martedì 28 maggio 2013

RISULTATI DELLE AMMINISTRATIVE PARZIALI MAGGIO 2013 IN ITALIA: il v(u)oto politico e l'asse nazional-socialista che vorrebbe occuparlo

Andrej Malinowski - Filo blu

Il risultato di queste parziali elezioni amministrative in Italia, inequivocabile, è unicamente la crescente astensione dal voto degli italiani. Questo è l'unico spettro che si aggira per tutta l'Europa, oltre che da qualche mese anche in Italia. L'unica a resistere ancora è la Francia. Qui ne abbiamo dato ampia documentazione. La certezza del consolidamento di questa evidenza l'avremo il prossimo anno alle elezioni per il rinnovo del parlamento Europeo, quando il dato sull'astensione diverrà più che preoccupante.
Rispetto a queste elezioni celebrate in Italia in questo mese di Maggio più che umido, c'è ben poco da scrivere: se fra PD e PDL ormai si tratta di resistenza a chi riesce in un qualche modo a ridurre il danno del decremento dei consensi, rispetto al M5S vale quanto già scritto qui rispetto alle elezioni in Friuli Venezia Giulia. Inutile ripeterci. Tutto il resto del panorama politico è insignificante, nicchie elettoralistiche autoriferite.
Piuttosto, mentre anche il giornalismo istituzionale si rende conto della sempre più crescente astensione dal voto, noi qui cominciamo ad interrogarci su cosa si fa posto a questo v(u)oto politico, come auguravamo alla vigilia delle elezioni politiche.


La sempre più massiccia astensione è preoccupante per la tenuta democratica delle istituzioni, soprattutto se le ingegnerie elettorali prevedono ampie e rassicuranti proporzioni di bonus di maggioranza. Se il governo del Paese, o di una regione o di una città possono far riferimento per il loro governo a minoranze elettorali che corrispondono massimo al 20% degli aventi diritto, capite che una lobby ben organizzata potrebbe accedere al governo della cosa pubblica senza dover fare i conti con il resto del Paese. Se Hitler dovette raggiungere il 44% dei suffragi prima di funzionalizzare la situazione politico-finanziaria dell'allora Germania e piegarla in suo favore, a Mussolini bastò la legge Acerbo ed il premio di maggioranza da quella legge previsto al partito che raggiungeva almeno il 25% dei consensi. Lasciare che a guidare in toto un Paese sia una minoranza è pericoloso. Per chiunque.

Se questo è un pericolo che potrebbe manifestarsi, anche se all'orizzonte  nulla appare di così pernicioso, fatto è che il vuoto politico che da tempo sta venendosi a determinare è corrispondente non ad un disinteresse consolidato per la politica (cosa alla quale i partiti ed i governi attuali lavoreranno, ma senza riuscirci perchè queste operazioni riescono meglio quando ci sono quattrini per pagare da bere a tutti), ma alla urgente domanda di proposte politiche e programmatiche che la situazione economico-finanziaria rende, tautologicamente, urgenti.
E questo vuoto politico potrebbe essere occupato dalle istanze antieuropee o anti moneta unica che in Italia, come all'estero, stanno rapidamente crescendo e trovando interesse. 

Oltre che in Germania, anche in Spagna sta nascendo un movimento politico che rimette in discussione l'adesione di questi Paesi ai trattati di istituzione della moneta unica. Ed in Italia una èlite scientifica sta cominciando ad organizzarsi in tal senso. Ed il consenso che queste istanze trovano nelle retoriche politiche è così ascendente nelle campagne elettorali che persino Grillo in questa ultima se n'è uscito con la proposta del referendum (?) popolare da celebrare entro un anno da oggi, seguito a ruota da Maroni della Lega Nord. Ma fin qui siamo alla propaganda. La realtà giuridica italiana per adesso non lo consente.

Molto meno propaganda fanno le compagini che nello scenario politico italiano vanno organizzandosi intorno alle figure di Stefano D'Andrea (di cui abbiamo dato lettura di una sua intervista in questo post), o di Bagnai e Borghi (di cui parleremo più avanti approfonditamente) e di tutto l'arcipelago di blog e sodali che intorno a questa proposta politica è maturato e che va sostenendola. Persino l'althusseriano prof. Gianfranco La Grassa sembra essere stato folgorato sulla via di Damasco dalle retoriche dell'uscita dall'euro, se a pochi mesi da scritti che indicavano l'utilizzo di una maggiori prudenze nei riguardi delle politiche antieuropee oggi preferisce abbandonare quelle prudenze per dichiarare in questo post quanto segue

Ci hanno raccontato che l’Europa unita era il nostro destino e la nostra salvezza. Hanno sostenuto che creare una zona di moneta unica era un toccasana, che l’euro poteva diventare concorrente del dollaro, perfino sostituirlo nei pagamenti internazionali (ad es. per le fonti di energia tradizionali), e via cianciando. Adesso, più o meno gli stessi (o comunque quelli che finora hanno taciuto) ci stonano con gli “alti lai” circa la sbagliata politica di austerità seguita dalla UE (e imposta dai “cattivoni” tedeschi); ci rendono edotti che l’euro è un disastro perché non sono state armonizzate le nostre politiche economiche (di quelle soprattutto monetarie parlano in realtà), perché si sapeva fin dall’inizio che il cambio scelto era favorevole alla Germania del marco ma sfavorevole all’Italia della lira (non si doveva accettare un cambio superiore alle 1200-300 lire, adesso qualcuno afferma!), ecc.
(...)

Non dobbiamo invece affatto dire che potevano raccontarcelo prima. Va gridato espressamente in faccia a questi “arruffoni” che sbagliavano prima e sbagliano adesso. Servivano allora e servono adesso ad obnubilare il vero centro della questione, che non è semplicemente la UE (e la Germania in essa), non è esclusivamente questione dell’euro. UE ed euro sono la conseguenza di come hanno agito i paesi europei, soprattutto dopo la fine del mondo bipolare, consegnandosi umilmente e senza più residui – ad es. almeno la ostpolitik di Brandt e Schmidt, certe politiche della Dc e del Psi in Italia, ecc.; oltre al più incisivo gollismo francese – al predomino statunitense. Inutile adesso voler rifondare l’Unione europea, invocare un cambio di politica monetaria da parte della BCE, pretendere un ripensamento dell’euro, ecc. Occorre la nascita – e non utopisticamente in tutta Europa, bensì in alcuni dei paesi della nostra area – di nuovi movimenti forti, (...), che ci riportino in zona di autonomia e contestazione della supremazia mondiale degli Usa. Altra via non esiste! Il resto sono balle, nuovi imbrogli di gruppi dirigenti economici di tipo “cotoniero”, di politici e “tecnici” soltanto servi dei predominanti statunitensi, come lo erano i “ricardiani” nei confronti dell’Inghilterra nell’800. Cialtroni e basta; nessun credito a simili infidi personaggi, hanno ingannato per decenni e adesso cercano un’altra via per continuare nei loro misfatti politici, economici, intellettuali.

Insomma, un particolare asse nazional-socialista sembra attraversare trasversalmente tutte queste isole èlitarie, e nei prossimi mesi certissimamente se qualcuno avrà motivi di interesse da piantarci sopra per farci l'orto, queste istanze dovranno darsi organizzazione (cosa che una èlite è in grado di fare) e cominciare a presentarsi come piattaforma politica e programmatica. E in tal senso, la ditta Bagnai e Borghi si sono lanciati in avanti con una proposta che è politicamente e tatticamente avanzata: escano dalla moneta unica i Paesi forti del Nord Europa, e ci rimangano quelli deboli e in default finanziario. La presa in considerazione di questa piattaforma non deriva dal fatto che questa strada sia realmente percorribile. Un piano per una moneta unica europea a due velocità già esiste, anche se si tenterà di tracciare questo percorso come ultima spiaggia. 
Semmai, quello che è interessante è che in questi viaggi in Italia e in Europa che Bagnai sta compiendo per presentare il suo libro Il Tramonto dell'Euro, il professore dell'Università di Pescara si sta rendendo conto che questa proposta "moderatissima" è funzionale tatticamente a
  • tutti quei gruppi nazionali ed europei affini. Internamente in Italia questa istanza programmatica può essere avvertita come, appunto, moderata. Può, quindi, per un verso diventare egemone all'interno del dibattito, e poi essere veicolo per fare fronda con quei movimenti politici britannici e tedeschi che propugnano l'uscita dalla moneta unica (se non proprio dall'Europa stessa politicamente ed economicamente organizzata, come ad esempio la UKIP). In Germania diranno "vedi, anche in Italia sono d'accordo, e noi tedeschi possiamo smetterla di lavorare per queste cicale", ed in Italia potremo dire "vedi, anche in Germania si sono resi conto che la tenuta dell'Europa passa per una rimessa in discussione della sua architettura".
  • Dal punto di vista propagandistico questa piattaforma programmatica può rivelarsi molto appetibile per il ceto imprenditoriale italiano, e per due motivi: in questa area mediterranea che resterebbe con la moneta unica, anche se ne facesse parte la Francia, l'Italia ricoprirebbe il ruolo di Paese con la tradizione manifatturiera più solida e diffusa (se qualcosa intanto vi resiste!), ed andrebbe idealmente a sostituirsi alla Germania nei vantaggi che questa ha ricavato dalla moneta unica (come se fra il 1998 e il 2005 Schroder non avesse fatto nulla per farsi odiare dai tedeschi con agenda 2010). Secondo motivo, spingerebbe per una svalutazione della moneta unica europea che, non ostante la crisi furente che attraversa l'Europa, gode di tassi di cambio elevati nei confronti delle altre monete (e che in parte spiegano l'arresto delle politiche energetiche europee verso l'autonomia), rimandando al medio termine quelli che sono i problemi strutturali della imprenditoria italiana finora pagati solo dai lavoratori. 


Insomma, quello che potrebbe prospettarsi è la costituzione di un movimento politico trasversale alla sinistra e alla destra che raccolga in un'unica voce le istanze crescenti in Italia ed in Europa contro la moneta unica e l'attuale configurazione istituzionale europea. Sul piano geopolitico, ed in particolare nello scacchiere del Mediterraneo, questa verrebbe a configurarsi come il successo proprio delle politiche statunitensi che nell'Europa e nella moneta unica hanno sempre avvertito un certo antagonismo alle politiche unipolari post caduta del Muro di Berlino. Le strette relazioni commerciali, economiche ed industriali che USA Cina e Germania hanno tessuto e tessono ancora ci appaiono servire su un piatto d'argento tutta l'area del Sud Europa ad un nuovo suo indebolimento. Chissà cosa ne penserebbe La Grassa.

3 commenti:

Vincenzo Cucinotta ha detto...

Perfettamente d'accordo sull'insistere sull'astensione crescente come unica realtà emergente da queste elezioni.

Sulla questione dell'euro, il dilemma non è euro sì o euro no, l'euro non è sostenibile se non si procede celermente verso una crescente integrazione fino a realizzare una vera epropria federazione europea.
Il dissneso rispetto a quelli dell'euro no sta nel non potere convenire che uscire dall'euro possa da sola rappresentare una reale via di risoluzione delgi enormi problemi economici in cui ci troviamo, ma personalmente non dubito della necessità di riacquistare la sovranità monetaria: ripeto come requisito preliminare, non come toccasana.

Infine, è vero che gli USA vedono come fumo negli occhi la nascita di una federazione europea, come è ovvio aspettarsi, ma ciò non implica che siano favorevoli alla sfaldarsi dell'unione europea che turberebbe i fragilissimi equilibri finanziari globali. Gli USA vogliono appunto che si mantenga la situazione in atto, senza che si vada nè avanti nè indietro, per loro è la soluzione più vantaggiosa.



Mario Intini ha detto...

Il quadro geopolitico è complesso. Non mi è chiaro il ruolo degli USA in tutta questa faccenda, dato che sostengono con investimenti considerevoli il settore industriale tedesco, mentre in quello italiano assistiamo ad arretramenti non solo atlantici ma anche europei. In questo quadro, i russi che avevano cominciato ad investire in Europa (in particolare nel settore energetico) stanno arretrando. Evidentemente intuiscono che le politiche non gli saranno più favorevoli. O che in Italia la situazione andrà degenerandosi.
Ad ogni modo, se la Germania non saprà volgere il ruolo egemonico in europa in chiave più internazionale rispetto a quanto finora visto, agli USA andrà più che bene ripristinare le sue basi nel mediterraneo, se è altresì vero che è pieno di gas e petrolio. Scacciando in primo luogo coloro che vi si sono affacciati, russi per primi. Questi, ricordiamolo, si erano anche proposti di pagare il debito greco... E a Cipro i germanici il piacere l'han fatto agli USA pestando i piedi ai russi.
Grande è la confuzione sotto il cielo, e la situazione è propizia, diceva un tale

Mario Intini ha detto...

Ad ogni modo, vorrei ricordare che l'euro quando iniziò il suo viaggio era quotato a 0,80 euro per dollaro. Oggi, con 2 delle 3 maggiori economie in crisi (mi riferisco a Francia e Italia) quota in altalena su 1,40 euro per dollaro. E questo non ostante Draghi spenga fuochi buttando come può nuova zecca. Evidentemente c'è chi compra moneta europea. Dicono gli svizzeri per tenere basso il loro cambio... ma molto probabilmente anche molti altri. E questa cosa non dispiace agli USA, che così possono stampare denaro ancor più, e non dispiace alla Germania, che in questo modo può pagare meno i suoi investimenti in Cina e non ha interesse ad un cambio più favorevole alle esportazioni, che comunque tiene per accordi commerciali e tecnologici già tessuti, ed in parte può sopportare il crollo delle esportazioni verso il resto d'Europa.
Infine, vorrei solo riportare a memoria il Marchionne che voleva acquisire la Opel, ma che fu preferito ad una finanziaria russa che di auto non ne ha mai costruite. Fu quella decisione che forse gli fece maturare la scelta degli USA? Oppure i tedeschi ci videro lungo?
Fatto sta che la nostra posizione geografica, il nostro ceto dirigente, 20 e passa anni di emergenza giudiziaria, e la nostra pigrizia e campanilismo, oggi si sommano in questa crisi, che vorrei ricordare è incominciata in Paesi con una non molto salda tradizione democratica, uscendo da poco tempo (storico) da dittature: Spagna, portogallo, grecia italia. L'irlanda la dittatura l'ha subita attraverso la mordacchia del regno unito, anche se indiendente dal 1936 (ricordo a memoria), riuscendo nella sua autonomia economica e finanziaria solo negli anni '90.
Gli altri paesi europei in sofferenza non sono negli stessi pericoli, essendo protettorati germanici.