 10 alle 21 in cassa. Ero in un punto vendita molto affollato e il lavoro in cassa era molto faticoso, soprattutto perché durante il we le file sono infinite (ora con la crisi non è più così) e perché durante la settimana studiavo o facevo un altro lavoro (dopo la laurea). Non c’è stato modo di avere ogni tanto una domenica o un sabato liberi, magari con un cambio turno: per farlo avrei dovuto firmare “la flessibilità” grazie alla quale loro avrebbero soltanto ottenuto di spremere ancora di più le mie energie.
La Feltrinelli sfrutta i lavoratori fino al limite del lecito. Arriva al confine ma sa benissimo come non superarlo mai. E comunque, si sa, le cause di mobbing contro aziende così grandi non esistono: se anche un dipendente avesse la forza di portarle avanti finirebbero con un patteggiamento e non con una condanna.
Alla Feltrinelli quando assumono cercano di fomentarti e indottrinarti facendoti credere di fare parte di una grande famiglia che vende cultura. Non è vero. E non è vero che se sei laureata in Lettere sei la persona adatta a lavorare in libreria: più sei competente e più sei una minaccia per lo stile “megastore” con le sue esigenze perché facendo anche due chiacchiere sul libro che stai vendendo con un cliente perdi la possibilità di venderne un altro al cliente che aspetta. Per non parlare del fatto che ti è richiesto di “indicare” il posto in cui il cliente può trovare il libro invece di perdere tempo accompagnandolo e consegnandolo. E ovviamente quali libri è meglio consigliare? I best seller, tomoni appena usciti che la Feltrinelli ha ordinato in un numero di copie sufficiente a farci dei divani perché quelli sono i libri che le case editrici vogliono vendere, non certo l’edizione economica del Mestiere di Vivere di Pavese o La Locandiera di Goldoni o Un Dramma Borghese di Morselli!
Ovviamente il libraio non può nemmeno incidere sull’assortimento della libreria, svolgendo un ruolo di “educazione alla lettura”! No! È tutto automatico! Ma come è possibile che il lettore di Bari abbia le stesse esigenze di lettura, gli stessi gusti di quello di Padova, dove ci sono determinate realtà universitarie e stili di vita differenti? Sarebbe bello seguire le esigenze tipiche di culture e città che sono italiane ma hanno tradizioni e abitudini uniche! Invece no: da nord a sud da est a ovest ci accoglie sempre la stessa vetrina, gli stessi divani fatti di Dan Brown!
Livellamento culturale. E non a caso le Feltrinelli vendono cioccolata, gomme da masticare, occhiali da sole, ricariche telefoniche, tra un po’ anche i biglietti dell’autobus e i grattaevinci. Sottomissione della cultura alle esigenze di mercato. Il tutto all’ombra del credito dato da un uomo morto su un palo per degli ideali.
Meglio non essere laureati in Lettere per lavorare serenamente alla Feltrinelli.