Cuba, Calle 23, Habana - Gennaio 2014 |
Cito a memoria la premessa di Matteo Renzi, riferita alla sinistra del PD, durante la sua relazione introduttiva presso la direzione del PD di ieri 29 settembre 2014:
"Vogliamo chiamarli poteri forti? Non sarebbero poi così forti se noi siamo qui... Forse possiamo definirli immobili. Ma considerando la dinamicità degli scorsi anni con la quale hanno occupato e governato il Paese, non sarebbe altrettanto preciso. Meglio chiamarli poteri ARISTOCRATICI!"
Non fa sconti a nessuno, Matteo Renzi. Neanche a quella sinistra del PD che senza peccato non è, quando nella scorsa legislatura ha votato, di fatto, l'abrogazione dell'art. 18 con le riforme volute da Fornero e Monti. Ciò che rimase, dopo quelle riforme, è non più che la foglia di fico sulle vergogne di un ceto dirigente politicamente decadente.
Nascondersi dietro un ago, adesso, è ipocrita: questa sinistra PD va combinando danni nel diritto del lavoro e nel mercato del lavoro fin dai tempi dei governi Prodi. L'inefficacia di tutti provvedimenti sono qui adesso a dimostrarlo con il raddoppio del tasso di disoccupazione. Ogni volta, poi, che un sindacalista è stato nominato ministro del Welfare, i danni si sono moltiplicati.
Che Matteo Renzi invochi gesti e parole giacobine per affrancarsi ed affrancarci dall'inconcludenza di una classe dirigente che, con ciò che ha fatto, ha consentito che oggi, 2014, l'Italia sia l'unico Paese in Europa ad avere una crescita ancora sotto lo zero. Che dimostri, almeno nelle prospettive, di voler incedere sistematicamente sul Paese, anche attraverso una diversa riallocazione delle risorse, è già di per sè lodevole. Che voglia farlo con la necessaria attenzione alla perequazione dei redditi e delle ricchezze dovrà dimostrarlo, ed una sinistra PD meno retorica ed ideologica a questa sfida dovrebbe richiamarlo, piuttosto che alla difesa di prerogative che non hanno più motivo di essere esercitate e che non comportano neanche risultati elettoralistici, che politici sarebbe già troppo articolato come discorso per costoro.
Che Matteo Renzi poi decida di compiere questi passaggi e questo traghettamento con gli attuali uomini e gruppo dirigente del PD che ha costituito, indubbiamente lascia molto perplessi: nessuno di essi possiede il suo calibro, che viene definito, a seconda della posizione, arrogante, ruffiano, massone, inconcludente, parolaio... Forse più che il suo temperamento giacobino, quello che veramente impressiona è il suo carattere politico... leninista! Il potere non si contesta, si rovescia!
Se saprà ripulire anche le sue sponde da taluni personaggi più che altro arrivisti e che veramente capaci politicamente non lo sono, se saprà continuare a prestare ascolto, come ha dimostrato, a quelle istanze che dal PD si sono allontanate e che han guardato a posizione post-ideologiche e più articolate dal basso, senza però scendere nei populismi regressivi delle attuali opposizioni ma cogliendo la sfida della crescita culturale e politica di una Paese frustrato e piegato da un ceto dirigente incapace che l'ha soltanto incattivito e fiaccato nello spirito, allora la storia saprà renderglieli conto.
Se saprà prestare attenzione ai dubbi che da talune più articolate critiche, come quella di Fassina, provengono, prestandovi l'attenta considerazione che meritano, se saprà ripulire il Paese dai parassitismi dilapidatori di risorse che consentono a certuni di perpetuare le ingiustizie che fondano ormai costitutivamente l'Italia, e se soprattutto saprà continuare a prestare "ascolto dal basso", ovvero ad obbedire alla sua sensibilità e fiuto politico, forse finalmente potrà cambiare le sorti decadenti dell'Italia. Finchè resterà leninista, prima ancora che giacobino, questo Paese avrà una speranza di riscatto, ed il suo popolo con esso.
Ben vengano, quindi, la riforma dei Centri per l'Impiego, la riforma del Welfare, il contratto unico (a tutele crescenti o anche senza!) del lavoro ed il salario minimo garantito... poichè l'art. 18 è già morto da un pezzo. Così come Marx è morto. W Marx!
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