lunedì 8 ottobre 2012

IL VERO PROBLEMA E' ENERGETICO

foto di Philips Jones Griffith

Mentre dibattiamo sull'opportunità di restare in area euro, o chi presiederà il prossimo governo, o come riusciremo a pagare il nostro debito pubblico e quello privato nella congiuntura di dismissione industriale in atto aggressivamente in tutta l'Europa, poco si dibatte di quello che è il principale problema generativo della attuale situazione di instabilità, politica economica produttiva e sociale, con i risvolti che adesso tutti stiamo soltanto assaggiando.


Il dibattito italiano ed europeo si sta concentrando su false questioni. Il problema non è se l'euro si è rivelato per l'Italia una moneta che ha compresso la nostra capacità competitiva nel mercato globale, ne tempi passati assicurata attraverso svalutazioni monetarie o iperinflazioni. Nè, come oggi avviene, concentrandosi sui costi del lavoro tutti centrati sui livelli salariali che andrebbero invece rivisti al ribasso, un po' come accaduto in Grecia Portogallo Irlanda e in fase di avvio in Spagna. Non sarà il ridimensionamento salariale (che oltretutto potrebbe rivelarsi un boomerang dal punto di vista delle entrate fiscali senza un allargamento della base imponibile), nè potrà esserlo il massiccio ridimensionamento della spesa sociale (che allo stato attuale, e senza un progetto di riforma serio del sistema di welfare che privilegi forme solidaristiche auto-organizzate, di mutuo-aiuto e di welfare di prossimità, potrebbero rivelarsi produttrici di problemi di ordine pubblico).

La questione centrale è energetica. Il progresso che abbiamo conosciuto in così breve tempo è stato determinato dalla massiccia ed a basso costo disponibilità di energia, in gran parte proveniente dalle fonti fossili e non rinnovabili.

Leonardo Maugeri, un economista che lavora per l'ENI dal 1994, in questo articolo, Another Century of Oil, sostiene che la tecnologia in nostro possesso ci permetterà di scoprire nuovi e ricchi giacimenti di petrolio e di gas così da consentirci almeno un altro secolo di prosperità prima del cosiddetto picco del petrolio. Naturalmente l'articolo in questione è stato oggetto di critiche (cliccando qui ne potete leggere una), ma certamente ne avrà collezionate molte altre.

Inoltre vanno diffondendosi tecniche estrattive (vedi la scisti, il fracking e le utilizzo delle sabbie piene di greggio) che richiedono investimenti notevoli e procurano danni ambientali ancor più gravi di quelle che già le tecniche estrattive classiche hanno procurato e continuano a procurare. Anche in termini di archeologia industriale che viene abbandonata in quei territori!









La comparsa, inoltre, di nuovi acquirenti di fonti fossili (vedi Cina e India) ha reso ancor più urgente e problematica la politica di approvvigionamento energetico. A fronte della eccessiva domanda energetica esistente adesso proveniente anche dai Paesi come la Cina e l'India, regioni mondiali di nuova industrializzazione, una risposta proviene dal massiccio riutilizzo del carbone (storicamente abbandonato per via degli eccessivi costi umani sanitari e di inquinamento ambientale). Nel grafico di sopra è possibile vedere quanto è aumentato il consumo di carbone in Cina, in gran parte proveniente dalle miniere esistenti nel proprio territorio e in parte dalle aggressive politiche delle compagnie petrolifere ed estrattive cinesi nel mondo, che oggi sono le maggiori e più potenti soppiantando quelle statunitensi.


La Cina, inoltre, sta sviluppando sempre di più le politiche di accordo commerciale industriale ed energetico con la Russia e i paesi ex sovietici per garantirsi l'approvvigionamento energetico sufficiente per il funzionamento delle sue industrie e di quella, ancora piccola, parte di popolazione che comincia nelle metropoli cinesi ad utilizzare l'energia nelle quantità che noi già conosciamo e sperimentiamo. 

Sopra potete vedere un gasdotto in fase di costruzione diretto verso la Cina (mentre i nostri progetti di gasdotti diretti verso l'Europa sono in fase di stallo, come è stato possibile leggere negli scritti di Pietro Acquistapace su questo blog così come più approfonditamente sul suo, Frafalle e Trincee, elencato nel blogroll di N.O.I..
Quello che segue, invece, è la mappa delle zone di estrazione e di ricerca della Cina, sul proprio territorio nazionale, di petrolio e gas. La fonte è la PetroChina.


La Cina sta anche investendo massicciamente nella ricerca e nelle estrazioni petrolifere in mare. Infatti pochi scrivono che il 60% della flotta USA è in stazza attualmente nei mari adiacenti quelli cinesi, e che spesso ci sono alcune scaramucce fra le navi USA e quelle cinesi. Sui siti di politica e strategia internazionale potete però trovarne facilmente notizia.
Sotto una mappa delle principali estrazioni cinesi in mare






C'è chi sostiene che una risposta, che l'Italia ed il suo popolo con 2 referendum ha imprudentemente abbandonato, sarebbe quella della energia nucleare. Si trovano nel web ed altri blog (che leggiamo in maniera sistematica nel nostro blogroll) esercizi contabili non approfonditi ma indicativi sul confronto dei costi fra energia nucleare e fonti rinnovabili. Uno di questi, che potete leggere cliccando qui, mette a confronto il costo di 1 MegaWatt prodotto da energia nucleare con il costo di 1 MegaWatt prodotto dall'eolico. Naturalmente il costo di produzione da fonte nucleare è inferiore, ma nei computi dei costi non vengono sommati i notevoli costi di esercizio e di manutenzione necessari per le centrali nucleari, come la stessa autrice alla fine del post dichiara.

Poi, le riserve minerarie di uranio sono molto scarse, concentrate in aree oggetto di conflitti e guerre, e se dovessero sostituire il fabbisogno mondiale di energia attuale le riserve andrebbe rapidamente esaurite... senza riflettere sul notevole impatto ambientale che procurano le miniere di uranio (per estrarne i pochissimi quantitativi necessari c'è bisogno di smuovere migliaia di tonnellate di roccia) e il conseguente aumento dei prezzi.
Nel grafico di sotto è possibile vedere la produzione mondiale di energia nucleare per i principali Paesi produttori, prodotta dall BP nel 2012 dai suoi uffici statistici. Nella didascalia la FSU è la ex Unione Sovietica.



Invece, e qui ci avviamo a concludere, una delle argomentazioni che si sta sempre più affacciando nel dibattito sul picco del petrolio e la crisi energetica mondiale è quello della sostenibilità demografica. Siamo in troppi per produrre, senza la massiccia ed a basso costo disponibilità energetica passata ed attuale, alimenti sufficienti per sfamare tutta la popolazione mondiale. 
La tabella che segue mostra interessanti dati di correlazione fra crescita demografica, produttiva e disponibilità di energia. E' tratta sulla base di McEvedy & Jones, "Atlante della storia del mondo Popolazione", 1978; crescita della popolazione in seguito a quella del PIL sulla base di stime di Angus Madison; stime di crescita di energia sono basate su stime di Vaclav Smil a transizioni energetiche : Requisiti di storia, e prospettive, regolate da recenti informazioni inviate dalla BP del 2012 Statistical Review of World Energy.



Questo grafico che segue, invece, è velocemente indicativo di quanta energia procapite disponiamo ed utilizziamo... considerando che la distribuzione è molto iniqua. La fonte è sempre la British Petrolum




E il grafico che segue mostra la stretta correlazione fra questa massiccia disponibilità energetica a basso costo e la crescita demografica, seppur c'è da aggiungere che negli ultimi tempi ci sono stati notevoli progressi della medicina per un verso (abbattimento delle malattie virali, per esempio), ma soprattutto  sono migliorate le condizioni igieniche ed alimentari, che sono le principali cause di innalzamento della prospettiva di vita nel mondo. Pensiamo solo che appena 60-70 anni fa in Italia la prospettiva di vita media era sui 35-40 (a fronte del doppio di oggi, e per i nuovi nati si prospetta essere più alta), e che per esempio in pianura padana una delle principali cause di morte era la pellagra per la cattiva alimentazione mono-ingrediente derivante dalla profonda povertà di quei territori, soprattutto orientali (Veneto ed Emilia).



Nel video documentario che segue, invece, tutta una serie di questioni qui affrontate in questo post vengono meglio ridiscusse, con una proposta finale che per un verso fa riferimento ad un più massiccio sviluppo delle fonti rinnovabili (in mix con le attuali fonti fossili), il ruolo degli Stati per il massiccio finanziamento necessario per la ricerca scientifica e tecnologica di nuove fonti di energia (vedi E-Cat dell'ing Rossi o l'utilizzo di idrogeno o la sua trasformazione in metano per il più facile stoccaggio o lo sviluppo di tecnologie di accumulo energetico per via della intermittenza della produzione da fonti rinnovabili) ed il risparmio energetico derivante in primo luogo dal nostro più efficiente utilizzo dell'energia e in secondo luogo dal miglioramento tecnologico e produttivo (con i risvolti organizzativi che questo implica e per la produzione di merci con distinte base meno articolate rispetto a quelle attuali, vedi ad esempio il concept della Citroen per l'auto chiamata Cactus, che utilizza materiali per il 90% totalmente riutilizzabili e con una distinta base di appena 200 articoli, rispetto alle migliaia attuali delle auto che guidiamo)






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