venerdì 23 novembre 2012

Obama come Che Guevara: le primarie del PD e l’autolesionismo storico

Finalmente l’Italia ha una vera destra seria, convincente e di respiro internazionale: e’ la sinistra! 

Le primarie del PD sono l’espressione piu’ tangibile che un pensiero di sinistra e’ morto e sepolto. Si prende a modello un paese, gli Stati uniti, dove a votare non va nessuno e dove le elezioni non sono decise dagli elettori ma da una ristretta cerchia (i grandi elettori) che potrebbero bellamente fregarsene del voto popolare e decidere autonomamente se eleggere un presidente repubblicano o democratico. Ma no! Impossibile urlano gli anglosassoni di casa nostra; improbabile non significa impossibile dato che solo un sentimento di correttezza vincola i grandi elettori al voto popolare, non una qualche norma di legge.

E qui il primo nervo scoperto che le primarie toccano: noi NON siamo anglosassoni, la nostra civilta’ si basa su valori e attitudini completamente diversi. Questa tremenda incomprensione sull’essere italiano si e’ avuta gia’ con l’introduzione del sistema maggioritario e ancor prima con lo smarrimento di una sinistra che di fronte al crollo del muro di Berlino non ha, in buonafede o in malafede, riflettutto in alcun modo sulla propria identita’ cercando invece un nuovo vangelo al quale credere; il comunismo e’ stato uno dei pensieri meno laici della storia, profondamente intessuto di miti e simboli la cui messa in discussione era eresia.

Tornando alle primarie: queste rappresentano l’abdicazione del partito, che riflette quella dello Stato, e la falsa illusione della partecipazione degli elettori. Con le primarie il partito si deresponsabilizza, togliendosi anche il peso di trovare un candidato. La gente si illude di decidere ma in realta’ il senso di tutto cio’ non e’ che una riproduzione della democrazia autoritaria anglosassone dove pochi decidono per molti. E’ la morte dei quadri politici, quelle persone devote alla causa che erano il vero collante tra la base e la dirigenza, coloro che erano in grado di interpretare gli umori della societa’. Come lo Stato rinuncia al fornire un servizio al cittadino, con la scusa del costo del servizio, cosi’ il partito rinuncia ad avere la capacita’ di analizzare la realta’ che lo circonda e distruggendo tutto lo spessore culturale che aveva per diventare qualcosa di simile ad un’agenzia di servizi. E l’elettore? L’elettore si illude di contare, di decidere, ma come nel caso americano non decide un bel niente, e’ solo apparenza, non fa altro che delegare, coprendo le falle altrui, il proprio futuro a qualche sconosciuto politico che decidera’ per lui, tenendo conto dell’espressione popolare, forse…

Le primarie sono anche una assoluta presa di distanza dalla complessita’ sociale, creando delle vere e proprie differenze di classe tra gli elettori. Rischiano di formarsi “club” di elettori istruiti ed appartenenti alla classe media lasciando del tutto priva di potere di rappresentanza la parte piu’ umile dell’elettorato, che probabilmente e’ destinata al recarsi al voto sempre meno. Il rischio di autoreferenzialita’ di un partito sempre piu’ lontano dagli strati piu’ bassi della popolazione, privandosi quindi di una visione completa della societa’, e’ molto forte. Una politica, quella delle primarie che accresce le diseguaglianze e crea classe di elettori di serie A e B. Senza contare la possibilita’ del formarsi di lobby e gruppi affaristici pronti ad influenzare il ristretto numero di elettori che esprimeranno la propria preferenza rispetto ai candidati. La generazione dei centri sociali e’ diventata grande ed ha spostato la sua autoghettizzazione da un piano sociale ad un piano politico, continuando a dimenticarsi di essere minoranza.

Il partito ha il dovere di trovare un candidato, ha la responsabilita’ morale di analizzare il contesto politico e sociale per trovare la persona giusta, come ha il dovere di assumersi le proprie sconfitte, senza delegare alcunche’ a elettori, simpatizzanti e quant’altri. Le primarie non fanno che mettere un altro tassello a quella societa’ di eterni bambini dove tutti sembrano responsabilizzati ma nessuno lo e’, dove tutti si sentono protagonisti senza esserlo veramente. Le primarie sono qualcosa che non puo’ che portare alla rovina della polis, portatrici di un pensiero debole che rischia di essere spazzato via dalle maree della storia. Agghiacciante pensare che negli Stati Uniti il Presidente viene dichiarato eletto PRIMA della fine dello spoglio dei voti, solo in base ai sondaggi e che alcuni stati vengono dati per acquisiti dall’uno o dall’altro partito addirittura alla chiusura del voto. Tutto in nome della consuetudine, dello scontato, qualcosa che sta agli antipodi della profondita’ filosofica che caratterizza il continente europeo, dove anche il principio di causa-effetto e’ stato messo in discussione.

E il PDL? Loro sono talmente privi di credibilita’ che le loro primarie non interessano a nessuno. Siamo giunti al paradosso di una destra che imita una sinistra che a sua a volta imita un paese come gli Stati Uniti. La destra ha perso la possiblita’ di dimostrare di essere italiana, e non per mero sciovinismo ma tramite una seria valorizzazione della propria identita’. Ancora un volta l’Italia deve guardare oltre i propri confini per non affrontare se’ stessa. Non si e’ saputo riflettere sul fascismo, non si e’ voluto riflettere sul comunismo e dubito che qualcuno voglia riflettere seriamente sul berlusconismo, molto meglio demonizzare. Ma oggi piu’ che mai c’e’ bisogno di guardarsi in faccia allo specchio, per capire chi siamo e soprattutto dove vogliamo andare. Ma non accadra’, molto piu’ semplice illudersi di contare qualcosa mentre si costruisce una democrazia autoritaria che ci sommergera’, molto piu’ comodo…

1 commento:

kthrcds ha detto...

Lunedì scorso ho visto Renzi a L'Infedele che spiegava come vincerà il ballottaggio. Lo spiega da par suo, a suon di battute da oratorio, proiezioni basate su numeri incerti, analisi raffazzonate e buttate lì, ecc.
Ora, su una platea di circa 50 milioni di aventi diritto al voto, alle primarie sono andati 3,1 mln, e di questi il 38% ha scelto Renzi. Ossia circa 1,2 mln, pari al 2,3% del totale degli aventi diritto al voto. Ne consegue che Renzi si sta sovrastimando, e che forse il Pd si avvia verso la scissione.
Renzi è uno dei principali rappresentanti della politica prêt-à-porter. È egli stesso prêt-à-porter. La settimana scorsa l'ho visto per alcuni minuti impegnato nel discorso di chiusura della sua campagna per le primarie del Pd. In pochi minuti Renzi, il Pieraccioni del Pd, riesce a concentrare un profluvio di luoghi comuni, una farandola di aria fritta e frasi fatte; dice che vuole trasformare l'Italia in una start-up, cita Baricco e altre figure minori come padri nobili del pensiero renziano, ecc. Vaneggia a braccio cercando l'applauso dei sostenitori, che definisce “voi entusiasti”, e invita ad andare casa per casa per convincere i cittadini a votare per lui.
Lunedì scorso i tg mostravano un Renzi esaltato che deragliava nell'autocelebrazione davanti ai suoi fan, vaticinando a gran voce la vittoria finale.
E così, grazie a Renzi, nell'arco di un pomeriggio il Pd è passato dal riformismo al renzismo, ed ha inaugurato la stagione delle renzate, tipo: “sono il candidato più potabile per l'elettorato del centro destra”; “avevamo contro tutto il mondo”, “ci definiscono renziani”, “l'ultima settimana la passeremo pancia a terra”, ecc.
Insomma, l'impressione è che coloro che pensano che Renzi rappresenti il “nuovo” del centrosinistra italiano resteranno delusi. Questa, però, non è una novità. È una consuetudine.

Piuttosto, perché l'elettorato dell'area progressista da oltre 20 anni si vede costretto a votare per soggetti che palesemente non hanno nulla a che fare con il progressismo? A cominciare dal modesto democristiano Prodi che fu scelto da Andreatta e messo a capo dell'Ulivo con l'unico scopo di soffocare quel 5% di sinistra che ancora si definiva comunista e non contava nulla, mentre la coalizione che faceva capo a lui, in cui la componente cattolica vicina al Vaticano esercitava un pesante diritto di veto su molti temi politici delicati, ha fatto di tutto per sostenere B., a cominciare dalla mancata promulgazione di una legge efficace sul conflitto di interessi.

C'è chi si consola guardando il disfacimento del Pdl, travolto dagli scandali, e dal fallimento politico a tutti i livelli; con un B. che da alcuni giorni somiglia a Gloria Swanson nella scena finale di Viale del tramonto, mentre a contendersi la leadership del Pdl sono due figure irrilevanti del calibro di Alfano e Santanché, ma dopo 20 anni di pagliacciate, si è un po' stanchi di osservare queste sconsolanti sceneggiate.