mercoledì 9 maggio 2012

IMPRENDERE, ovvero AVER CURA DI SE'

Luca in un commento su FRANE, SMOTTAMENTI... E ROVINE scrive: (...) Una bella analisi. Ma mi chiedo... A cosa servono queste analisi? Perdonate la franchezza, ma sono analisi autoreferenziali che assolutamente non si addicono ad una "officina", che è il luogo del "fare", del "lavorare". Si possono passare ore e giorni a disquisire del perchè questo voto si sia spostato, cosa ha fatto Vendola... Bersani... Tosi e Renzi... Ma alla fine la questione è diversa... Ci vuole un bel "chissenefrega" sulle politucole passate e degli altri. Il punto è, cosa si deve fare ora? Cosa si propone? Quali azioni intraprendere come singoli o come gruppi? Cosa fare? Agire a livello di blog o a livello comunale? Farsi promotori di attività pratiche? Denunciare comportamenti illegittimi? Azione, c'è bisogno di azione. Luca Bernardoni.


Altrettanto efficace è la parallela sollecitazione di Simon, che domanda se anche qui non si stia facendo il gioco le cui regole sono state già scritte da altri, e con un finale di partita il cui risultato è già stato predefinito.
Tutto può essere. Ma le ragioni di questo essere non penso si sovrappongano perfettamente alle apparenze, ne si confondono con l'espressione fenomenica. Se non avessimo questa fiducia che qualcosa di altro è ancora possibile dire ed intendere (prendo a prestito da Leonardo), tanto varrebbe riposare in attesa della fine della storia profetizzata da David Ricardo, o attendere che le coscienze rivoluzionarie si determinino indotte dalla stessa ineluttabilità della fine. Poi, magari, ricominciare tutto daccapo.
Ieri mattina Michela Cusano mi metteva a parte dell'iniziativa in Puglia dal 23 al 28 Maggio di Genuino Clandestino, ed io la invitavo a scrivere come collaboratrice su N.O.I., perchè è essenziale cominciare ad affrontare le problematiche legate all'alimentazione, alla produzione agricola e all'allevamento degli animali, alla sostenibilità economica e del potere d'acquisto delle famiglie, ai mercati contadini permanenti nei paesi e nei quartieri delle città nelle ore più accessibili per l'acquisto, perchè tutte queste cose sono sistematicamente correlate. Certamente dobbiamo ri-cominciare ad avere consapevolezza che l'insalata dell'orto di Maramao non si conserva fresca come ci ha abituati quella della GDO e per gli ovvi motivi che conosciamo, e che bisogna mangiarla in breve tempo. Ma questo tipo di acquisto non consentirebbe per un verso una maggiore sostenibilità economica dell'impresa agricola dei produttori, e parimenti un maggiore potere d'acquisto dei salari e degli stipendi delle famiglie che potrebbero acquistare così a prezzi più bassi rispetto a quelli che vediamo applicati? E gli amministratori pubblici come possono agevolare questo tipo di soluzione commerciale ed economica a fronte di una serie di normative sull'igiene pubblica emanate principalmente per chiudere il mercato agricolo a pochi attori distributivi più che produttivi della materia alimentare (dato che non ci si venga a dire che l'uso degli agenti chimici impiegati in agricoltura per la produzione e la conservazione, come l'uso massiccio degli antibiotici negli allevamenti animali, sono utilizzati per il nostro benessere e la nostra salute!)? Quali poteri di igiene pubblica i sindaci e gli amministratori pubblici detengono e possono azionare? Come si può rendere più agevole la fruizione delle abbondanze nelle campagne, smontando le pastoie burocratiche e legali? E l'acquisto quotidiano degli alimenti in spazi pubblici predisposti allo scopo, anzichè periodico a lungo termine, rimette in discussione i nostri stili di consumo? 
Come si può notare, motivi e ragioni dell'impresa agricola, un altro stile di consumo alimentare e di fruizione delle risorse agricole, la sostenibilità dei suoli agricoli come anche la sostenibilità del potere di acquisto delle famiglie, sollevano tutta una serie di problematiche legate alla migliore distribuzione ed allocazione delle risorse? E questo comporta o meno il compiere scelte decisive nell'ambito amministrativo e pubblico, oltre che privato? E le soluzioni imprenditoriali che donne e uomini stanno intraprendendo e che s'incuneano in questo dibattito su un modo nuovo di fare impresa e di lavorare con le risorse naturali e umane cosa domandano al ceto dirigente ed all'azione partecipativa? Quale cittadinanza e quale lavoro si affaccia nuovamente?
Esempi ve ne sarebbero, come quelli di VinNatur di  Angelino Maule, che coniuga rispetto dell'ambiente e dei suoli, produzione artigiana e relazione con gli istituti di ricerca universitaria, diffusione delle tecniche e delle esperienze produttive dei viticoltori e informazione rispettosa ai fruitori del vino. 
Oppure come quella di OpenWear di Zoe Romano, che su una piattaforma open source raccoglie modelli di vestiti o qualsiasi cosa altra possa esser fatto con i tessuti, mettendo a disposizione degli utenti finali e di una rete di piccoli produttori artigianali e casalinghi di abiti sartoriali di ogni dove (e che spesso vivono di sub-sub appalti e di terziarizzazione che strangola ed affanna la sostenibilità economica delle loro esistenze) idee e "storie di comunità creative dove le persone si prendono cura uno dell'altro, in cui ogni piccolo progetto personale è il filo di un tessuto più grande ottenuti con le attività, i sogni e le capacità di tutti gli altri",  come è scritto nella pagina di Cos'è OpenWear.

Esempi di laboriosità ce ne sono, e così di cittadini che intorno al lavoro, come imprenditori e lavoratori e fruitori, ogni giorno costruiscono e determinano nuove operatività che legano e connettono. 
Cosa fanno Michela o Zoe o Angelino o Leonardo se non mettere insieme, attorno a delle operatività, persone esperienze capacità competenze itinerari vie d'uscita... cittadinanze? 
E i gruppi di giovani sprovveduti che vincono nelle periferie d'Italia le elezioni a sindaco cosa han fatto se non incontrarsi, confrontarsi con le istanze quotidiane dei loro concittadini, inventare soluzioni programmatiche, ed adesso misurarsi con i muri del governo della cosa pubblica?
E tutte queste vitalità meritano di avere uno spazio aperto di condivisione e di diffusione che esuli dalla mera estemporaneità ed occasionalità che gli eventi mediatici offrono quando avanzano alcune pagine di cronaca da riempire?
E' possibile cominciare a raccontare che "non sei il solo" e non sei solo?
E' necessario. 

Non è interessante che N.O.I. - Nuova Officina Italiana diventi uno spazio come un altro dove poter esercitare gli esercizi ginnici alle falangi, ma dove emerga dirompente il bisogno di organizzare e connettere queste vitalità, affinché possano diventare delle opportunità per altri, affinché aprano gli anfratti localistici e personalistici nella quale spesso ci rifugiamo, affinché vengano veicolate informazioni soluzioni proposte patti che già operano nei territori, divenendo paragoni di confronto e piattaforme di evoluzione civile ed economica dell'Italia.
Però non possiamo consentirci il lusso di fare sintesi senza ben accompagnarle con le analisi che spero vengano da altri ancora pubblicate e che siano ancora più approfondite di quelle che finora si son potute leggere. Perché se non comprendiamo lo spazio ed il tempo che attraversiamo non potremo Imprendere, ovvero metterci in movimento con le nostre mani per afferrare dapprima il nostro presente, e lanciare da qui ed ora il nostro futuro recuperando memoria del nostro passato. E dobbiamo farlo insieme, connettendo le derive e le dispersioni che tutti sappiamo essere esercitate. 
Poi se saranno imprese attività colture paesaggi politiche nuove, ben vengano. Ma ognuno dovrà e potrà sapere che da una distanza è ancora possibile bere. E che  ognuno sarà ancora chiamato ad una "vita buona", a realizzare il "ben fatto" (come dice il musicista Mario Brunello), a riscattarsi dalla schiavitù e dalle ansie delle passioni restando in uno stato di quiete e di sovranità di sè su di sè.
Che poi quanto da me scritto su queste elezioni europee vuole essere una lettura "politica" dei dispositivi di potere e di costruzione delle dinamiche  di soggettivazione... perchè no? Da quale posizione potremmo riscrivere un patto di cittadinanza intorno al lavoro se non dapprima interrogandoci sulle forme di governabilità che sono tutt'oggi esercitate e dalle resistenze che le affrontano, investendo energie tempo ricchezze e fortune che in un flusso vanno e ritornano? Questi imprenditori, questi lavoratori, queste donne e questi uomini quale costruzione di senso, quale operazione di autoselezione riflessiva, di attestazione personale, di emancipazione dalla finitezza storica pongono in atto per costituirsi come identità? 
Come si può vedere, non si tratta di teorie o atteggiamenti, ma di vere e proprie pratichè di sè, fatte di obiettivi, strategie, procedure, tempi, tecniche di vita. Cosa pensiamo accada nell'officina di Doriano Mattellone o di Filippo Berto fra apprendisti maestranze  consolidate e il titolare se non questa incessante cura di sè, delle persone, della conoscenza e della sapienza, della qualificazione del lavoro e quindi dei prodotti, oggi rifiutati nell'impersonalità delle relazioni industriali? A quale conoscenza di sè ed a quale verità si accede?
L'officina, quindi, è ancora il luogo privilegiato dove statuto teoretico della verità e statuto esperienziale sono ancora legate nelle esistenze in essa operanti, e dove l'essere del soggetto può forse ancora trovare salvezza nella verità, smettendo i panni di attore ex-posto e con il copione già scritto ma semmai come agente delle sue azioni, dei suoi discorsi, dei suoi pensieri, in un permanente disancoraggio rispetto alle posizioni politiciste  pedagogiste ed economicistiche per assumere un'arte di vivere che si esercita in tutto il corso di vita. Doriano,  ad esempio, parlando della sua impresa comincia dicendo che la sua azienda ha 40 + 2 anni. E Filippo s'interroga ogni giorno le sue maestranze sulla identità del loro operare attraverso il blog aziendale.
Certo, non tutto è perfetto. Ma di questa perfettibilità sentiamoci fortunati nel poterla ancora realizzare, verbo che coniuga pensare e fare, in questo incessante bisogno di trasformare le nostre esistenze.

Quindi, ben vengano Luca, Doriano, Filippo, Zoe, Nicola che recupera macchine e sapienze tipografiche, Angelino e tutti coloro che, in latitudini diverse, sanno ancora mettere in comune, sanno ancora riconciliare quello che si dice a quello che si vede, insegnando a sapersi mettere in gioco, a essere evidenze di questa esperienza soggettiva di trasformazione perché, parafrasando Foucault, solo la cura di sè e delle proprie cose, la padronanza di sè stessi, il costituirsi come soggetti morali dei propri atti, lo stabilire una relazione inalienabile con sè stessi, dando dignità e forma alla propria esistenza e alla propria vita, non è una dimensione parolaia ma semmai la premessa essenziale per costruire relazioni interpersonali e momenti di aggregazione positivamente fondati.
Ognuno è nodo di una rete di nodi... che si spera non facciano tutti la stessa cosa.


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