Mentre in Italia si chiacchiera di Sulcis o di Alcoa o di ILVA o del futuro automobilistico di Termini Imirese così come di tutta la produzione automobilistica italiani della FIAT, gli indiani si appropriano e finanziano progetti, come quello della macchina ad aria compressa, che videro l'Italia essere il primo Paese ad avere una fabbrica in Emilia Romagna per la produzione di serie della stessa, con capannoni già costruiti con impianti e attrezzature installate e lavoratori assunti... poi tutti messi in mobilità e/o licenziati. Il progetto automobilistico si chiamava EOLO. In internet credo che ancora ne siano rimaste tracce. Vi era anche un sito della stessa fabbrica che ne descriveva il funzionamento dell'auto e le caratteristiche tecniche e funzionali.
Il post che segue, tratto da un blog che citeremo a fine scritto, riprende il presente di quel progetto che adesso sarà implementato dalla TATA, industria automobilistica indiana. Con un'idea di produzione diffusa molto interessante che fa molto risparmiare sui costi logistici, e un'applicazione possibile di fonti di produzione rinnovabile di energia elettrica e sistemi di accumulo energetico ad aria compressa, prodotta dalle stazioni di servizio (se possono disporre di impianti di produzione energetica rinnovabile). Inoltre, come già è possibile con le auto elettriche cosiddette ad "autonomia estesa", è possibile azionare la produzione di aria compressa attraverso un motore interno all'auto stessa che genererebbe l'energia sufficiente per la produzione di aria compressa funzionando appunto come generatore di energia elettrica e non come motore per la trazione come lo sono gli attuali nelle nostre auto, riducendo ad 1/10 i fabbisogni energetici da fonti fossili per lo scopo di muoversi sulle strade (benzina gasolio o GPL o metano). Le auto elettriche ad autonomia estesa già esistono, e nei mercati che pensiamo involuti rispetto ai nostri già vengono commercializzate. Un esempio ne è la Chevrolet Volt... che ancora non riesce ad ottenere le autorizzazioni per la commercializzazione in Europa (i dazi e le altre forme di protezionismo funzionano... per quanto e cosa si vuole!!!).
Insomma, un'altra produzione è possibile. Un'altra territorializzazione delle produzioni è possibile. Un altro lavoro è realizzabile.
In Italia, invece, ci affatichiamo purtroppo e fin troppo di spread (ma chi è? cosa è? forse era meglio bin laden che almeno forse poteva anche essere un uomo esistente in carne ed ossa?) e di chiacchiere sul livello di democrazia dei partiti e dei movimenti politici.
Buona lettura.
Umanesimo, ingegno al servizio dell’uomo: senza scomodare
l’Italia del ‘400 e l’età aurea di Lorenzo il Magnifico, o magari personaggi
come Galileo e Einstein, il dottor Fleming e Johannes Gutenberg, il più modesto
ingegnere francese Cyril Guy Nègre presentò il suo gioiello, denominato “Eolo”,
al Motorshow di Bologna. Era solo il 2001: l’anno dell’infame G8 di Genova,
seguito a ruota dall’orrore dell’11 Settembre, il super-pretesto della grande
predazione energetica mondiale, armi in pugno, cominciata in Kuwait per
estendersi all’Iraq e a tutto il Medio Oriente, fino all’Iran, passando per la
Libia. Parola d’ordine: petrolio.
(...) Ha impiegato undici anni, l’ingegner Nègre – uno specialista, reduce dai box della Williams in Formula Uno – per realizzare la versione finale del gioiello: oggi si chiama “AirPod” e sarà la prima vettura ad aria compressa della storia del mondo. Costa appena un euro per cento chilometri. Emissioni: zero.
Tutto nasce molti anni fa da un’idea semplice: i motori ad aria compressa dei vetusti trenini per le miniere. Perché furono soppiantati? Accadde con l’invenzione del motore a scoppio, opera dell’italiano Nicolò Barsanti, detto Eugenio: a metà dell’800, Barsanti riuscì a far muovere un pistone con una miscela esplosiva fatta di idrogeno, e poi a depositare il brevetto all’Accademia dei Georgofili, sempre nella città di Lorenzo, di Dante e di Leonardo.
Prima ancora che Henry Ford desse il via all’era moderna
dell’automobile, il mondo cominciò a muoversi in massa: l’inglese Richard
Trevithick varò la prima locomotiva a vapore, il tedesco Ferdinand von Zeppelin
sollevò in cielo l’aerostato e l’italiano Corradino D’Ascanio fece volare il
primo vero elicottero, nel 1930, tre decenni dopo l’invenzione motoristica di
un altro tedesco, Rudolf Diesel, che brevettò l’omonimo propulsore, allora
alimentato con olio di arachidi.
L’invenzione di Guy Nègre ricorda da vicino le imprese dei
fratelli Wright, pionieri del volo, o il telefono di Giuseppe Meucci, la pila
di Alessandro Volta e il “telefono senza fili” di Guglielmo Marconi, il padre
della radiotelevisione. Una vettura ad aria: altra invenzione nata per cambiare
la storia del pianeta.
Non è un annuncio a sensazione: il prodotto è stato già ingegnerizzato e testato, e sarà sul mercato nel 2013 grazie agli indiani della Tata. Tutto è pronto, conferma Vincenzo Borgomeo su"Repubblica” : entro la metà del 2013 sarà in vendita l’attesissima auto ad aria, una macchina che nel serbatoio ha solo aria compressa: il sogno di tutti, in un periodo di caro-carburante su cui infierisce, oltre alla crisi planetaria, anche la severa politica di deflazione e super-tassazione indiscriminata promossa dal governo Monti.
La Motor Development International, con sede in Lussemburgo, è ormai a un passo dal lancio commerciale: la prima citycar ad aria compressa, una sorta di “Smart” a tre posti, costerà appena 7000 euro. A seguire, l’intera gamma: autobus per il trasporto pubblico, veicoli commerciali, un’auto “compatta” da sei posti in grado di filare a 130 chilometri orari e persino una “Mehari” ad aria, sbarazzina e decappottabile, un’utilitaria la cui versione base – come illustra il sito aziendale della Mdi – sarà lanciata all’incredibile prezzo di 3.500 euro. Non manca nulla: in attesa che nasca una rete di distribuzione dell’aria compressa, per fare il pieno in soli due minuti, è possibile acquistare un semplice “ricaricatore” domestico.
Non è un annuncio a sensazione: il prodotto è stato già ingegnerizzato e testato, e sarà sul mercato nel 2013 grazie agli indiani della Tata. Tutto è pronto, conferma Vincenzo Borgomeo su"Repubblica” : entro la metà del 2013 sarà in vendita l’attesissima auto ad aria, una macchina che nel serbatoio ha solo aria compressa: il sogno di tutti, in un periodo di caro-carburante su cui infierisce, oltre alla crisi planetaria, anche la severa politica di deflazione e super-tassazione indiscriminata promossa dal governo Monti.
La Motor Development International, con sede in Lussemburgo, è ormai a un passo dal lancio commerciale: la prima citycar ad aria compressa, una sorta di “Smart” a tre posti, costerà appena 7000 euro. A seguire, l’intera gamma: autobus per il trasporto pubblico, veicoli commerciali, un’auto “compatta” da sei posti in grado di filare a 130 chilometri orari e persino una “Mehari” ad aria, sbarazzina e decappottabile, un’utilitaria la cui versione base – come illustra il sito aziendale della Mdi – sarà lanciata all’incredibile prezzo di 3.500 euro. Non manca nulla: in attesa che nasca una rete di distribuzione dell’aria compressa, per fare il pieno in soli due minuti, è possibile acquistare un semplice “ricaricatore” domestico.
«Evidentemente – scrive “Repubblica” – l’accordo stretto con
la Tata nel gennaio del 2007 ha dato i suoi frutti: soprattutto, la spinta
giusta per passare dalla teoria alla pratica». La prima auto ad aria su strada
sarà l’ultra-piccola “AirPod”, omologata come quadriciclo leggero “grande”,
alla portata dei sedicenni. Poi verranno tutte le altre vetture della gamma più
leggera, più economica e più pulita della Terra, annuncia Cyril Nègre, figlio
ed erede dell’inventore dell’auto a impatto zero. Una rivoluzione di portata
incalcolabile, non solo sul piano tecnologico ma anche industriale, commerciale
ed economico: niente fabbriche colossali, con annessi problemi di logistica e
trasporti, ma una rete di piccole officine, per cominciare 25 in Francia e 20
in Italia.
«Produciamo là dove vendiamo», spiega Nègre, «con vantaggi infiniti, economici e sociali». Un qualsiasi produttore di auto, ad esempio, deve farsi carico della distribuzione mondiale. «Noi no, perché da noi chi produce vende: non paghiamo commissione al concessionario perché è la stessa fabbrica che vende la macchina». Trasporto zero: niente Tir, navi, treni. «E questo abbassa enormemente i costi».
Economia diffusa, a vantaggio dei territori: è la filosofia della “green economy” quella che nel campo dell’energia trasforma i consumatori in micro-produttori. Immaginate di assemblare un certo numero di auto in una sola officina oppure in 50 fabbriche sparse per tutta Europa, dice Cyril Nègre: «Nel secondo caso facciamo del bene, perché serve il 30% di forza lavoro in più». Occupazione, tecnici e operai: «E’ un grande vantaggio, perché si entra nel tessuto sociale delle città, si dà forza alle famiglie». E attenzione all’altra regola d’oro degli inventori dell’auto ad aria: «Per fare ecologia, oggi, non basta fare macchine pulite, ma è necessario fare macchine che costino poco. E che richiedano poca energia per essere prodotte. Proprio quello che facciamo noi. In più, non trasportiamo macchine finite qua e là per l’Europa. Le produciamo in loco: e questo riduce ulteriormente le emissioni (e i costi) del ciclo produttivo».
«Produciamo là dove vendiamo», spiega Nègre, «con vantaggi infiniti, economici e sociali». Un qualsiasi produttore di auto, ad esempio, deve farsi carico della distribuzione mondiale. «Noi no, perché da noi chi produce vende: non paghiamo commissione al concessionario perché è la stessa fabbrica che vende la macchina». Trasporto zero: niente Tir, navi, treni. «E questo abbassa enormemente i costi».
Economia diffusa, a vantaggio dei territori: è la filosofia della “green economy” quella che nel campo dell’energia trasforma i consumatori in micro-produttori. Immaginate di assemblare un certo numero di auto in una sola officina oppure in 50 fabbriche sparse per tutta Europa, dice Cyril Nègre: «Nel secondo caso facciamo del bene, perché serve il 30% di forza lavoro in più». Occupazione, tecnici e operai: «E’ un grande vantaggio, perché si entra nel tessuto sociale delle città, si dà forza alle famiglie». E attenzione all’altra regola d’oro degli inventori dell’auto ad aria: «Per fare ecologia, oggi, non basta fare macchine pulite, ma è necessario fare macchine che costino poco. E che richiedano poca energia per essere prodotte. Proprio quello che facciamo noi. In più, non trasportiamo macchine finite qua e là per l’Europa. Le produciamo in loco: e questo riduce ulteriormente le emissioni (e i costi) del ciclo produttivo».
Ogni singola officina sarà in grado di sfornare circa 7.000
vetture: solo in Italia, significa 140.000 auto all’anno. «E sono stime
prudenti – dice Nègre – perché quando la gente conoscerà il nostro prodotto ci
sarà un vero boom della domanda», peraltro anticipata dal gran numero di
prenotazioni “al buio”, tanto è l’interesse già suscitato per l’auto più
rivoluzionaria della storia. «La macchina costa poco, ma soprattutto costa
pochissimo da usare: meno di 1 euro per fare 100 chilometri». Inoltre, il
concetto produttivo Mdi-Tata avvicinerà il pubblico al prodotto: «Oggi nessuno
si può svegliare e trasformare in costruttore, l’unica strada è quella di creare
tante piccole officine, in grado di assemblare l’80% del prodotto: distribuendo
il know how, non macchine fatte, è tutto più facile e veloce».
Capitolo luoghi comuni: l’accusa più diffusa, osserva “Repubblica”, è che per comprimere l’aria serve un sacco di energia, esattamente come per l’auto elettrica. In realtà, spiega Nègre, le vetture ad aria compressa saranno ultra-economiche: una bombola fa 20.000 cicli, pari a 2 milioni di chilometri, «quindi dura più della macchina, e questo è molto importante perché ha un riflesso diretto sui costi». Vero, per comprimere l’aria serve più energia che per caricare una batteria. Ma poi, per funzionare, un’auto ad aria brucia meno energia perché è leggerissima: per cui, alla fine, la tecnologia ad aria è vincente. Per il “pieno”, bastano due minuti con la pistola ad aria, oppure tre ore se si ricarica il compressore ad una normale presa di corrente. A bordo, però, il compressore non c’è: è lo stesso motore-alternatore a funzionare anche da compressore. Volendo, può persino trasformarsi in generatore di corrente per appartamenti, in caso di emergenza.
Capitolo luoghi comuni: l’accusa più diffusa, osserva “Repubblica”, è che per comprimere l’aria serve un sacco di energia, esattamente come per l’auto elettrica. In realtà, spiega Nègre, le vetture ad aria compressa saranno ultra-economiche: una bombola fa 20.000 cicli, pari a 2 milioni di chilometri, «quindi dura più della macchina, e questo è molto importante perché ha un riflesso diretto sui costi». Vero, per comprimere l’aria serve più energia che per caricare una batteria. Ma poi, per funzionare, un’auto ad aria brucia meno energia perché è leggerissima: per cui, alla fine, la tecnologia ad aria è vincente. Per il “pieno”, bastano due minuti con la pistola ad aria, oppure tre ore se si ricarica il compressore ad una normale presa di corrente. A bordo, però, il compressore non c’è: è lo stesso motore-alternatore a funzionare anche da compressore. Volendo, può persino trasformarsi in generatore di corrente per appartamenti, in caso di emergenza.
Il traguardo più faticoso, ammette Nègre, è stato proprio il
motore: è la tecnologia il “miracolo” che consente alla citycar “AirPod” di
viaggiare a 80 chilometri orari e alla “AirCity” di toccare i 130, massimo
limite di velocità sulle autostrade. L’ammiraglia “AirOne”, volendo è ibrida:
potenziabile con un mini-motore a scoppio (benzina o diesel) che consente di
portare a 350 chilometri l’autonomia del veicolo, spendendolo solo mezzo euro
per 100 chilometri e con emissioni comunque irrisorie. Tra un anno, quando le
prime vetture ad aria cominceranno a circolare, si porrà immediatamente il
problema della rete di distribuzione del “carburante”: bastano 39.000 euro a
stazione di servizio, dice Nègre, per dotare i distributori di adeguate pistole
ad aria, ad alta pressione. «Ovviamente, se non circolano macchine ad aria non
c’è business: è un sistema complesso, che va visto nell’insieme. Ed è questo
che ha affascinato la Tata: ha una visione globale».
Altissimi i livelli di efficienza per le bombole, invisibili
perché collocate sotto il pianale: standard di sicurezza allineati a quelli dei
serbatoi Gpl. Le bombole ad aria compressa – 248 bar – sono le stesse di quelle
dei veicoli ecologici a metano, indistruttibili e anti-urto, controllate per
legge ogni cinque anni. «Voglio essere chiaro: in questa macchina non c’è
niente di strano», ribadisce l’ingegner Nègre: «Nel motore ci sono bielle e
pistoni, mentre il circuito dell’aria è lo stesso delle auto a Gpl o metano.
Per questo nel nostro progetto c’è anche la voglia di rimettere in moto i
piccoli garage. Nel sistema vogliamo far tornare in vita le piccole officine
che potranno fare la semplicissima manutenzione di cui hanno bisogno queste
macchine che non inquinano, non sporcano, hanno un olio motore eterno, non
hanno circuito dell’acqua, non c’è alta temperatura di funzionamento».
Macchine costituite da pochissimi pezzi: la carrozzeria
dell’“AirPod” ne ha solo tre. Per non parlare del motore: la temperatura è al
rovescio, caldo fuori e freddo dentro: meno 20 gradi nella camera di
propulsione. L’aria di scarico, perfettamente respirabile, viene usata per
climatizzare l’abitacolo, al posto del condizionatore. Infine, il rumore: uno
sbuffo, simile a quello dei propulsori a due tempi. Nessun pericolo che i
pedoni non lo avvertano. Rivoluzione? Pare proprio di sì.
Tra un anno, con queste vetture si farà il pieno con soli due euro, nelle stazioni di servizio che avranno adeguato i propri impianti di aria compressa. Quanto alle piccole percorrenze, il futuro autorizza a sognare: chi saprà auto-produrre energia potrebbe anche riuscire ad alimentare da casa, a costo zero, la propria vettura. Grandi problemi, grandi soluzioni: le più vincenti, in genere, sono le più semplici. Provare per credere: per prenotare una citycar della Mdi basta un clic sul sito dell’azienda.
Tra un anno, con queste vetture si farà il pieno con soli due euro, nelle stazioni di servizio che avranno adeguato i propri impianti di aria compressa. Quanto alle piccole percorrenze, il futuro autorizza a sognare: chi saprà auto-produrre energia potrebbe anche riuscire ad alimentare da casa, a costo zero, la propria vettura. Grandi problemi, grandi soluzioni: le più vincenti, in genere, sono le più semplici. Provare per credere: per prenotare una citycar della Mdi basta un clic sul sito dell’azienda.
Alla faccia della crisi, del petrolio e dei signori della
guerra. Milioni di auto ad aria? Operazione nuovo umanesimo: con tanti saluti
ai serial killer della finanza mondiale e a tutti i Marchionne del
pianeta.
Il post originale è tratto dal blog freeondarevolution.
1 commento:
e i ragazzi del liceo di Maranello costruiscono prototipi di auto ad idrogeno.
http://www.youtube.com/watch?v=IYSC0_82hcE&feature=player_embedded
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