venerdì 5 ottobre 2012

che viso e che storia personale c'è dietro al mario staffaroni di MPL?



Il più delle volte, troviamo anche nel web un nome che vi si trova associato a qualche pubblicazione od iniziativa anche magari di nostro possibile interesse.
Ma assai spesso ci si trova magari a domandarci: ma che volto ci sarà dietro quel nome?
E nel caso di MPL, magari anche potersi chiedere. Ma per quale mai ragioni e motivazioni anche personali un uomo come chiunque di noi italiane ed italiane, e nemmeno più giovanissimo, si sarà <imbarcato> in una simile iniziativa sua pubblica che di certo non gli renderà la vita privata personale più tranquilla?

Proviamo a cercare le relative risposte adesso assieme? Se appare gradito farlo. In un colloquio tra persone, senza reticenze e…senza rete.

Intanto, alla curiosità eventuale di quale volto possa esservi dietro Mario Staffaroni,  lo stesso poi che adesso anche qui parla, proviamo a risolvere da subito. Ecco dunque come sono alla… macchina fotografica che mi ha preso nella mia piccola attività recettiva che svolgo. E di cui vivo.



Aggiungiamoci adesso quella che la foto non dice, anche se lo si intuisce. Anni 65, che prima della fine di questo mese cresceranno. Infatti 21 ottobre 1947 è la mia data di nascita. Bilancia, per chi ami i segni.

La mia piccola storia di vita precedente all’iniziativa di MPL?



Da bambino delle Elementari, e poi di nuovo ragazzetto delle Medie, una esperienza personale teatrale. La prima era un’Operetta musicale.
L’altra esperienza di teatro emergerà nella Filodrammatica Salesiana locale. Con una parte diversa e ben più drammatica. Impersonavo la vita adolescente del nostro Patrono Angelo da Casale. Un piccolo pastore che, un giorno uscendo, travolto in un accesso di collera incontrollata, augura la morte alla propria madre. Ed al ritorno, se la ritrova…morta.
Qui finiva la mia parte. Ma per quel giovane pastore era invece l’inizio di una vita di eremitaggio e di preghiera.
Perché ne ho parlato? Perché l’esperienza di rivolgersi ad un teatro pieno e che ti ascolta, che tu non vedi contro le luci del palco, ma che ti avvolge nel suo applauso se si sente partecipe, rimane unica anche come esperienza di vita.

Credo che si sarà ormai anche compreso che la mia formazione giovanile è intervenuta presso l’Opera Salesiana allora nella mia città. La mia formazione umana, e sociale. E’ stata e tutt’ora resta cattolico/cristiana.
Perché allora, e in vero anche a tanti altri di ragazze e di ragazzi assieme a me, appariva più che bastante <ama il prossimo tuo come te stesso> per provare di operare anche nel sociale.
No, non sono praticante, ormai da tempo. Anche se continuo a ritenermi credente. Le mie radici restano tuttora cattolico cristiane. Ma mi sono sposato in Municipio. E’ a quel tempo più giovane, che oggi comunque ancora appartiene la formazione di quegli stessi valori personali e collettivi in cui ancora mi fondo. E mi riconosco.

Poi, sul finire degli anni sessanta, una prima svolta.

Mi inserisco nel sociale politico giovanile dell’allora Partito Socialista Italiano. Vi ero entrato con l’intenzione di partecipare a cambiare e rinnovare sia nelle persone che nei suoi programmi la amministrazione comunale della città in cui vivevo e vivo tuttora.
Questa spinta al rinnovamento nostro amministrativo,  allora, vedeva la partecipazione di tantissimi ragazze e ragazzi più o meno  miei coetanei. Non erano in prevalenza, le loro, appartenenze di partito. Erano anzi orgogliosamente, e anche si dichiaravano tali, solo espressione attiva della società civile. Attraverso un Movimento che si chiamava, appunto, Movimento Giovanile. E, quasi per tutti, la fonte prevalente della nostra formazione era stato l’associazionismo cattolico.

Cosa facevo io, rispetto a loro, ed a quel movimento a cui pure io appartenevo? Soprattutto il condiviso <garante> che la politica locale non tentasse di strumentalizzarci nelle nostre istanze. Ed attività. A cominciare dalla piena libertà ed autonomia di quei giornalini con cui ci si esprimeva e ci si riconosceva. Giornalini, pare una parola grande per quei fogli di propri articoli auto ciclostilati e poi pinzati, di notte. Dagli aderenti al Movimento. E la domenica mattina venduti a mano sulla piazza e le vie del centro di paese.  Copie che peraltro, dopo le prime incertezze, cominciarono ad andare letteralmente a ruba da parte degli adulti di ogni estrazione. Perché non erano solo la voce dei ragazzi e ragazze, ma esprimevano aspirazioni ed istanze largamente condivise pressoché da tutti. Ma, che ancora, le tacevano. In pubblico. Gli adulti.

Per farla breve, l’iniziativa di quel Movimento ebbe tanto progressivo successo tra la comunità nostra di comune appartenenza – anche perché esprimevano una voglia mal repressa collettiva anche adulta e socio economica di grandi cambiamenti verso lo sviluppo troppo rinviato – che alle prime elezioni successive, 1970, mi trovai catapultato a Consigliere Comunale, ed Assessore del mio stesso Comune.
Mentre su quella stessa spinta, tanti altri ragazzi e ragazze più o meno miei coetanei, emergevano ora anche essi dentro gli eletti anche degli altri partiti democratici di quella amministrazione nostra comunale.
Amministrazione Comunale, il cui anziano Sindaco, in carica ininterrottamente dal dopoguerra, apparteneva al mio stesso Partito Socialista. In una Giunta di centrosinistra dove mi ritrovai giovanissimo Assessore al Turismo, e ad imparare cosa fosse una Delibera ed un Bilancio ed il Denaro pubblico.
E si provò, per oltre un anno, a cercare di rinnovare il modo di amministrare dall’interno. Ma non funzionò.
Indipendentemente dalla assoluta rettitudine, e buona fede, di chi lo guidava quel Comune.  Ma, potrei dire, tanto più ora che ne ho personalmente assai rivalutato la figura, quell’allora anziano sindaco, non risultava sentire, per così dire, la domanda di sviluppo e crescita che veniva sempre più pressante dalla pressoché intera comunità nostra; non interpretava la spinta straripante dei tantissimi giovani coetanei che volevano partecipare, volevano sperare di crescere e lavorare li senza emigrare.

Finché, agli inizi del 1972, noi giovani socialisti, rovesciammo la Giunta per aprire ad una nuova alleanza di sinistra: PSI e PCI, infatti. Deponendo il nostro stesso sindaco, per farlo. Ed insediando a Sindaco un mio coetaneo, ed amico, oggi purtroppo del tutto prematuramente scomparso.
Ci ritrovammo così, nella mia cittadina, col Sindaco allora più giovane d’Italia. In una Giunta largamente giovane anche essa, ed io ora ai Lavori Pubblici.


E partì così, concretamente, il piano condiviso di rilancio economico sociale della nostra città.

Furono gli anni delle nostre zone industriali, delle numerose nuove aziende, medie, e della piccola impresa artigiana.
Furono gli anni dell’investimento forte su Cultura, Scuola e Servizi ai Giovani ed alla Donna che lavora. Si moltiplicarono gli asili nido, le scuole materne, il tempo pieno, i trasporti scolastici. E furono anche i tempi delle Mostre d’Arte, dei Corsi di Qualificazione alta di Maestranze.

Come stavano i nostri bilanci? 
Direi bene. Non nel pareggio, che allora non era richiesto, anche se i nostri Bilanci li approvava prima il Prefetto e poi il Coreco. Avevamo però un disavanzo sobrio; avevamo fatto un bel mutuo, e che ci faceva da volano per il Programma che attuavamo. Poi, anche tanta fantasia e impegno: c’era da incentivare una nuova azienda concedendogli terreno urbanizzato? Andavano a volte i nostri mezzi anche a spianare il terreno d’impianto industriale.


Una nostra cifra con cui già eravamo andati alle elezioni? Partecipazione sempre: tramite riunioni, assemblee e quanto altro funzionale. Dove si informava di tutto, ma si decideva realmente poi anche assieme. Eravamo un’Amministrazione serale, direi, itinerante.
No, all’inizio non fu una cosa semplice. Ci accoglieva quasi sempre un silenzio diffidente. Che poi qualcuno esplicitava come uno schiaffo: siete venuti come gli altri a promettere, e..poi…non vi vedremo né sentiremo più sino alle prossime elezioni…?

Tutto cambiò, e divenne amicizia anche con chi non ci avrebbe mai votato, quando le cose assieme decise diventavano poi attuate e anche nei tempi detti.


Ma le Consultazioni popolari aumentano gli sprechi?
NON E’AFFATTO VERO. E non è affatto detto.

Quelle riunioni, con la nostra gente, decidevano tranquillamente, ed unanimemente, per fare un esempio, che non si sarebbero subito migliorate le illuminazioni dei quartieri. Perché adesso si doveva prima illuminare la Zona Industriale per creare nuovo Lavoro.
E quando si spianava un’area per aziende, in genere assisteva una piccola folla lieta e partecipe.
Quante volte quelle stesse riunioni hanno deciso assieme <questa cosa quest’anno non si fa, non ci sono i soldi>; ma la faremo appena possibile….


E di questo nuovo sentimento positivo che sorgeva e si rafforzava ben oltre i partiti, ve ne racconto adesso una per tutte: in una nostra frazione vi era una nuova <scuola> che portava il suo cantiere da una legislatura all’altra. Più o meno, ad ogni legislatura un paio di giri di muratura dal suolo. E, poi, immancabile stop.
Sicché adesso i muri si alzavano incompiuti ormai da anni di un metro forse scarso dal terreno.
Si decise assieme alla popolazione del posto che serviva e che sarebbe stata dunque terminata rapidamente la struttura. Ecco che accadde alla decisione collettiva. “Allora…quella pianta di ciliegio che c’è cresciuta in mezzo alle fondazioni…non la innestiamo più; che ormai …se deciso e.... la tagliamo..” E fu una risata comune liberatoria, ed una festa di paese alla scuola aperta come e quando previsto.


Comunque, la cura ad una città che non voleva far altro che uscire dalla sua stagnazione precedente e correre a crescere in Lavoro per primo, nell’insieme andò bene.
Entro un triennio circa, non solo già non si emigrava più dalla mia città verso l’esterno. Ma rientrarono piuttosto a lavorare a casa ormai migliaia di persone dall’estero o dal nord dell’Italia. E la città si ritrovò lungo il suo percorso polo regionale di sviluppo con popolazione sua crescente. Certo, fu soprattutto di sicuro per merito dei miei colleghi e del mio amico Sindaco troppo presto oggi mancato. Io, ero solo, uno tra di essi. E con un comune Progetto condiviso. Tra noi, e con la nostra gente.


Ma, dopo le elezioni del 1975, lascio di mia intenzione la Giunta Comunale.

Perché? Mi ero sposato, da studente universitario -Medicina, e la nostra vita familiare fu allietata già presto da una bimba.
Pensai, dunque, che se mi fossi stabilito a Perugia con la mia famiglia, mi sarei forse Laureato prima. Non fu così. E si rivelò un errore in tutto.
Furono infatti, quelli, anche anni di una mia depressione. Che mi portò anche a varie  pasticche colorate. Ma non passava. Finché, ebbi la fortuna di conoscere un Artista – e non solo - di San Vito Romano, che mi divenne anche caro amico. E a poco a poco, in quel percorso umano assieme, tutto svanì. Farmaci e malinconia soffocante. Ma gli studi, non furono fortunati come me… Interrotti a pochi esami ormai dalla Laurea. Così, oggi, per la statistica resto, e per mia colpa, un diplomato di Liceo. Classico.


Ma la Politica torna a bussare. 1980.

Miei amici di partito effettuano una sorta per allora di primarie tra tutti gli iscritti. E così emerse che avevano trovato una larga richiesta che mi candidassi Capolista alle imminenti Comunali.
Così avvenne.
E siccome andarono anche più che bene e con aumento anche di nostri seggi, mi ritrovai Sindaco. Della mia città. La cifra della mia campagna, assieme ad un Programma operativo condiviso? Efficienza, trasparenza, rigore morale.


Ci avviammo così ora a razionalizzare, e completare, i grandi sforzi attuativi della Legislatura precedente, a deregolamentare, a dare tempi certi di risposte, a dare ora ampio spazio anche alle esigenze del tempo libero Giovane.

Ma l’assetto politico interno al mio stesso partito e che ritrovai, rientrando, non era più quello di quando avevo lasciato. Anche perché forse io scontavo un peccato originale, almeno per alcuni, come poi emerse. Non avrei dovuto essere io quel sindaco. Che invece era risultato previsto già attribuito ad un diverso di Partito.
Sia come sia, neanche dopo un anno, mi trovai le maggiori incomprensioni proprio col mio di partito.
La Giunta aveva consenso tra la popolazione. Ma il Sindaco, diveniva sempre più solo tra i dirigenti del proprio stesso partito. La componente socialista porta i confronti interni di partito sino al consiglio comunale anche contro il proprio sindaco. Dovevo ormai scegliere. Finché, quando vidi che quella conflittualità divenuta manifesta di alcuni si ripercuoteva ormai sempre più sulla operatività dell’Amministrazione stessa, mi dimisi da Sindaco in Consiglio. Nell’autunno del 1982.
Dichiarando al Consiglio che, non disponendo più della fiducia – e della collaborazione - del mio stesso partito, e poiché questo mi stava impedendo di portare avanti il progetto su cui ero stato eletto, nell’interesse della stessa città, lasciavo.


FINE DELLA POLITICA ATTIVA O MILITANTE.
Da allora, sino ad oggi, infatti mai più un incarico. Mai più da allora un partito d’appartenenza.
Senza per questo mai divenire ostile, e tanto meno nemico, a chi nel tempo mi succedeva. La mia cifra silenziosa di pensare diveniva infatti, da allora, e ancora adesso, e per mia scelta, una massima che lessi attribuita agli USA <c’è un presidente, ed uno solo, per volta…>


Nel 1986, arriva una nuova esperienza. E del tutto diversa.

Un gruppo di maestranze in licenziamento di una piccola azienda privata appena chiusa, mi coinvolge nella costituzione di una aziendina cooperativa per prendere in affitto dalla Curatela immobile ed impianti. E così avvenne.

Un’esperienza durissima iniziale. Imparare azienda, rifare da zero mercato e rinnovare e riattivare impianti.  Si barcollò alquanto, i primi tempi, per trovare un equilibrio, ma, con tanti sacrifici collettivi comuni, al fine la <barca> tenne il mare. Tanto che, nel 1990, l’azienda risultò finanziabile per un suo nuovo stabilimento. In un Comune accanto. Che dove eravamo, ci vedevamo intanto sfrattati.

A tempo di record fu alzato il nuovo stabilimento pertanto. E poi, una migrazione per così dire biblica a lavori ancora in parte in corso di completamento. Migrazione di macchine, magazzinaggi, uffici. E quanto altro….

Basti pensare che, per quasi quattro mesi, si lavorò a Generatore elettrico presso la nuova sede. Che la rete adduttrice elettrica era in completamento.
Ne uscimmo vivi. Aziendalmente. Pur se stremati, anche finanziariamente dopo uno o due mesi di fermo pieno e poi di attività a scartamento ridotto.


Mentre ci si leccava le ferite, aziendalmente parlando, venne dall’Associazione di allora appartenenza una proposta che apparve più che ben venuta. In sostanza, c’è una grande Azienda consorella che potrebbe affiancare e sostenere il lancio del nuovo stabilimento, in una logica ravvicinata anche di sua partecipazione.
E’ però così grande ed importante, che la gestione operativa gliela affiderete in questo contesto…
Bene, che problema c’è? Un’azienda cooperativa non ha riserve a farlo con una consorella. E quell’allora presidente, che ero io, cedette la Ordinaria amministrazione all’inviato della grande sorella.


Ho poi avuto, quasi venticinque anni per pentirmene amaramente. Da allora, era infatti il 1991, ad ancora adesso.

In un lampo, da presidente pur se solo adesso formale e senza poteri, comincio a intravedere segnali strani, comincio a dover constatare il rifiuto totale a qualunque condivisione di conoscenza e informazione. Persino nel bloccaggio delle porte. E allora, chieste e non trovate nessuna di risposte neanche in sede di Consiglio di amministrazione, lascio quella carica ormai neanche più formale che risultava per altri  non dover nemmeno sapere.


E che cosa non dovevo sapere?

Che in pochi mesi, come ipotizzarono poi dei PM che se ne occuparono, anche se finì in successiva supposta prescrizione, a ritenuto indebito vantaggio di terzi risultati consenzienti l’azienda era stata totalmente smantellata e svuotata sotto ogni aspetto preesistente, diciamo così. Lanciandola, intanto, in una richiesta di Liquidazione Coatta Ministeriale e di pretesa liquidazione volontaria.

E i suoi garanti presso le banche di cui allora disponeva, risultati lasciati in questo modo ora esposti all’escussione delle garanzie personali prestate in precedenza a favore dell’azienda stessa.
La reazione, a cose divenute note, assieme anche agli altri garanti, divenne estrema. Anche per salvarsi. Lavoro e beni personali privati.


Come finì, allora? Il Ministero competente negò formalmente che esistessero presupposti di leggi per decretare sue liquidazioni coatte; e infatti le rigettò ai richiedenti. Il Tribunale stesso, alfine, nel 1992, revocava la precedente liquidazione volontaria avviata da altri. Che poi erano gli stessi.
Tutto bene?
Affatto. L’aziendina che così adesso riemergeva dalla revoca di liquidazione, era come una nave disalberata dopo un uragano. Niente più suo mercato, niente più clienti precedenti, niente più mutui intanto revocati, niente più fidi rimasti anche essi  revocati dalla liquidazione precipitosamente imposta, e così finiti sulle spalle personali dei garanti. Dei quali, uno, e dei più colpiti, risultai e risulto tutt’ora io.

Una lotta impari, in un dissenso apparso ostile dell’intorno, accompagnò il tentativo dell’azienda di recuperare il suo mercato, i suoi finanziamenti ed i suoi fidi bancari. La sua possibile esistenza. Non ne venne niente. Poi, sul finire degli anni 90, sopraffatta nel contenzioso del credito degradato che le era stato da altri suscitato nei modi che vi ho già raccontato, la piccola azienda cooperativa si spense silenziosamente vistasi chiamata in fallimento. Finalmente si era tolta d’intorno forse per troppi anche nel ricordo.
E sulla sua effettiva storia che le era capitata intanto svanivano a poco a poco tutte le piste. Tanto che su cosa fosse accaduto effettivamente, dentro quella piccola cooperativa, oggi parrebbe anche difficile a potersi raccontare in modo certo. Non solo per l’influenza del tempo.


Una storia dunque persa, mi potreste chiedere adesso. E magari, mi potreste anche chiedere: ma sono solo tue opinioni quel che accadde, o c’è comunque rimasto qualcosa di certo per vederlo. Ancora adesso?

SI, C’E’. Qualcosa di certo ancora adesso. 
Infatti, la storia vera della azienda, trovatasi come folgorata a tradimento in quei tempi, non è andata affatto persa.
L’ha infatti salvata, definitivamente, la più imprevedibile ragione.


Accadeva infatti, intanto questo. Così potrete anche vedere che, nel corso della mia esistenza, non mi sono negato poi davvero molto….

Nel corso degli sforzi allora messi in atto per salvarci anche come persone, mi vedevo infatti precipitato artatamente, da intenzionali surrettizie prove risultate costruite proprio a tal fine da altri in mio danno, in un processo che non mi apparteneva. E li mi ci ritrovai accanto ad altri forse più comprensibili convenuti nel giudizio perché risultati contestati, essi, dalla Guardia di Finanza di pesante evasione in ammanco alla cooperativa su quei periodi di sopraffazione aziendale del 1991.
Il mio rinvio che la Guardia di Finanza peraltro non chiedeva, tuttavia, produceva quello che doveva produrre.
Finivo disarmato a tempo indeterminato. Non solo perdevo, infatti, così ogni mia capacità di difendermi e rivalermi eventualmente su chi ne avesse motivo anche negli altrui processi. Ma restavo – peraltro nella mia più rispettosa fiduciosa collaborazione – per quattro anni da imputato in un processo che non mi riguardava.

Nel 98, giungeva la sentenza relativa: assolto il sottoscritto, per non aver commesso il fatto. Fatto quello che la Corte medesima in sentenza, addebitava piuttosto, anche esso, assieme a tutto il resto, nominativamente ad altri dei convenuti pluri imputati in quel medesimo processo.
Sentenza di assoluzione definitiva quella mia dunque – perché passata in giudicato senza impugnative dell’Accusa -  mentre condannava altri in primo grado. Oggi, altri magari da tempo riformati di sentenza o prescritti. Lo ignoro, non essendomene più di loro interessato.


Ma non è questo di cui stavamo parlando. Quanto piuttosto della sopravvivenza certa di una storia amara quanto apparsa iniqua. Di aziende e di persone.

Accade infatti che la mia Sentenza di assoluzione, passata in giudicato senza opposizione dell’Accusa , reca tuttavia nel suo corpo – tra le motivazioni della assoluzione stessa – la vera storia della infelice cooperativa di quei mesi.
La Sentenza n.183/98 al Registro Sentenze del Tribunale di Perugia HA SALVATO dunque la vera indebita storia della azienda e dei suoi garanti con essa.


Salvata per sempre, ed efficacemente, presumerei. Perché se la sentenza che mi assolve, è passata, come è passata in giudicato, allora temo proprio, anche da profano, che siano passate in giudicato anche le motivazioni della mia assoluzione che essa reca.
La storia vera ecco dunque che è salva. Proprio dentro una trappola crudele smontata in Tribunale dinanzi ad una Corte. Salva dentro le Motivazioni della sentenza che mi assolve.
Quanto agli altri allora risultati imputati non me ne importa nulla. Sono stati poi assolti? Prescritti? Me ne rallegro anche per loro eventualmente. Che grazie a Iddio, non ho mai nutrito né coltivato rancori allora come adesso.


E i garanti, tra cui ero anche io? Rimasti sotto le macerie. Inagibili al credito personale, in quanto intanto pignorati anche nei propri beni personali. Tanto per dire, ho fatto gli anni del terremoto attivo, e distruttivo allora umbro, con i manifesti giudiziali affissi di vendita della mia abitazione personale di già garante in quella povera cooperativa.

Si cercò comunque di difendersi, anche il terremoto concorse a offrire un po’ di tempo.

E il terremoto ci aveva intanto anche portato, come famiglia, in autonoma sistemazione, in una costruzione che già arrivandoci ci aveva fatto apparire una possibile destinazione produttiva recettiva di cui poter anche noi tornare a vivere.
E così fu, E fu il tempo ancora attuale di Casa Cantico delle Creature. Piccola struttura prima solo di offerta di alloggio; e poi, anche di ristorazione al pubblico.


Tutto per il meglio, finalmente?

Non proprio. Dopo aver già dovuto imparare a convivere quasi con il timore personale che già entrando in banca <scattasse l’allarme>, al solo loro vedere la sfilza di pignoramenti pendenti di garante di quel tempo, un paio di anni fa, la mazzata più dura.


Ed arrivò più o meno come un meteorite giunto dallo spazio esterno.
Che in una traiettoria perfetta, e in continuazione diretta del percorso iniziale, mai mutato, centra ora in pieno un giardino e le persone. Vent’anni dopo il lancio.
Che accadde?
Semplice. Le banche da me garantite per la cooperativa di un tempo apparentemente lontano, pretesero i corrispettivi al riguardo da me, garante di altri. E così, appena due anni fa, mi trovai a dover pagare in un lasso irrisorio di tempo, sotto fatti monitori impellenti,  circa 150mila euro in contanti. Per soddisfare, io garante, le banche aziendali da altri risultate manomesse e di un tempo.


L’effetto?
La mia vita economica e finanziaria personale, e dell’azienda individuale attuale, ne risultò devastata all’istante ed ancora adesso. Dovetti infatti privarmi di ogni mia liquidità esistente; svendere all’istante anche ogni mio modesto bene personale. E questo infatti accadde. Lasciandomi, a tutt’ora, in un serissimo, e dannosissimo vuoto di ogni mia liquidità che ha colpito anche i finanziamenti miei aziendali preesistenti e che mi pesa e mi fa rischiare per questo ancora adesso.

Lasciandomi al momento con la fatica di conquistare ogni giorno l’esistenza. E di che poter vivere lecitamente.
Mentre la crisi depressiva nazionale che veniva intanto indotta, aggravava ancora di più il tutto. Tanto che per l’insieme delle circostanze, personali e collettive, a volte, come anche ora, io stesso mi sorprendo di poter ancora parlare come piccolissima impresa individuale tuttora esistente.


Quella vicenda, con i tanti suoi gravi rischi portati anche nel mio attuale presente, è stata ricordata non solo per piena trasparenza a chi legga. Ma anche perché, se mai dovesse capitare di interrompersi una mia presenza di colloquio e risposta al riguardo di quel che ho  scritto e scrivo, e di quel che ora faccio, e mi occupo nel privato come nel collettivo nostro italiano condiviso, potrebbe anche voler dire che un’ombra lunga venuta direttamente dal passato, e che sempre ininterrottamente mi ha seguito, abbia definitivamente inghiottito la mai vita materiale. Nonostante tutti gli sforzi personali anche attuali di evitarlo.


E A QUESTO PUNTO CHE ARRIVA IL MOMENTO DI MPL.

E magari già vi potreste chiedere. E con questo storia personale alle spalle, che ti mette tanto alla prova anche adesso, ti sentivi proprio il bisogno di complicarti ulteriormente la tua già non semplice esistenza anche con MPL Movimento Popolare del Lavoro?


Ne sentivo in effetti il bisogno, di farlo. PERCHE’ MI E’ RIMASTA INTATTA LA VOGLIA DI SENTIRMI MEMBRO ATTIVO DELLA MIA COMUNITA'. E DELLA MIA NAZIONE.

Ma a questo nuovissimo aspetto nella mia piccola vita, delle riflessioni e delle considerazione sociali ed umane da cui sorge, se siete anche voi d’accordo, gli dedichiamo sin d’ora il prossimo Post che seguirà a questo. Dandogli anche e sin da adesso il suo titolo:

da quali riflessioni e intendimenti nasce il Mario Staffaroni attuale di MPL?
http://www.movimentopopolaredellavoro.it

Quanto a questa <visita guidata> attraverso la mia piccola vita di italiano come tantissimi altri di noi, ha in effetti preso un po’ di spazio. Più del solito, in effetti.

Ma il fatto è che se intendevo accompagnarvi dentro la mia piccola storia di persona non potevo mancare di toccare dei momenti apparsivi salienti. Né evitare, su di essi, di aiutarvi a comprendere come li abbia vissuti e visti.
E poi, 64 anni non son pochi da osservare assieme anche se a ritroso….

Ecco, adesso possiamo dire assieme, in effetti, IO SONO COSI’, fatto dalle mie stesse esperienze di una vita. Belle e meno belle, ma che non rinnegherei in nessuna di esse.

Se  il percorso vi è risultato gradito, l’appuntamento è al prossimo. Di post.

Di sicuro più succinto. Percorreremo infatti, in questa occasione che verrà, assieme poco più di un biennio. GRAZIE.






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