martedì 31 dicembre 2013

La fine di un modello e le resistenze al cambiamento: il caso della "Tempesta Perfetta" sulla produzione di energia da fonti rinnovabili


Secondo un rapporto della banca d'investimenti UBS sulle società finanziarie e le imprese di produzione di energia da fonti rinnovabili sta per abbattersi quella che è stata chiamata la "tempesta perfetta".


In estrema sintesi, il modello di affari fin qui avviato ed i relativi costi non sarebbero più sostenibili. Almeno con questo attuale modello centralizzato di produzione e distribuzione dell'energia prodotta dalle diverse fonti di produzione di energia rinnovabile e dai sistemi di stoccaggio della stessa.

Ad esempio, il costo dei moduli fotovoltaici è diminuito dell'80% dal 2008 al 2012, e la tendenza non si è invertita per tutto il 2013. Se a questo aggiungiamo un modello di diffusione ed installazione degli impianti di produzione di energia rinnovabile come quello promosso dalla SolarCity, centrato sulla capillare e massiccia diffusione  on-site della produzione e consumo di energia rinnovabile, capite che tutte la maggiori utilities finanziarie di produzione e stoccaggio di energia rinnovabile hanno costi di mantenimento maggiori rispetto alla forma sopra citata che invece si sta rivelando la più sostenibile ed vantaggiosa sul piano economico, non solo per coloro che installano gli impianti fotovoltaici sui loro tetti (dato che con la formula SolarCity non pagano nulla dell'impianto ma s'impegnano solo ad acquistare l'energia prodotta dall'impianto) ma anche per gli stessi investitori, che attraverso la distribuzione localizzata dell'energia prodotta non devono affrontare grandi spese di gestione degli impianti di produzione e distribuzione, cosa che invece accade ai grossi impianti centralizzati. Negli USA infatti, a partire dal 2011, i 3/4 delle  utilities energetiche avevano un rating BBB. E la tendenza è andata consolidandosi, a dimostrazione che la credibilità della tenuta finanziaria del settore attuale è insufficiente.

Se a tutto questo ci aggiungiamo il fatto certo che, per diversi motivi il cui principale è la crisi industriale che sta attraversando tutto l'Occidente, il fabbisogno di energia è in stallo se non proprio in diminuzione.
Certo, i grandi impianti installati durante i periodi di incentivazione dei Conti Energia oggi certamente hanno dei vantaggi competitivi. Ma se consideriamo che questi impianti spesso sono staccati dalla rete per la sovraproduzione energetica che la rete distributiva centralizzata non è nelle condizioni di sostenere, che molto spesso sono impianti installati con prodotti di scarsissima qualità, le cui  aziende produttrici anche cinesi sono già fallite e alle quali è impossibile rivolgersi per reclamare le garanzie sul prodotto, e che allo stato attuale presentano delle problematiche di manutenzione e reintegrazione delle difettosità che hanno di molto, in alcuni casi, fatto sballare i piani di rientro degli investimenti finanziari e la previsione dei costi di mantenimento. Poi ci sono i casi limite di società di utilities fallite che non hanno più pagato nei i fornitori ne tanto meno i locatori dei terreni cui questi impianti sono stati installati, con danni economici non indifferenti. In questo blog ve ne abbiamo dato informazione, vi basta consultare le stesse etichette.

Insomma, le politiche energetiche finora implementate e le relative politiche industriali di incentivazione delle stesse hanno miseramente fallito (la profondissima crisi del settore sta tutta a dimostrarla!). Un modello è completamente saltato e ha dimostrato tutta la sua inefficienza (almeno per i molti e non per i pochissimi che ne hanno profittato a spese dei primi). Infatti sta prendendo piede la consapevolezza che da questo modello di distribuzione energetica è necessario uscire, per favorire un modello locale e decentralizzato di generazione e distribuzione energetica (che è un salto oltretutto anche industriale ed economico generale). Questo preoccupato articolo de The Economist, relativo ai costi e ai prezzi energetici della Germania, sta a raccontarlo. E queste stesse problematiche di sovraproduzione e di inefficienza della rete non sono solo di pertinenza della Germania, ma anche dell'Italia e in particolar modo anche più gravi data la nostra fase di deindustrializzazione e di decrescita indotta ed incontrollata da un personale dirigenziale che mostra tutta la sua incompetenza ed incapacità a traghettare l'Italia e l'Europa fuori dalla palude cui si è cacciata per favorire piccole fameliche e inefficienti lobby economico-finanziarie europee ed internazionali. Le stesse che, per questioni di mera ed esclusiva sopravvivenza stanno impedendo che il sistema si modifichi verso forme più sostenibili sul piano economico e infrastrutturale, dato che sanno perfettamente che la distribuzione diffusa di energia segnerebbe la loro fine anche... semantica.


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