giovedì 11 aprile 2013

La vita a tempo determinato


Il post letto su Giovane Carina Disoccupata - Blog sulla vita ai tempi della disoccupazione  lancia un efficace sguardo sulla natura precaria delle relazioni umane, così come sono andate costruendosi e regolandosi, negli ultimi 40 anni. Ovvero, sulla contemporaneità antropologica  della nostra determinazione di senso del mondo delle relazioni vitali, della nostra costruzione relazionale ormai tutta ripiegata sulla precarietà, fugacità, funzionalizzazione strumentale, impersonalità. Una contemporaneità che oltre che dispiegarsi nella cosiddetta laicizzazione e secolarizzazione delle relazioni umane, è anche intervenuta massicciamente e parallelamente anche nella relazioni umane che nei luoghi del lavoro e nella regolazione delle relazioni professionali e lavorative si è  culturalmente ed istituzionalmente profilata e consolidata.
L'autrice del post accenna alla relazione di senso parallela che esiste oggi fra le occasioni di lavoro che, giovani alla ricerca di prima occupazione e meno giovani che perdono il lavoro, possono cogliere nel cosiddetto "mercato del lavoro" e il senso comune del "come vivere" e di come sono vissute le quotidiane relazioni sociali fra le genti.

Ad esempio, esiste un parallelo fra il disimpegno affettivo che oggi è in auge nelle relazioni sessuali e di genere (fugacità dell'incontro sessuale, la dissolubilità acquisita delle unioni affettive, la sempre più diffusa residenza familiare unipersonale, la costruzione delle occasioni d'incontro sociale nei (non-)luoghi impersonali del consumo) e l'accettazione incondizionata della stessa determinazione di senso nella regolamentazione delle relazioni di lavoro che oggi trovano specie nella miriade di contratti di lavoro che precarizzano e rendono fugace ed occasionale il lavoro, che fanno scomparire nell'impersonalità della funzione ogni abilità e competenza umana che è il "di più" del lavoro, cui ogni buon "imprenditore" dovrebbe tesaurizzare?

O anche, esiste un parallelo fra la retorica autodeterministica ed autoreferenziale della cultura individualistica (sessantottina e post-sessantottina) e la retorica che vuole ognuno imprenditore di sè stesso come se tutti possano essere o divenire imprenditori?
C'è un parallelo di corrispondenza semantica e significante fra le innumerevoli occasioni di stage nel lavoro, che spesso tradiscono unicamente strumentali funzionalizzazioni allo sfruttamento delle abilità umane, e il travaglio del continuo passaggio da uno stage ad un altro prima di trovare l'occasione per una continuità lavorativa a tempo determinato in forme contrattuali ancora precarie, e gli "stage" nelle relazioni di genere sessuale per provare e testare se le due persone sono fatte una per l'altra come se prima non fosse intervenuta nessuna scelta (e nessuna libertà e responsabilità!) sull'adeguatezza dell'altro ad intraprendere un percorso comune?

Noi pensiamo che quanto intervenuto culturalmente sul piano delle relazioni affettive e sociali sia stata l'operazione di contestualizzazione di quanto andava costruendosi nei luoghi di lavoro e nelle relazioni sociali negli stessi. Anzi, l'uno e l'altra sono state operazioni culturali e politiche che si sono autoalimentate e che oggi scontano la crisi. Lo stesso sindacato, ripiegato sul piano della mera rivendicazione salariale, ha nel tempo ceduto la costruzione di senso dell'etica del lavoro e  delle relazioni industriali facendola decadere sul piano del mero scambio simbolico ed astratto del denaro, piano simbolico che già in partenza era perdente dato che non ne poteva, il sindacato i lavoratori e gli imprenditori che tali sono, determinare la produzione simbolica, anzi il ripiegamento funzionalista sul denaro è stato il veloce veicolo di trasformazione consumistica ed individualistica delle relazioni umane tutte improntate allo scambio e non alla reciprocità e al dono, forme di regolazione dei patti di cittadinanza che sussistono nei gruppi a carattere meno sociale e più comunitario.

E' da questi profondi ripensamenti della natura della cultura e del simbolico, ed in particolare nei luoghi del lavoro e della costituzione del "valore" derivante unicamente dal lavoro (il di più!), che deve (ri)partire la riscrittura di un nuovo PATTO DI CITTADINANZA.





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