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Prima furono le torri gemelle, oggi è la
crisi. Apparentemente questi due fatti non sembrerebbero avere nulla in
comune, in realtà sono due forme di controllo sociale. Un controllo
necessario ora che le democrazie tendono a diventare autoritarie, nella
gestione dell’uscita dalla civiltà dei consumi, essendo questa non più
funzionale al mantenersi del potere.
Detto così può sembrare folle ma in
realtà la strada verso cui andiamo è una forma di controllo sociale
basata su sudditi volenterosi. Le politiche di controllo hanno fatto
passi da gigante ed hanno capito che non è proibendo che si mantiene il
potere ma invece concedendo. Il crollo del comunismo ha reso chiaro
quello che chiaro è per chiunque abbia un figlio, ossia che dire “non si
fa” ha come reazione da parte del bambino il pensare “lo devo fare a
tutti i costi”. E quindi partendo dal presupposto che il popolo è un
bambino le politiche di controllo si sono sviluppate al punto da rendere
difficile pensare ad un modello altro. L’immaginario occidentale sembra
dominare ovunque, portando anche culture diverse, come quella islamica,
a profondi contrasti interni. Il grande spettro che si aggira per il
pianeta è quello identitario.
Su tutto Facebook, che ha reso di fatto
le persone degli eterni bambini. Facebook ferma il tempo, permette (anzi
facilita) una corsa all’indietro. Si cercano pezzi del proprio passato,
come i famosi “compagni di scuola”, quasi mitizzandolo come un’età
felice. Per contro non esiste in Facebook il concetto di futuro, esiste
al limite un presente competitivo, dove i più battaglieri possono
vincere le loro guerre a colpi di like, ma senza costruire
nulla. In Facebook è infatti impossibile dialogare, gli interessi di
ognuno sommergono gli interessi degli altri, non c’e’ condivisione
(nonostante ne esista la funzione) ma c’e’ esibizione. E diciamomolo
pure, in Facebook anche dignità ha un valore del tutto relativo. Il che
ha profonde ripercussioni sociali quando applicato alla “realtà”,
l’orizzontalità del virtuale porta a contrasti orizzontali, permeati di
egoismo, tra la gente; con buona pace di chi “sta sopra”. Forse Beppe
Grillo fa paura proprio per il suo “attacco verticale”, ma questa è
un’altra storia…
Facebook è riuscito dove la lotta al
terrorismo ha fallito, ossia a confondere il pubblico con il privato,
abbattendo come conseguenza la sfera individuale ma sbandierando
perversamente allo stesso tempo la difesa della privacy. Tutto è
in mostra di fronte al potere; mentre per fare una guerra servono
soldati motivati per stare su Facebook servono bambini avidi e passivi.
Anche la crisi economica serve a questo, a controllare le persone con la
paura, quindi non richiedendo partecipazione attiva. Anzi, i messaggi
lanciati da chi la crisi dovrebbe combatterla sono l’opposto: non fate
nulla e delegate tutto. Paradossalmente mentre a livello politico la
gente non votando toglie la delega di fatto la rende più salda che mai.
La passività è la delega massima per l’abbattimento dello stato sociale e
dei diritti. Ed il pensiero di quella che fu la sinistra, sindacati
compresi, sembrano essere in prima linea nel volere un modello di questo
tipo: come il posto di lavoro era difeso a scapito del lavoratore oggi
lo Stato viene difeso a scapito del cittadino.
La crisi non passerà mai, serve per
distruggere il consumatore; figura su cui si reggeva il sistema
occidentale, fino a quando si è capito che consumare porta ad esigere.
Quindi a ribellarsi. Certo una rivolta non politica e molto soft, dato
che si lotta per una marca di caffè e non per un diritto civile, ma è
pure sempre una noia per chi governa. E non va dimenticato che spesso le
rivoluzioni sono state una presa del potere politico, dopo avere
raggiunto quello economico, da parte delle classi medie. Il denaro è
potere, questo hanno capito i governanti. E difatti l’obiettivo futuro
sarà togliere il denaro di mezzo. Le politiche di abolizione delle
transazioni in contanti servono proprio per abbattere il potere
rappresentato dall’acquisto. Non èscluso che si arriverà al pagamento di
stipendi direttamente in beni e servizi, una sorta di welfare imposto. In sostanza il club dei davvero ricchi ha chiuso il tesseramento.
Oggi abbiamo una commistione di schiavi e
piccoli artigiani, schiavi in quanto legati al lavoro quasi fisicamente
(oggi il lavoro si insinua nella vita privata, senza sosta. Basti
pensare al Black Berry o alla “connessione in mobilità) e piccoli
artigiani in quanto il datore di lavoro (padrone) non fornisce più alcun
servizio, ad esempio le assicurazioni sanitarie, la mensa o altri benefit.
Che ancora ci salva è la lotta tra potere politico e potere economico,
che rallenta il prendere forma dello Stato futuro. E in tutto questo il
tempo diventa astorico, un eterno presente, dove conta sopravvivere. Il
velo di Maya è stato calato.
Forse diventare davvero poveri può essere la chiave di volta per uscirne.
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