giovedì 3 maggio 2012

DECRESCITA, DEINDUSTRIALIZZAZIONE, ECONOMIA DELLA SOBRIETA' E SOLIDALE


Il dibattito sulla crisi economica che attraversa tutti i paesi OCSE è centrato sui fenomeni di deindustrializzazione avvenuti e che stanno ancora avvenendo, effetto della globalizzazione dei mercati, della delocalizzazione produttiva ed in particolar modo per via della scarsità delle fonti energetiche classiche non rinnovabili. 
Pensiamo che sia in particolare questa scarsità energetica, che è venuta a determinarsi a fronte della massiccia domanda che proviene dai nuovi luoghi di produzione massiva di merci ed oggetto di fortissimi investimenti industriali, che ha determinato e sta determinando lo stato di crisi economica di tutti i paesi occidentali. La Germania, anch'essa, non gode di buona salute se si riflette sul fatto che la sua capacità economica oggi è tutta ripiegata sul vantaggio monetario che l'introduzione dell'euro ha predisposto a vantaggio solo di quest'area dell'Europa, dato che tutto ciò che non è Germania dell'area europea è in forte crisi produttiva. 
Non crediamo si possa ritenere avventato il sostenere che la crisi economica occidentale sia oggi principalmente una crisi energetica, che si sta fronteggiando attraverso una ulteriore delocalizzazione dei processi produttivi energivori presso realtà che possano ancora assicurare l'autosufficienza energetica o le capacità acquisitive sul mercato dai produttori di energia fossile. La delocalizzazione dell'industria metallurgica pesante, della industria chimica, o anche dell'industria automobilistica, non trovano esclusivamente una spiegazione nei minori costi del lavoro, poiché formare il personale, introdurre una cultura produttiva industriale, infrastrutturare un'area è pur sempre un costo, seppur possa essere sostenuto in parte dai Paesi ospitanti. Come altresì il fenomeno non trova complete spiegazioni nelle minori tasse che in talune aree del mondo sono richieste alle imprese che lì investono. Trasferire un'industria, trovare un'area adeguata e con le necessarie infrastrutture, cercare e formare il personale con una buona abilità e capacità di apprendimento adeguate, poter accedere ai servizi che un'impresa necessita, sono tutti costi.
Certo, l'Europa ha un rapporto privilegiato con la Russia ed i giacimenti di gas naturale, ma è indubbio che nel frattempo altri acquisitori affamati di energia sono intervenuti nel gioco delle alleanze strategiche e geopolitiche globali, e l'Europa adesso affascina gran poco. 
Ed è a fronte di questo processo di deindustrializzazione delle nostre società occidentali, ne è la prova il fatto che maggior parte dei lavoratori e delle imprese agiscono nel settore del terziario e dei servizi, che si parla sempre più di decrescita, che alcuni definiscono controllata
Eppure, se rispetto alle argomentazioni alle ragioni ed alle soluzioni che questo fenomeno chiamato decrescita riflette sulle nostre esistenze, oggi l'Europa sta confrontandosi con una crisi economica che trova spiegazioni anche, come qui è stato brillantemente scritto, nella crisi della politica dell'agire pubblico e della responsabilità sociale.
E' per questi motivi che l'intervista a Lorenzo Guadagnucci ci appare più che pertinente, perchè rimettere tutta la soluzione alle forme auto-organizzate di alcuni dotati di buona volontà è certamente importante, prioritario ed urgente, ma altresì è importante stringere un legame con il territorio istituzionale, urbano, imprenditoriale, affinché assuma un respiro più ampio e comunitario, affinchè sia non un fenomeno alla moda ma un'occasione di ricucitura degli spazi oggi degradati della cittadinanza.
Perchè i Comuni non agevolano i mercati contadini permanenti nei loro territori? Perchè le amministrazioni pubbliche non facilitano le forme di auto-sostegno sociale? Perchè i decisori della cosa pubblica non consentono di fruire direttamente del territorio? Perchè chi detiene una responsabilità decisionale politica non compie più scelte popolari ?

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