mappa civilizzazione nel 1821 |
Se l'Europa non sta bene, il mondo non se la passa molto meglio.
Una serie di scritti di Micheal Lombardi apparsi su Profit Confidential sull'economia globale indicano che il malessere dell'economia capitalistica è piuttosto generale, non ostante i mercati azionari continuano a mietere alti livelli alimentando false speranze negli investitori.
Ciò che appare evidente è che ciò che cresce è la decrescita, che invece che essere affidata al governo selettivo dell'indirizzo economico e politico delle istituzioni nazionali ed internazionali è lasciata all'improvvisazione della "mano morta" all'incontrario. Evidentemente la fiducia incondizionata che un'essenza divina o una qualche ragione assoluta pervada e controlli l'evoluzione delle cose economiche (ovvero, di quanto riguarda le forme e i meccanismi delle relazioni sociali) è grande, e che questo "sconosciuto" che tutto può alla fine darà storia ad un'altra traiettoria.
Probabilmente è così, se pensiamo per un attimo a cosa quattro aminoacidi del DNA sono riusciti a combinare. Ma quando ciò avverrà potrebbe anche essere che ognuno di noi sia già presso altri luoghi, poichè i tempi fanno la differenza fra le scelte e il fato.
L'Europa non sta bene, lo sappiamo. I dati sulla disoccupazione dell'Europa sono accresciuti al 12,2%, con picchi del 28% in Grecia, del 26% in Spagna, del 17% in Portogallo, del 12% in Italia. La stessa Germania, secondo i dati del suo ufficio di statistica, tiene le sue esportazioni di un misero 0,9% grazie ai Paesi non europei.
E la Cina sta cominciando a soffrire il suo primo rallentamento, non ostante lo Stato continui a buttare yuan a go-go nell'economia produttiva: a maggio (qui alcuni dati) le importazioni cinesi sono cresciute solo dello 0,3% e le esportazioni di un misero 1%. Ad ogni modo, la Cina sta facendo acquisizioni in Europa e nel mondo. Ad
esempio, in primavera la Sany ha comprato Putzmeister, un'azienda produttrice
di pompe per il calcestruzzo. I cinesi sono interessati a internazionalizzarsi,
ad acquisire buoni marchi e conoscenza tecnologica. I tedeschi a delocalizzare
per contenere i costi del lavoro, strategia ormai consolidata da almeno un
lustro, e a dismettere attività industriali che almeno qui in Europa non hanno
futuro a breve e medio termine (le costruzioni). Ma il sogno internazionalista cinese si sta concretizzando anche in acquisizioni di palazzi come il General Motors Building a Manhattan. Oppure, notizia di pochi giorni fa, Shuanghui International Holdings, il più
grande produttore di carne della Cina, si è offerta di acquisire Smithfield
Foods, il più grande produttore di carne di maiale negli Stati Uniti, un paio
di mesi dopo che 16.000 suini morti galleggiavano sul fiume Huangpu a Shanghai.
Forse, Shuanghui vuole ottenere l'esperienza di Smithfield nella sicurezza
alimentare, o forse vuole solo trovare un posto al di fuori della Cina per
parcheggiare alcuni miliardi. Ma la lista della spesa è ampia: persino il Club Med (che in Francia possiede castelli e vigne) è fra le fauci cinesi. Oggi nel bordolese i cinesi sono i secondi possessori e produttori di vino dopo i belgi, considerando che solo da questa zona della Francia la Cina acquista il 10% della produzione. Capirete che i dazi appena messi sui vini francesi dalla Cina rispondono più ad una politica che "veicoli" una stretta economica su alcuni piccoli produttori locali al fine di poterli... inghiottire. Ma come potete da voi immaginare, si tratta di bolle speculative, di grosse somme di denaro che i cinesi anzichè investire nel proprio Paese preferiscono mettere al sicuro in economie mature e in attività produttive ad alto contenuto tecnologico e sapienzale.
La stessa India sta crescendo appena ad un ritmo del 5% annuo, ben poco per un Paese che non è vocato come la Cina alla sola esportazione ma anche alla crescita dei consumi interni.
Tabella per gentile concessione di www.StockCharts.com |
Se osservate l'indice dei prezzi dei metalli qui a sinistra, potrete da voi rendervi conto che l'indice dei metalli industriali è caduto dall'inizio del 2013 del 14%. E le scorte di rame sono incredibilmente in aumento.
Ma anche altri indici, come il Baltic Dry Index, ci dicono che la crisi è sistemica e non ciclica.
Lo stesso Obama sta esaurendo le cartucce, ed il rastrellamento del debito da parte della Federal sta cominciando a segnare il passo. I pochi lavori che sono stati creati sono in settori a basso salario, e non a tempo pieno. I consumi interni anche negli Stati Uniti diminuiscono mensilmente, e il potere di acquisto dei salari si riduce.
Il Giappone e la politica dell'Abenomics servono soltanto agli speculatori: il Paese non riprendere a crescere nei termini classici del termine. E la situazione nell'America Latina non è da meno: gli alti tassi di inflazione mangiano e nascondono insieme i dati sulla impetuosa crescita che sembra esserci, mentre è in atto una bolla speculativa immobiliare che da qui a poco scoppierà.
Forse è un modello di creazione di ricchezza che è definitivamente defunto insieme alla internazionalizzazione del capitalismo?
1 commento:
Bellissima quella mappa! purtroppo non si riesce a leggere se nel 1821 eravamo classificati fra i selvaggi o fra i barbari.
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