domenica 15 settembre 2013

La questione dell'ILVA, la magistratura e le prassi politiche nelle intenzioni di Panebianco

L'ANGELO DELLA MORTE ALLE PORTE DEL PURGATORIO - Ernst Fuchs - 1956


Qui adesso voglio solo sottolineare alcuni particolari passaggi di quanto scrive De Michele, per sottoporli anche alla Vostra valutazione, dato che se così stanno le cose, la magistratura ha solo ratificato (o giustificato) il futuro prossimo dell'ILVA: l'inevitabile chiusura

Così scrivevo nell'ultimo post dedicato all'ILVA, Il destino (di)segnato dell'ILVA
Ed oggi Angelo Panebianco ci ritorna sulla questione dell'ILVA con alcune sconclusionate argomentazioni di carattere più ideologico che prammatico, toccando liricità sconsolate e piagnucolanti tipiche dei vetero-progressisti tanto care alle posizioni politiciste di matrice positivistica, che fino ad adesso hanno contraddistinto il dibattito politico e la stessa prassi politica. Panebianco si spinge fino a chiedere, come Lui in Persona, che la Legge sia ai piedi della originarietà dell'inversione, del rivolgimento, del rovesciamento.

Anche Panebianco invoca applicazione della Crisi della Legge.



Scive il professore di Scienze Politiche:
Due sono gli aspetti di questa vicenda che, anche al di là del caso Ilva, fanno temere che il declino economico del Paese sia inarrestabile. Il primo riguarda l'esondazione del diritto penale. Il diritto penale è, fra tutte le forme del diritto, la più primitiva e barbarica: precede storicamente le forme più sofisticate (il diritto civile, amministrativo ecc.) che la civiltà ha via via inventato. Per questo, dovrebbe, idealmente, essere attivato solo in casi estremi, dovrebbe avere un ruolo circoscritto.

Circoscritto!?  A chi? Per cosa? Per quali reati? Quale sovrana eccezionalità deve e può derogare alla legge?

Panebianco appare preoccupato, seriamente preoccupato, se continua scrivendo:
quando il diritto penale (come nel caso dell'Ilva e come avviene ogni giorno in ogni aspetto della vita del Paese) diventa il mezzo dominante di regolazione dei rapporti sociali, allora ciò che chiamiamo civiltà moderna è a rischio estinzione.
Messa così hanno anche il loro effetto letterario queste parole, se non fosse che l'esercizio della corruzione, della disapplicazione normativa, della diffusa percezione che alla legge è possibile derogare anche solo per mero capriccio volontario, sono là tutte queste cose ed altre a giustificare un'esercizio della magistratura così pervadente. Se nella sola Roma ci sono tanti avvocati quanti in tutta la Germania è evidente che la iper-normativizzazione delle relazioni sociali consente che la prassi contestata da Panebianco diventi la vittoriosa contestualizzazione dove la regolazione dei rapporti civili può trovare giustizia, fondando così quello strapotere così da più parti contestato alla magistratura. Non è la magistratura un organo dello stato che ha, in questo tempo trascorso, acquisito così grande potere per averlo sottratto alla politica, ma semmai è stato il subsistema politico che ha avviato la formazione di un sistema sociale, ormai consolidato, dove l'esercizio della giustizia può unicamente passare attraverso le aule dei tribunali. Questo perchè ha consentito ai potenti e alle lobby dei potenti di esercitare, nelle piattaforme giuridiche esistenti prodotte dai governi (soprattutto) e dai parlamenti dei nominati, l'esercizio della difesa che invece è ostacolata, nelle possibilità pratiche, alla stragrande maggioranza dei cittadini. E quando la magistratura assolve al ruolo di tutela dei diritti di cittadinanza si grida al complotto. Invece queste dinamiche appartengono proprio a sistemi (s)regolati prodotti dalla, scientemente, determinazione effettuale derivante dallo squilibrio fra i poteri dello Stato, affinchè all'interno di questi falsati equilibri i vantaggi dei potenti possano trovare, è vero, migliore regolazione!

Ma la chicca finale di Panebianco, con citazione (che non riporteremo) di altrettanta letteratura a sostegno della tesi della fine industriale dell'Italia, fa così:

Il secondo aspetto riguarda la diffusione di una particolare sindrome, un orientamento anti-industriale, travestito da ecologismo, che punta alla decrescita, alla de-industrializzazione, perché tratta l'industria in quanto tale come una minaccia per l'ambiente. Da utile mezzo per contrastare le esternalità negative (i costi collettivi prodotti dall'inquinamento) l'ecologismo è diventato un'arma ideologica al servizio della mobilitazione anti-industriale (...) 


con una toccata finale da schermidore alla magistratura, che non ha colpe se non quelle di essere affascinata e sedotta dalla chiacchiera ecologista:

Se non fossero stati sostenuti da questa diffusa sindrome anti-industriale, i magistrati di Taranto avrebbero forse attivato, come chiedeva il governo, percorsi dagli esiti meno distruttivi per l'industria italiana.


Ora, che la magistratura debba assolvere alle responsabilità politiche (alle prassi) come dai desiderata appena letti di Panebianco  è la prova di quanto sopra appena scritto sulle relazioni di potere fra i subsistemi statali che vedono scientemente lo Stato adombrato nelle sue funzioni affinchè meglio possano essere regolate le relazioni del potere e fra i poteri, di ogni tipo, non solo politico ma anche economico. 

Tutt'altra è la questione se di questa industria le nostre economie hanno ancora necessità, o se invece nel panorama globalistico dell'economia produttiva si renda necessario ripensare gli assetti economici e industriali. A Panebianco sfuggirà, vogliamo pensare, che la dismissione dell'industria chimica è stato un effetto della disapplicazione delle norme di sicurezza a standard europeo e nazionale che hanno favorito la delocalizzazione verso Paesi dove gli occhi a volte neanche ci sono. O gli sarà anche sfuggito che in Cina intere comunità locali hanno i loro territori completamente inquinati e protestano quotidianamente con i poteri statali per vedersi riconosciuto il loro diritto alla vita. Lo stesso diritto alla vita (degli altri) che esercitano i medici obiettori negli ospedali pubblici nei riguardi delle donne che han deciso di abortire, sovvertendo (!) al giuramento e alle funzioni sanitarie di garantire, sempre, assistenza sanitaria adeguata, anche verso quelle donne che han deciso di abortire e che è meglio lo facciano in sicurezza e non in qualche arraffazzonato studio medico perchè la propria scelta contrasta con quella del medico. Forse che lo stesso medico si impedisce di effettuare una trasfusione di sangue all'infermo che è Testimone di Geova perchè così prescrive la sua religione?

Ma ritornando alla questione del processo di deindustrializzazione italiana, imputare le colpe di questo disastro alla magistratura è eccessivo. Anzi, rivela un atteggiamento colpevolistico che ormai è divenuto tipico della cultura italiana dominate, nevrotizzata dai processi disidentitari messi in atto dalle agenzie culturali e dai processi educativi che hanno privilegiato atteggiamenti consumistici ed edonistici. 
Inoltre, non è scritto da nessuna parte, neanche nella Bibbia, che questa sia l'unica realtà industriale realizzabile. Nè che intere popolazioni locali debbano essere, per un qualche esoterico motivo, "dedicate" alla malattia e alla morte (le quali siamo consapevoli essere comunque inevitabili). Allo stato attuale, nel quadro della competizione globale e delle diverse norme esistenti sia sul piano fiscale che della sicurezza sul lavoro e dell'ambiente, i computi economici dei costi-benefici non giustificano gli investimenti, quelli che Panebianco invoca, altrimenti  Riva che lo stesso Stato li avrebbero effettuati. Se vi prendete la pazienza di rileggere o leggere il post Il destino (di)segnato dell'ILVA. credo capirete tanti perchè, oltre il solleticante esercizio retorico di Panebianco pubblicato in una domenica di attesa della pioggia, quando una passeggiata in città o fuori porta riesce difficile da programmare. 

P.S.
Anche la magistratura USA, che è di nomina politica per quanto riguarda questo Paese, va per vie ... penali. Ci sono sempre, anche fra i più liberali, le eccezioni illiberali, scriverebbe forse qualche opinionista de' noialtri

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