martedì 22 gennaio 2013

recessione, ma perché?


Devo ammettere che, ormai da diverso tempo, un’idea mi frulla per la testa – e non so se solo a me - rimanendo tuttavia ancora alla ricerca di una plausibile risposta.
E dunque, in questo post, vorrei condividere quale sia questa domanda e provare a cercare assieme anche una possibile risposta.
E’ presto detto di cosa si tratta: la Ue manda sue nazioni in Recessione, Grecia, Spagna, Italia, e ci manda di conseguenza anche l’Unione (sebbene questa ultima in modo mediamente ben più lieve). Il conto tuttavia non torna. Comunque lo si guardi.

Può infatti capitare come Stato di finire in recessione, puoi trovartici spedito sempre da Stato, ma che organizzi da solo un simile percorso rovinoso appare molto curioso.
In tutto il mondo dove si voti con ragionevole libertà pare che la massima iattura temuta da chi governa è vedersi indebolita la crescita del Pil; specialmente sotto elezione. Figurarsi recessione. In genere, fanno le valige i governanti del caso, prima ancora di aver aperto le urne.
Ma la Ue, no. Pare proprio essa faccia eccezione. Ha tre sue nazioni sprofondate in recessione e risulta che se le osserva soddisfatta: pare infatti proprio che dica, ben fatto.
E come mai?


Intanto sgombriamo il fatto dall’ovvio: perché sono dei cretini. No, anche se la Ue non pare aver bisogno certo della altrui tutela, cretini non lo sono di certo affatto. Sono accorti ed anche mediamente ben attrezzati.
Certo la vulgata nazionale propende per gli sprovveduti anche a livello nazionale: l’ultimo governo, l’abbiamo votato pieni di speranza e guarda cos’ha combinato…
Ed anche del capo dell’attuale governo pare che si possa eventualmente dire di tutto; ma sprovveduto lo escluderei.

Ed allora, se non sono ingenui, sprovveduti, ignari, sia a livello nazionale come Ue, come ne usciamo dal dilemma che ci si è appena proposto. Perché lo fanno e per di più consapevolmente?

Perché tutto il mondo è in recessione?
Ma non è mica vero, che sia così ovunque. Gli Stati Uniti si difendono con le unghie il loro grassottello di Pil nonostante tutto. I paesi cosiddetti Bric (Brasile, Russia, India, Cina) non paiono proprio caduti anche loro in recessione anche se corrono a volte meno veloci. Allora?

La scelta recessiva, e volontaria, appare in prevalenza tutta nostra Ue. Anzi, a voler essere realisti, è proprio la nostra Ue che, scegliendo da anni recessione per molte sue nazioni, è finita per sentirsela addosso anche complessivamente a livello di Unione come naturale conseguenza. E se la più grande concentrazione commerciale del pianeta, tale risulta infatti la Ue, si chiude nel proprio castello recessivo, cioè non compra ma pretende solo vendere agli altri partner globali, pare evidente che il resto del mondo abbia qualche oggettivo problema ad espandersi ulteriormente. 
E se vogliamo ricordare, soprattutto per i più giovani, la scelta Usa del secondo dopoguerra fu molto più lungimirante. E tanto più generosa. Nel reinserimento accelerato della Europa sconfitta entro la ripresa e lo sviluppo condiviso, vi era di certo l’intenzione di porre argine al proselitismo pro Urss tramite la altrui miseria; ma vi era anche la consapevolezza di rianimare, proprio a quel modo, si potenziali concorrenti industriali e commerciali, ma anche di rianimare propri decisivi clienti di prodotti. Secondo la banale equazione che se l’Europa compra, anche gli Usa vendono. Idem pare anche oggi per il mondo.

Ma allora, se la scelta della Recessione si conferma pressoché tutta una scelta Ue, per quale mai ragione vien fatta questa scelta così ricorrente dentro la Comunità europea e in danno così grave di propri stessi Stati membri?

Come raccontano dicesse Allan Poe, < gli indizi si nascondono sotto gli occhi di tutti>.

Proviamo a cercarli allora assieme questi indizi che avremmo dunque sotto gli occhi, se vi sono, e che conducano al vero colpevole dei fatti. E magari, anche dei misfatti.

Ci sono indizi, riguardo a perché la recessione Ue?

Pare proprio che vi siano, e pure più di uno. Di indizi.

Guardiamo intanto qui: tre nazioni in profonda recessione, Grecia, Spagna, Italia. E tutte e tre le nazioni Ue hanno prima sofferto una forte crisi, potenzialmente foriera finanche d’insolvenza, nella collocazione sul mercato del proprio debito sovrano.
E questo appare uno, di indizio eventuale. Ma non è il solo.

Tutte e tre le nazioni attualmente in profonda recessione sono state anche oggetto di aiuto Ue a recuperare il controllo del proprio debito sovrano.
Come dice anche la geometria? Per un punto passano infinite rette; ma per due punti passa una retta…e una retta soltanto.

Tuttavia, se non sembrano esserci grandi dubbi che tutte e tre le nazioni membri comunitari abbiano attraversato una loro grave, o gravissima crisi di collocabilità del debito sovrano, è altrettanto certo che tutte e tre siano state aiutate finanziariamente dalla Ue?

Sulla Grecia non appare esserci dubbio, risultando di pubblico dominio la seppur malagrazia quantomeno temporale dell’aiuto finanziario comunitario.

Per Spagna ed Italia, la questione appare più complessa.

Interpellati, infatti, i rispettivi governi – incluso il nostro - certo risponderebbero: mai chiesti aiuti e mai ricevuti sostegni finanziari della Ue. Ma siamo certi, che sia questo il vero?
E gli acquisti massicci di debito sovrano spagnolo ed italiano, fatti largamente dalla Bce nella seconda metà del 2011 sino all’inizio del 2012, che cosa sarebbero? Se non intervento finanziario della stessa Ue a favore del debito sovrano di Italia e Spagna?

Dunque allora pare che un primo punto lo possiamo già segnare: sono andate in profonda recessione tutte le nazioni Ue che hanno avuto una grave crisi nella collocabilità del proprio debito sovrano sul mercato.

E poi, mettiamo il secondo punto così come ci emerge: sono in profonda recessione tutte le nazioni Ue che hanno ricevuto aiuto diretto finanziario comunitario.

Tiriamo ora una linea, l’unica che ci passi per entrambi i punti, e proviamo a vedere cosa vi risulti scritto, stante i punti attraversati?
Vanno in profonda recessione tutte le nazioni comunitarie aiutate finanziariamente dalla Ue.
Che leggendolo allo specchio, pare poter dire che equivale: 
la Ue manda in profonda recessione intenzionale tutte le nazioni membro che aiuta finanziariamente a gestire il loro debito sovrano uscito altrimenti di loro controllo.

E va be, ma perché?

Apparentemente, risulta un controsenso infatti. Tutti sanno che se entri in Recessione grave ti peggiorano già di per sé i conti; ti si impennano i rapporti debito pil già di per sé malmessi; e s’impenna lo stesso debito pubblico di Stato. E allora, sono tutti fessi quelli della Ue? Non pare proprio. Ci deve essere per forza una qualche altra serissima ragione per veder imporre ovunque, a chi passi per la <infermeria> Ue, un apparente così plateale non senso.
Stai male, Stato membro Ue?
Vuoi una aspirina della Ue?
Bene, vai in Recessione grave per degli anni e affare fatto….
Ma il senso, di tutto questo, dove è?

Perché il senso, c’è sempre, in ambito Ue, specialmente se si parli di soldi.

Facciamo allora una congettura, perché i dati certi ci mancano. Ma la facciamo a lume di mero buon senso, e non è detto che si sbagli necessariamente. Incoraggiati in questo anche dal vecchio codice Civile che agli amministratori anche di grandi gruppi aziendali prescriveva al fine di non aver guai neanche con la Legge di utilizzare il <buon senso del padre di famiglia> anche su grandi scelte.
Del resto, stiamo solo riflettendo assieme, senza nessuna pretesa di mono pensiero eventuale.

Ed ecco da questa riflessione condivisa cosa appare emergere.

In tanti, anche qui da noi in Italia, lamentano che mancherebbe all’euro una Banca Centrale che faccia da prestatore di ultima istanza agli Stati membri, stampando, se del caso, carta moneta alla bisogna. Li sentiamo, vero: così fan tutti gli Stati dotati di propria moneta sovrana.
La banca centrale stampa, ricompra essa debito con quella nuova carta, e via che si continua come che fosse niente… anche noi facevamo spesso così, quando avevamo la lira…
Invece la Ue, non avendo una Banca centrale stampatrice di ultima istanza, lascerebbe indifesi i debiti nazionali dei singoli Stati euro….

La Banca centrale Europea dunque non stamperebbe carta moneta per fronteggiare emergenze dei debiti nazionali degli Stati Euro. Strano.

E, la Bce, sia che faccia i prestiti monstre alle banche euro di mille miliardi per consentire loro di acquistare debito pubblico nazionale (e non una sola volta) come all’inizio del 2012, sia che faccia acquisti diretti sul mercato del debito in scadenza spagnolo ed italiano, come nel 2011, quali denari usa?
Apre il forziere e prende, toh!, 1000 miliardi che teneva da parte per le piccole spese impreviste nel futuro? Cerca nel borsellino per riempirsi di debito spagnolo ed italiano altrimenti in affanno?

Non sembra proprio che sia questo il caso. La Ue, per mettere assieme 600 miliardi del cosiddetto fondo “salva stati” tramite denaro vero conferito dagli stessi Stati membri, ci lavora da un biennio ed ancora non è del tutto pronta ad usarlo; figurarsi se teneva fermi alla Bce caldi caldi quasi 2000 miliardi spicci.
No, la nostra Bce, a lume di profano, ha stampato una valanga di euro per le banche euro; e una valanghina per il debito spagnolo ed italiano. Pare proprio sia così. E senza neanche disturbare l’inchiostro: un ordine al computer e parte una stampa di denaro immateriale virtuale. Che si diffonde ancora per via telematica nel sistema finanziario comunitario.
E se così fosse, come accade agli Stati battenti moneta e trovatisi a farlo in grande affanno, la conseguenza dovrebbe essere un crollo corrispondente del valore monetario interessato.

Ed invece guarda un po’ cosa accade contemporaneamente alla moneta Euro: la Bce risulta aver immesso moneta virtuale a dosi industriali, Stati membri non proprio del tutto secondari come Italia e Spagna vanno a raggiungere la Grecia in recessione profonda, e che fa la moneta Euro? sprizza salute da tutti i pori. Cioè. Si rivaluta finanche.
Come si poteva leggere proprio in questi giorni sul Corriere della Sera riguardo ad una rivalutazione attuale dell’euro risultata di circa il 10%.
Agli Usa non pare accadere mica questo- Stampano ufficialmente dollari per sostenere il debito nazionale altrimenti a rischio, e il dollaro, in diretta conseguenza…si deprezza.
Stampi moneta Euro, e l’euro si apprezza; stampi dollari Usa e il dollaro deprezza. Strano, e dove starebbe il senso di questi così contrastanti accadimenti?

E tanto per completare il quadro apparentemente alieno, eccoti l’Italia che mostra proprio in questo momento un <medagliere> attuale da far apparire virtuoso nel confronto persino il disastroso governo precedente a quello ancora in carica al momento: 
recessione a -2,5% circa di Pil, disoccupazione oltre 11% e che aumenta indisturbata, disoccupazione giovanile da allarme rosso, disoccupazione donna da sottosviluppo, debito pubblico in crescita incessante che in valori assoluti ha proprio ora oltrepassato i 2000 miliardi e non mostra minimamente di fermarsi tendendo già a 2100, debito  oltre 126% del PIL.
Leggi, e ti aspetti, rammentando quello che veniva già inflitto al governo precedente anche per molto meno, la Ue dare in escandescenze da ultimatum all’Italia.


E invece, cosa dice la Ue di questa Caporetto economico-finanziaria dell’Italia attuale comunitaria: bravi, che quasi ci siete; dovete solo migliorare ancora un po’ proprio come fate adesso, ma quasi ci siamo…bene e bravi…
Non cambiate niente che se no andiamo male.
Ce lo ricordiamo, vero, il tormentone al governo precedente per la soppressione delle Provincie mentre il governo di allora faceva tira e molla anche con l’abolizione? Ebbene, il governo ancora in carica si perde la intera legge di abolizione per strada, e nessuno in sede Ue obietta alcunché. Anzi, visto lo stato comatoso della economia italiana nel suo insieme, che fa lo spread che saliva sempre? Si appiattiste, come una soglioletta, festeggiando evidentemente quota 2000miliardi che sul suo andamento il debito in valore assoluto non ci incide niente evidentemente.

Scorgereste un minimo di senso comune in tutto questo? Scommetto che non lo vedete di sicuro. A meno che…

A meno che non sia proprio la Recessione indotta, la richiesta vera perentoria della Ue.

Nel senso, poniamo il caso, sia la Recessione indotta il ripiano allo stampaggio virtuale di moneta Ue: la Banca centrale stampa, e i governi locali beneficiati svalutano il loro euro interno tramite la recessione indotta volontariamente. In tal caso, il piatto si bilancerebbe e la moneta tiene finanche in piena salute.

Ma con l’euro non si svaluta più a livello di nazioni membro Ue: penosa bugia a beneficio di noi poveri esseri senza potere. L’euro interno, alle singole nazioni Ue, si svaluta eccome. Resta fisso quello Comunitario ufficiale, salvo le sue proprie oscillazioni di cambi. Ma l’euro interno delle nazioni Ue si può svalutare eccome.
In che modo? Nel combinato disposto della Recessione ed inflazione che fedele la segue. In Italia risulta infatti che è avvenuto e sta avvenendo di nuovo proprio questo.


Ma dopo queste sempre opinabili impressioni qui sopra esposte, possiamo adesso andarci a leggere le note di Federico Fubini pubblicate il 18 gennaio di quest’anno sul Corriere della Sera in un articolo dal titolo:

il passo indietro della competitività
Taglio dei costi, Madrid batte Roma
Dopo il crac del 2008, la <<svalutazione interna>>. Che ora aiuta.

Propongo pertanto di leggerci assieme questo inserto tratto dall’articolo, riportato senza commenti al suo interno per consentirne di riceverne appieno e senza interferenza l’intero effetto:

<< (…) Prima della crisi, per anni Jean-Claude Trichet, allora presidente della Bce, ha presentato ai ministri europei un grafico che riassumeva le cause di ciò che stava per accadere. Trichet faceva notare che i vari Paesi dell’euro ballavano fuori tempo. Alcuni diventavano sempre più produttivi e capaci di presidiare i mercati esteri imponendovi le loro condizioni di prezzo; altri perdevano sempre più quote di mercato o le difendevano solo a colpi di sconti sui loro prodotti, mantenendo salari deboli e dal potere d’acquisto declinante.
E il caso dell’Italia o della Spagna. Dall’inizio dell’unione monetaria, entrambe stavano perdendo qualcosa come il 30% di competitività sulla Germania e il 20% sulla Francia o la media europea.
La produttività a Sud e a Nord viaggiava a velocità diverse: il Sud (con l’aggiunta dell’Irlanda) era in deficit negli scambi con il resto del mondo e teneva il passo della crescita solo indebitandosi e riciclando così il risparmio prodotto dai surplus commerciali del Nord.
(…)
Il grafico in questa pagina, elaborato da Fabio Fois di Barclays, fotografa quello che gli addetti ai lavori chiamano il <<tasso di cambio effettivo>> dei vari Paesi, corretto in base al costo unitario del lavoro; è una misura-chiave della produttività e della competitività, ossia di quanto di fatto i vari Paesi hanno svalutato (o meno) pur restando nell’euro.
Quando la linea di un andamento scende significa che un’economia ha svalutato, ma quando sale è la spia di una perdita di terreno.
Come si vede l’Italia è rimasta sola nel continuare a perdere competitività dopo l’esplodere della crisi. Sull’Irlanda ha perso circa il 50%, sulla Spagna il 20%, sulla Germania un altro 10% dopo il 30% accumulato nel primo decennio dell’euro.

Significa che in teoria l’Italia dovrebbe svalutare di altrettanto se volesse recuperare di colpo la  competitività persa dall’inizio della crisi. (…)>>

Bel pezzo, vero, questo di Federico Fubini; ma soprattutto apparso estremamente illuminante. Perché intanto è di conforto a quanti hanno sempre ritenuto una penosa balla che l’euro interno italiano non avrebbe svalutato mai. Balla che si ripropone incessantemente, peraltro, ancora adesso senza un minimo pudore né ritegno: fortuna che siamo entrati in euro, altrimenti chissà cosa mai sarebbe accaduto alla povera lira costretta di certo a svalutarsi pesantemente in questi anni.

Cosa sarebbe accaduto altrimenti? Intanto che forse ci saremmo risparmiati le tante sfrontate balle che un manipolo variopinto italiano ha profuso a piene mani davanti al naso di italiani pesantemente svalutati e non una sola volta.
E svalutati sempre nella capacità di spesa interna, non nell’euro finanziario intercomunitario. Per cui, la finanza si incrementa, ed il Paese si impoverisce. Ci calza come un guanto alla storia italiana recente?


Ma concediamo anche che la Recessione non fosse imposta agli Stati comunitari aiutati, in cambio dello stampaggio monetario Ue a loro sostegno. Poniamo che ci fossimo sbagliati. Poniamo pure.

Leggendo Fubini, e gli indicatori Barclays che l’articolista ci richiama, possiamo tranquillamente concludere che la recessione diviene inevitabile comunque in quegli Stati Ue finiti a vivere di debito crescente senza propria capacità concorrenziale sul mercato globale.
Perché con la Recessione indotta, quei medesimi Paesi in pratica svalutano l’euro loro interno. (E quindi mantengono invariato, anzi apprezzano finanche l’Euro intercomunitario). Ed in questo modo anche se socialmente reazionario quanto iniquo, recuperano seppur provvisoriamente concorrenza sui mercati esterni. Provvisoriamente; infatti vediamo bene che noi Italia in questi venti anni di inerzia, e di dominio dei parassiti nazionali, ci siamo mangiati l’intero vantaggio concorrenziale conseguito con la brutale pesantissima svalutazione contemporanea al nostro ingresso in euro. Vogliamo concludere che, se non sia zuppa, è…pan bagnato? Cioè, nei fatti, la medesima cosa ed il medesimo risultato?

E quando appare che uno Stato Ue si trova a non aver più scampo; e debba inesorabilmente svalutare il proprio euro interno – via recessione indotta - volente o non volente?

Sembra potersi ritenere che accada quando a quei medesimi Stati comunitari – come a noi Italia nel recentissimo nostro passato è accaduto - sfugge di mano la gestione autonoma del proprio debito sovrano; e nel momento in cui per sopravvivere debbono fare conto su aiuti finanziari Ue, diretti od indiretti cambia poco. In quel medesimo momento non pare ci sia scampo alla attuazione della cura inesorabile prescritta: non vuoi riformarti entro un compatibile sviluppo equo intra comunitario? Allora <coma indotto> obbligato, come terapia. Alias, RECESSIONE volontaria indotta. Il resto appaiono chiacchiere soltanto.

Ma se questa appare la cura inesorabile, se questa appare la terapia d’urto di ultima istanza Ue verso i propri Stati membri finiti a un passo dalla conclamata insolvenza nel proprio debito sovrano, allora molto di certo cambia anche nella lettura degli ultimi accadimenti nazionali nostri italiani interni.

Se infatti si era addivenuti, come pare proprio si era addivenuti, alla sostanziale perdita di ogni controllo nazionale sul nostro debito sovrano; se si era già entrati nel sostegno esterno finanziario Ue con cedimento automatico della sovranità nazionale conseguente, allora si capisce anche altro
Forse si capisce meglio, ad esempio, perché un governo in quel momento ancora pienamente in carica abbia fatto un grazioso inchino e si sia defilato cedendo il passo ad altri volontariamente; forse si capisce meglio come un possibile vincitore di elezioni anticipate abbia allora – nel 2011 - ringraziato e rinunciato. Cedendo, entrambi, il passo al Commissario Ue dissimulato.
E certo che diviene comprensibile che si siano scansati l’uno come anche l’altro: se avevano già contratto l’obbligo, per gli aiuti concreti già incassati, di innescare una RECESSIONE volontaria interna nazionale di ringraziamento. Come accade infatti in un notissima  storiella dopo che si è visto che tipo di randello ti aspetta dietro l’angolo? Vada avanti lei, no..vada pure lei, che… io sono impegnato…
Il randello pare si possa ormai dire fosse l’obbligo già contratto di svalutare l’euro interno italiano tramite l’accensione volontaria di una pesante recessione. E a tanto <onore>, pare infatti che tutti si siano scansati.
Non si può evitare di vedere che il primo ministro spagnolo appare avere avuto ben più coraggio, oltre che molta più dignità di Stato: ha preso la sua croce Ue sopra le spalle e si è avviato. Senza Cireneo delegato…

Questo potrebbe essere il possibile nostro passato, anche se tanto ravvicinato che ancora vi siamo tutti noi dentro.

Ma se il futuro che ci attende, in mancanza di pieno corale impegno nel riformare in modo equo e condiviso una nazione intera per farla ritornare prospera e competitiva, dovesse essere quello che ci anticipa Fubini stesso sul Corriere : < Sull’Irlanda ha perso circa il 50%, sulla Spagna il 20%, sulla Germania un altro 10% dopo il 30% accumulato nel primo decennio dell’euro.
Significa che in teoria l’Italia dovrebbe svalutare di altrettanto se volesse recuperare di colpo la  competitività persa dall’inizio della crisi.>> 
allora possiamo dire che, in tale malaugurato caso, i nostri guai nazionali economici e sociali non sarebbero affatto finiti. Ma, appena, solo cominciati.
E vicende di simile portata e incidenza su un intero destino collettivo nazionale, possono rimanere assenti dai temi cruciali di una campagna elettorale?

Ma si, godiamoci (si fa per dire) questa imminente campagna elettorale, probabilmente di smemorati e di bugiardi variegati che si guardano bene da mostrare cosa ci possa attendere se niente cambi.
Godiamocela, poiché, comunque vada, che si cambi nella condivisione equa, o si continui nella rendita spietata dominante, probabilmente questa che si annuncia risulterà l’ultima campagna elettorale italiana con voti ancora acquistati a ….Debito. Pubblico.

Fubini concludeva infatti a questo modo il suo articolo nel Corriere della Sera e che è già stato sopra richiamato:
<<(…) L’alternativa è che l’inevitabile <<svalutazione interna>> sia imposta di fatto dall’aumento costante della disoccupazione, che porta i lavoratori a accettare salari molto bassi pur di mantenere il posto.(…)>>

Quel che resta della grande industria e finanza nazionale, pare avere già fatto la sua scelta: nuova pesante svalutazione interna dei redditi fissi e dei salari per recuperare sulla pelle degli altri almeno un altro decennio di competitività dei prodotti italiani anche senza dover cambiare niente e senza dover investire niente. 
Un altro decennio di rendita parassita, con il salario medio interno che si chiamerà ancora 1000 euro; ma ne varrà, in potere d’acquisto vero 650/700. Di euro.
E se i salari non vorranno arretrare per poter comunque mangiare, in assenza momentanea di immigrati che non migrano di certo dove chiudono le aziende, ci penserà, al posto loro, la disoccupazione dilagante.  Per inciso, avete mai letto Furore di Steinbech? Provate a farlo, almeno nella parte in cui descrive la spietata lotta per il pane col contendersi i brandelli di lavoro, anche sotto salariato durante la recessione americana del 29. Quando si ha fame, si prende ovunque tutto, anche le briciole se ti fanno sopravvivere…

Tutto normale, allora? Visto che è già successo che questa fosse la scelta entrando noi Italia dalla Lira in Euro? Infatti anche allora, invece di iniziare a riformare, abbiamo falciato i redditi fissi e da lavoro con una pesantissima svalutazione dell’euro nostro interno.

Non proprio tutto uguale appare, a dire il vero, tra la prima scommessa reazionaria ormai attuata e la reiterata identica scommessa attuale che viene riproposta. 
Allora, infatti, l’Economia e la Finanza nazionale si lasciò gestire dalla intermediazione politica superstite a Tangentopoli. Oggi, la novità appare evidente: vogliono fare da soli, anche nella gestione costituzionale dello Stato. Basta supplenti.
A marzo, come dicevano anche a Cesare….pare occorrerà stare molto attenti perché la corsa nazionale italiano al debito illimitato c’è da temere si sia fermata per sempre.

Comunque vada, a chi non possiede in Italia grandi capitali, non rimarranno molte <tane> protette dove rifugiarsi. Se niente cambierà, c’è da temere, che vedremo anche in Italia anziani veri, e finti anziani, tornare a contendersi brandelli di lavoro per sopravvivenza; anche in Italia vedremo aree di lavoro sino ad ora ritenutesi protette, vedersi scardinate come scatolette di sardine; e vedremo aree di tanti esentati inseguiti sin sulle scale per estorcere comunque la quota rispettiva di salasso fiscale prima sperato esente.



E sarà forse bene cominciare anche a lasciar perdere che sia tutta colpa Ue. Tanto per dire. Perché alla Ue almeno pare che qualcosa dobbiamo: se non ci fosse stata la Ue, pur con tutte le sue esigenze di rilancio e di democrazia elettiva interna di cui pure abbisogna, le scelte economico sociali vere emerse nella nostra sfatta economia italiana ci avrebbero forse persino regalato anche il Fascismo vero come compagnia. 


p.s.
l'immagine di apertura del post è tratta da www.wikipedia.org  - si ringrazia


p.s.
Comin

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