mercoledì 20 febbraio 2013

IL SILENZIO, nel dibattito elettorale, SU QUALE EUROPA VOGLIAMO


A pochi giorni dalla celebrazioni dei comizi elettorali, il dibattito è scivolato sempre più su argomentazioni dal carattere sterile ed ideologico. Il prossimo anno si celebreranno anche le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo, le cui funzioni sono state svilite e rese inefficaci a fronte invece dell'enorme potere della Commissione europea fatta di nominati e dei Consigli dei presidenti nazionali. Un'oligarchia, avulsa da qualsiasi impostazione giuridica liberale popolare e democratica, governa e decide le sorti (per nulla affatto magnifiche!), dell'Europa. 


Da parte nostra, nel post La nave dei Grulli, abbiamo provato a portare sul tavolo delle argomentazioni politiche il problema di quale capitalismo e quale Europa dei diritti i prossimi lustri vedranno il continente impegnato ad affrontare. In particolare nelle premesse iniziali e finali di quel post. E questo grido a inspessire il livello del dibattito politico lo abbiamo anche lanciato nel post Questioni sinistre: indicazioni di v(u)oto, e nelle preoccupazioni che vediamo affacciarsi nella attuale deriva europeista che abbiamo scritto nel post Il Medioevo contemporaneo europeo.

Ma evidentemente in tutti questi anni da paese della cuccagna, dove gli italiani sono, nella migliore delle ipotesi, stati educati ad divenire stupidi pinocchi e lucignoli egoisti ed individualisti, provare a innescare elementi di serio dibattito politico meno provinciale e autoreferente si sta dimostrando difficile, tanto che nelle progettualità che oggi vanno confrontandosi in questa campagna elettorale il tema del ruolo dell'Italia e dell'Europa nello scenario globalizzato dell'economia e della politica è del tutto assente. Il confronto avviene su questioni che veramente risultano molto spesso essere stucchevoli. Ultimo per tutti la questione del curriculum di Giannino, della quale francamente l'unica cosa certa che può dirsi è questa vicenda è un tutto dire di come in questo Paese la sostanzialità delle condizioni viene scambiata per il suo formalismo: siamo stati fino all'altro ieri governati da politici e classi dirigenti che hanno conseguito diplomi alla scuola elettra o alle università telematiche, o abilitazioni professionali conseguite in provincie "accomodanti", ed oggi salta fuori che un uomo che si candida ad avere un ruolo di primo piano nel panorama politico nazionale, e che ha ricoperto incarichi di notevole prestigio presso il sindacato padronale che più di chiunque altro avrebbe dovuto meglio verificare le corrispondenze della titolarità ad occupare le posizioni che ha occupato anche solo per la semplice attitudine derivante dallo stesso sistema di valori di riferimento propri dell'economia e dell'attività industriale e produttiva, oggi viene vilipeso per non possedere un master che, come ben sapranno coloro che ne posseggono, potevano acquistarsi (così come adesso si possono acquistare anche nelle università italiane) dietro il corrispettivo di qualche migliaio di euro (dai 10.000 ai 30.000 euro circa). 

Ed allora proviamo a rilanciare nel dibattito politico corrente qualche video che qui segue su quanto il prof Sapelli pochi mesi or sono quando invitato andava dichiarando come questioni centrali e puntuali che saranno decisive delle sorti dell'Italia produttiva e lavoratrice.

Buona visione (Per coloro che ricevono i post per mail vadano nel blog se i video non sono allegati)









Nessun commento: