Recentemente il ministro bulgaro per il
settore energetico, Delyan Dobrev, ed il responsabile esportazioni di
Gazprom, Alexander Medvedev, hanno firmato due accordi che rivestono notevole importanza e possono essere letti da diversi punti di vista, tutti egualmente interessanti.
Il primo di tali accordi prevede la partecipazione della Bulgaria a South Stream,
il progetto di Gazprom che punta a portare in Europa il gas russo.
South Stream è previsto passare anche per l’Italia, approdando in Puglia
e arrivando a Treviso, citta’ destinata a diventare uno dei centri
nevralgici di Gazprom. Treviso accoglierà probabilmente anche il ramo
settentrionale di South Stream, proveniente dalla Slovenia, viste le
difficoltà per la compagnia russa di accedere all’hub austriaco di
Baumgarten. Mentre per quanto riguarda la Bulgaria il percorso prevede
l’attraversamento del Mar Nero e l’approdo a Narva.
South Stream è diretto concorrente di
Nabucco, gasdotto sponsorizzato dall’Unione Europea e che dovrebbe
trasportare gas proveniente dall’Azerbaijan, il che rende la scelta
bulgara non priva di significati. La Bulgaria di fatto ha voltato le spalle a Bruxelles,
in concomitanza con le critiche francesi alla gestione dei fondi
europei destinati allo sviluppo, indebolendo ancora di piu’ la politica
energetica comune dell’Unione Europea. Il trattato mette in risalto le
crepe dell’Unione, incapace di darsi politiche davvero comuni,
permettendo ai suoi membri di scegliere le proprie politiche energetiche
a seconda delle priorita’ di ciascuno, ossia gli statuti dell’UE
permettono di fatto che i suoi membri facciano scelte in opposizione
all’Unione stessa.
Ma il trattato mette anche in risalto l’avanzata russa nell’Europa dell’Est.
Utilizzando Gazprom come un ariete Mosca sta ricreando la sua sfera
d’influenza. La debolezza europea permette alla Russia di tornare ad
essere un importante attore nell’area orientale. A questo proposito è
interessante notare come il secondo trattato firmato sia una concessione
alla Bulgaria di forniture di gas a tariffa agevolata (circa l’11% di
sconto per forniture da aprile a dicembre 2012). Come dichiarato dalle
autorità russe la firma dei trattati era indivisibile, o entrambi o
niente, e, fatto ancora più rilevante, i contenuti dell’accordo non sono
divulgabili.
Sfruttando il suo monopolio energetico
e l’incapacità europea di farvi fronte, Mosca tesse relazioni
bilaterali mercanteggiando di volta in volta l’adesione alle politche
russe tramite accordi i cui contenuti non sono comunque pubblici,
configurandosi come un vero e proprio divide et impera moscovita. Finito
il tempo dell’armata rossa e dei carri armati sovietici il Cremlino ha
imparato ad usare le armi diplomatiche, a trovarsi a suo agio nella
conduzione di una politica estera piu’ sottile e sinuosa. A titolo di
esempio basti dire che uno degli argomenti usati per convincere la
Bulgaria ad accettare i gia’ citati accordi e’ stata la minaccia russa
di rivolgersi alla Romania, che dei bulgari è storica avversaria.
La Bulgaria quindi non ha fatto che
badare ai propri interessi, e sempre di più questa sembra essere la
regola che domina le relazioni internazionali attuali, affidandosi ad un
fornitore certo (la Bulgaria dipende da Mosca per l’89% del gas ed il
100% del petrolio) invece di aspettare la realizzazione dei fumosi
progetti europei impantanatisi nelle secche azere. La vera minaccia, se
tale puo’ essere definita, è che altri paesi membri dell’Unione Europea seguano l’esempio bulgaro,
basti pensare alle riluttanze ungheresi verso Nabucco, frammentando
ancora di piu’ un Europa sempre meno unita e sempre più in crisi.
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