Il disoccupato ha molto tempo
libero, e lo passa a pensare.
A tante cose, ma soprattutto a cose che gli sono successe,
che gli hanno detto, che non gli hanno detto o non gli sono successe. Il
disoccupato compila delle liste. Tante liste. Fatte di tante cose.
Una di queste, è la lista delle 10 frasi/parole che più
odia:
1.” Vergogna” – È quella che proviamo ogni volta
che qualcuno ci chiede “ma come, ancora non hai trovato lavoro?” (o magari non
stupendosi, perché il periodo non è dei migliori, ma sotto sotto inorridendo.
Vergogna, è quella che proviamo quando ci guardiamo allo
specchio, quando ci alziamo e prima di andare a dormire, quando dormiamo (se ce
la facciamo) e sogniamo del posto di lavoro che avevamo e ora non abbiamo più,
quando giriamo per le strade agli orari che un tempo erano dei vecchi, dei
pensionati, delle badanti e degli infanti, e che ora sono pieni di gente come
noi. Gente giovane che “non dovrebbe essere a lavorare a quest’ora?” e che
invece consuma le scarpe per strada, alla ricerca di… beh, lo approfondiremo
nei prossimi post.
2.”Mi mandi il tuo cv?” – Vi sorprenderete, che il
disoccupato odi sentirsi dire queste semplici parole, che dovrebbero aprirgli
davanti un mondo di speranza, rosee aspettative, e quasi solide certezze… e
invece no. Il disoccupato vero odia queste parole, perché s già cosa ci sta
dietro: varie sfumature di finto interesse o tentativi ipocriti di spronarlo da
parte di (più o meno veri) amici che fanno un tentativo salva coscienza per
aiutarlo a trovare un lavoro (o per poi rinfacciargli “vedi che però io t’ho
aiutato quando avevi bisogno…). O addirittura solo un modo che hanno i
recruiter per levarselo di torno (si si mandi il cv poi le faremo sapere.
Ecco:
3. “Le faremo sapere”, e le sue varie declinazioni (anche insopportabilmente verbose, tipo, o automatiche, tipo: “Grazie per la sua candidatura. Il suo profilo verrà valutato e, se di nostro interesse, la faremo ricontattare”)
3. “Le faremo sapere”, e le sue varie declinazioni (anche insopportabilmente verbose, tipo, o automatiche, tipo: “Grazie per la sua candidatura. Il suo profilo verrà valutato e, se di nostro interesse, la faremo ricontattare”)
Se e mai ti ricontatteranno, sarà per declinare la tua
cortese, ma non sollecitata candidatura oppure per offrirti una fantastica
opportunità di:
4. “Periodo di prova, Stage gratuito,Stage non
retribuito, Formazione e Riqualificazione”. – Serve veramente che esplichi
questi punti? Mi bastano 4 altre parole “Sfruttamento Gratuito di manodopera”.
E andiamo avanti. ..Il disoccupato, per sua stessa natura,
non è stato sempre un disoccupato. Ha un passato (anche se non sa se e quale
futuro avrà). E spesso nel passato è stato qualcos’altro. Fortunato.
Lavoratore.
E poi:
6. “Cassa integrato” o “Mobilitato”. E sempre,
e comunque:
“Inutile” – Inutile è come ti senti, e come ti fanno sentire. Inutile
qualcuno di noi se l’è anche sentito dire come giustificazione mentre beccava
la pedata nel culo con cui l’azienda l’ha sbattuto in strada: “Guardi la sua
posizione è diventata superflua, inutile ai fini produttivi, quindi vada… vada”.
Con i migliori auguri eh.
7. “Aiuto” – Aiuto è la parola più temuta. Forse la
più difficile da dire da sempre (più ancora che “ti amo”), e a maggior ragione
lo diventa quando si è disoccupati. chiedere aiuto è come ammettere di non
farcela da soli. E di essere soli. Ammettere di non farcela, di non bastarsi, e
che, in qualche modo, avevano ragione: non sei niente, non vali niente, nemmeno
per aiutare te stesso.
A chiedere aiuto, a volte, ti pone davanti al risultato: di
aver chiesto aiuto a chi credevi ti avrebbe dato una mano, e che invece si è
tirato indietro.
8. “Spesa” (E le sue varie declinazioni: bollette,
conti, IMU, rate, mutuo, …) – Una parola che ci toglie il sonno, il sorriso (o
quel poco che ce ne resta in faccia), il colore dalle guance. Che ci mette il
tremore alle mani e ci fa stare alzati alla notte per far quadrare i conti.
La spesa imprevista è lo spauracchio, la spada di Damocle
che ci pende sul capo ogni giorno.
9. “Perché”. – È la domanda che ci tiene svegli di
notte. Perché, perché proprio a me.
Alcuni ci hanno anche risposto. Le istituzioni, le aziende, e i datori di lavoro: “perché tu sei inutile, obsoleto, da riqualificare”. Ma anche gli amici: “perché tu hai le spalle forti, se fosse capitato a me non avrei saputo proprio come fare”.
Alcuni ci hanno anche risposto. Le istituzioni, le aziende, e i datori di lavoro: “perché tu sei inutile, obsoleto, da riqualificare”. Ma anche gli amici: “perché tu hai le spalle forti, se fosse capitato a me non avrei saputo proprio come fare”.
Cioè non ti saresti alzato, mattina dopo mattina, cercando
di trovare una soluzione, e intanto tirando avanti? Be ma allora menomale, che
è capitato a me, perbacco!
10. “Disoccupato”.
Ovviamente, e’ questa la parola che più odiamo. L’etichetta
sul nostro pigiama a righe, che recita “disoccupato numero 9667997x-c”
La matricola del nostro infame status.
Perché ovviamente non siamo più utili, quindi non siamo più
persone, individui, con la loro dignità. Siamo solo un numero, una pratica da
archiviare, un cc su cui bonificare pochi spiccioli salvacoscienza, un cv da
appallottolare e cestinare. Un peso.
Una vergogna.
E ritorniamo al punto 1. E ricominciamo.
Una vergogna.
E ritorniamo al punto 1. E ricominciamo.
Ma prima, aggiungiamo la numero
11. “Choosy” ovvero “schizzinosa” – come se al giorno d’oggi non fosse più un diritto avere il lavoro giusto per noi, alle nostre condizioni e al nostro “comodo” (vicino a casa, uno stipendio equanime, un lavoro onesto e -diononvoglia- magari nel settore in cui abbiamo studiato).
11. “Choosy” ovvero “schizzinosa” – come se al giorno d’oggi non fosse più un diritto avere il lavoro giusto per noi, alle nostre condizioni e al nostro “comodo” (vicino a casa, uno stipendio equanime, un lavoro onesto e -diononvoglia- magari nel settore in cui abbiamo studiato).
E ho detto tutto. Parole non ne ho più.
Tratto da http://giovanecarinaedisoccupata.wordpress.com/
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