Volentieri riblogghiamo questo post tratto da Il Quinto Stato (www.ilquintostato.org), quali esempi di mutualismo civile che si sviluppano intorno al lavoro e all'operatività umana, creazione di socialità e nuovi patti di cittadinanza, creazione di opportunità vere e proprie di occupazione quali dirette espressioni dell'universalità dei territori e delle sapienze in essi depositate.
1.Stimoliamo lo sviluppo locale costruendo un consorzio
mutualistico di cittadinanza
La crisi economica e finanziaria ha avuto un impatto
devastante sul mercato del lavoro e, unita alle politiche restrittive,
contribuisce a indebolire il sistema di welfare, producendo disoccupazione e
impoverimento.
Per arginare la grande difficoltà dei lavoratori e delle
lavoratrici delle nuove generazioni – divisi tra la difficoltà di trovare un
impiego, lo sfruttamento economico, l’isolamento professionale, il ricatto del
lavoro nero e dei tanti stage e tirocini raramente retribuiti, l’obbligo a
ricoprire ruoli e mansioni non adeguati al titolo di studio, l’impossibilità a
sostenere i costi di un luogo fisico dove esercitare in modo indipendente la
propria professione e attività – diventa sempre più importante trovare risposte
di prossimità e di autogestione, che mettano a valore il capitale sociale, relazionale,
professionale dei giovani e creino sviluppo locale, autoreddito, competitività,
produttività e innovazione.
Per questo all’interno dei progetti elaborati per l’uso
pubblico delle Caserme Ruffo e Gandin nel Quinto Municipio trovano spazio
misure per giovani (e meno giovani) che vogliano intraprendere forme di lavoro
autonomo, creare piccole imprese di economia sociale e solidale, o intendano
aprire attività associative e no profit.
Il lavoro culturale, i nuovi e vecchi servizi alle persone,
le professioni, le attività di carattere intellettuale e immateriale che non
necessitano di una postazione lavorativa fissa, ma anche il mondo del lavoro
artigianale e dei mestieri, che ha sempre rappresentato la spina dorsale
dell’economia italiana e che rischia oggi di scomparire: pellettieri, valigiai,
falegnami, impagliatori, carpentieri, lattonieri, tipografi, vetrai,
elettricisti, elettromeccanici, sarti, i materassai, tappezzieri e tanti altri
ancora. Sono queste le realtà produttive che vogliamo aiutare nella fase di
avviamento mettendo a disposizione spazi e risorse per esperienze condivise di
lavoro, per i ridurre i costi di start-up, convinti che le istituzioni locali
debbano favorire gli spazi di autodeterminazione individuale e professionale in
favore di giovani soggetti alla precarietà, al lavoro nero e alla
disoccupazione.
2. Il coworking nelle Caserme Ruffo e Gandin
Il coworking è un neologismo che deriva dall’unione delle
parole “cooperation” e “work”: una cooperazione lavorativa che ha l’obiettivo
concreto di risolvere i problemi di budget (costi di affitto, attrezzature,
strumenti) e di provvedere a tutto ciò che si rende necessario per svolgere il
proprio lavoro, qualunque esso sia. Il coworking si realizza essenzialmente in
spazi più o meno grandi (suddivisi normalmente in postazioni di lavoro; una
meeting room per le riunioni e uno spazio cucina) supportati da una connessione
internet wi-fi e dotati di tutte le attrezzature necessarie (armadietti,
fotocopiatrici, stampanti, scanner, fax, etc).
Dopo una grande diffusione negli Stati Uniti e nel Nord
Europa, negli ultimi anni il coworking ha preso vita anche in Italia. Questi
spazi offrono postazioni a pagamento secondo tariffari prestabiliti (accesso
spazio ore/mese e accesso a vari altri servizi) e molto vantaggiosi. Ma il
coworking può essere anche qualcos’altro.
Per i lavoratori e le lavoratrici, per le associazioni e le
piccole imprese che compongono il Quinto Stato (www.ilquintostato.org), il
coworking non è solo affitto condiviso di uno spazio per razionalizzare le
risorse economiche di ciascun partecipante, esso è soprattutto una strada per
sperimentare forme nuove di invenzione e autogestione del lavoro, per avviare
un nodo di scambio, progettazione e collaborazione tra professionalità e realtà
diverse in spazi condivisi. Ma è anche la messa a disposizione per la
cittadinanza di competenze, servizi e risorse. Perché oltre ad incentivare il
lavoro di chi vive nella condizione del “Quinto Stato”, bisogna sopperire alla
mancanza di spazi pubblici per la socializzazione e alla mancanza cronica di
spazi e risorse per il welfare, la formazione e la cultura.
L’obiettivo che proponiamo è la costituzione sul territorio
metropolitano di una rete di spazi di coworking da sviluppare all’interno delle
caserme. Ciascuno snodo ha la sua autonomia e la sua fisionomia, nella
definizione dei progetti alla luce dei territori sui quali insistono e delle
filiere produttive che sceglie di ospitare.
Per la Caserma Ruffo, ad esempio, stiamo lavorando al
progetto di uno spazio di coworkers del mondo del terzo settore, della cultura
e della comunicazione; per lo spazio della Caserma Gandin a uno spazio per il
lavoro artigiano, per costruire, riparare o rimodernare prodotti che la cultura
consumista e seriale dell’usa e getta vorrebbe dimenticare.
Il coworking come consorzio mutualistico di cittadinanza è
ispirato all’idea di solidarietà intergenerazionale e inter-professionale e
vuole unire le funzioni delle antiche case del popolo e delle camere del
lavoro, per l’innovazione sociale e produttiva, per lo sviluppo locale, per
resistere contro la crisi, creare nuova ricchezza sociale per redistribuirla
tra i singoli produttori, quindi praticare nuove forme di economia
collaborativa e sociale, che permettano di migliorare le proprie condizioni di
vita e lavoro.
Gli spazi di coworking devono essere intesi come i luoghi in
cui i soggetti delle nuove e tradizionali forme del lavoro indipendente,
autonomo, intermittente, flessibile e precarizzato si organizzano per gestire
al meglio la propria attività lavorativa/professionale, quindi condividere e
scambiare progetti, contatti, reti sociali, saperi, strumenti, pratiche,
conoscenze. In questo senso gli spazi di coworking sono pensati come i luoghi
ideali per coalizzare quei soggetti che svolgono lavori dalla legislazione
definiti come “atipici”, che altrimenti rimarrebbero dispersi nella solitudine dei
quartieri e delle città, costretti al ricatto del continuo impoverimento e
della perdita di sicurezza. Negli spazi di coworking si farà quindi
progettazione sociale, produzione di beni e servizi immateriali e concreti,
creazione di distretti della produzione immateriale che condividono filiere per
abbassare le spese e incrementare le possibilità di reddito dei singoli
lavoratori e lavoratrici. Questi spazi di coworking saranno anche l’occasione
per immaginare e praticare forme collettive di contrattazione territoriale e
sociale per i servizi che riterranno necessari al miglioramento delle
condizioni di vita e lavoro delle lavoratrici e lavoratori e dello spazio di
coworking.
Questi spazi diventeranno i luoghi nei quali ci si potrà
organizzare collettivamente per la stipula di convenzioni socio-sanitarie con
le società di mutuo soccorso per l’ottenimento di servizi efficaci, efficienti
ed economici – luoghi cioè dell’incontro tra singoli, gruppi professionali e
associazioni, per sopperire all’assenza di tutele pubbliche e all’estrema
onerosità di quelle private. Lo spazio che stiamo progettando deve incontrare
le richieste di autotutela dei lavoratori intermittenti e indipendenti per
quanto riguarda le forme di garanzia e sicurezza che vanno dall’assistenza socio-sanitaria,
alla tutela in caso di maternità, gli infortuni, la malattia propria e dei
familiari, la richiesta di un mutuo e tutti gli altri strumenti di sostegno dai
quali queste lavoratrici e lavoratori sono esclusi. Questi spazi si
caratterizzeranno anche per la costituzione di fondi comuni per partecipare a
progetti, produzioni, ecc. E per l’investimento degli eventuali utili derivanti
dall’attività associativa nell’attività comune, oltre che nell’attività di
tutela e garanzia dei soci del consorzio.
Per ridurre ritardi e supplire a carenze croniche che
colpiscono la cittadinanza nell’ambito dei servizi negli spazi di coworking
verranno realizzate attività di formazione e autoformazione dei giovani,
adulti, persone diversamente abili e dei cittadini stranieri. Soprattutto
questi spazi di coworking interrogano le istituzioni pubbliche locali
esistenti, proponendo una nuova relazione tra tessuto sociale e istituzioni
locali, promuovendo azioni positive in favore delle lavoratrici e lavoratori
riuniti negli spazi di coworking, quindi innescando dei processi di
trasformazione delle istituzioni locali, al fine di ricondurle al loro
fondamentale ruolo di enti strumentali all’autogoverno delle cittadinanze.
In questo senso si mettono in gioco gli spazi di nuove
politiche pubbliche locali, sperimentando un nuovo rapporto tra il contesto
territoriale e lo svolgimento di attività di promozione sociale; per questo
proveranno ad andare incontro alle istanze dei cittadini e alle richieste
sociali del territorio di riferimento, con particolare attenzione alle esigenze
di formazione culturale, produzione sociale, educazione alla cittadinanza
attiva, promozione di una cultura dei diritti e di una cittadinanza plurale e
inclusiva. Incentiveranno nuove forme di gestione dell’attività professionali e
lavorative attraverso l’autorganizzazione, in particolare individuiamo nella
conciliazione tra tempi di lavoro, di cura e di assistenza alle persone uno
strumento fondamentale per promuovere condizioni di pari opportunità di accesso,
permanenza e progressione di carriera nel mercato del lavoro, soprattutto per
tutte le lavoratrici che hanno formule contrattuali atipiche e temporanee. Per
questo nella Caserma Ruffo sarà allestito uno spazio per i figli delle/degli
utenti del coworking da gestire a rotazione attraverso il co-sitting.
3. Caratteristiche fisiche degli spazi di coworking
prefigurati
Per la Caserma Ruffo:
1. una sala riunioni;
2. uno spazio polifunzionale per svolgere attività sociali, culturali di formazione e promozione del mutualismo in collaborazione con le realtà territoriali, la cittadinanza attiva e le amministrazione locali;
3. dieci studi per le attività dei coworkers di piccola e media grandezza ( …mq);
4. un locale per il co-sitting e l’intrattenimento dei bimbi
5. una cucina da autogestire
2. uno spazio polifunzionale per svolgere attività sociali, culturali di formazione e promozione del mutualismo in collaborazione con le realtà territoriali, la cittadinanza attiva e le amministrazione locali;
3. dieci studi per le attività dei coworkers di piccola e media grandezza ( …mq);
4. un locale per il co-sitting e l’intrattenimento dei bimbi
5. una cucina da autogestire
Per la Caserma Gandin
1. uno spazio polifunzionale per svolgere laboratori e
attività di formazione e aggiornamento professionale
2. dieci locali per le botteghe e per svolgere il lavoro artigianale di media grandezza ( …mq);
4. una cucina da autogestire
5. una piccola biblioteca multimediale dedicata all’arte dei mestieri.
2. dieci locali per le botteghe e per svolgere il lavoro artigianale di media grandezza ( …mq);
4. una cucina da autogestire
5. una piccola biblioteca multimediale dedicata all’arte dei mestieri.
Progetto a cura di :
Comitato per l’uso pubblico delle caserme, Associazione Scosse e rete Quinto Stato
Comitato per l’uso pubblico delle caserme, Associazione Scosse e rete Quinto Stato
1 commento:
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