via Candy Chang |
Nella telefonata, l’imprenditore dice di avere diverse centinaia di chilogrammi di polveri contenenti arsenico di cui disfarsi, e non sa come fare: smaltire un veleno come l’arsenico costa molto, e l’industria di smaltimento gli ha fatto un preventivo alto, troppo alto. Il rubagalline di Villa Literno, gli parla dandogli del tu, senza nessuna sudditanza culturale o geografica, e gli dice che lui si può prendere quella robaccia per un prezzo dieci volte inferiore a quello di mercato, basta che il pagamento sia in contanti. Il veneto, che come si scoprirà al momento dell’arresto è un finanziatore della Liga Veneta e non perde occasione per dire che gli fanno schifo i meridionali, gli risponde che è felice di fare affari con “gli amici di Villa Literno”, ma che non sa come fare a mandare fino al “sud” il camion con tutto quel carico, teme un posto di blocco, un controllo per strada. Strano a dirsi: un industriale del nord che non sa risolvere un “problema di trasporto”, ma gli viene in soccorso il socio in affari del sud: “Manda un camion per strada, e rubate i sacchi neri della monnezza indifferenziata, da dentro i cassonetti. Poi ricorda: se in ogni quintale di monnezza indifferenziata ci butti dentro un chilo di arsenico, e mischi il tutto rivoltando e rompendo i sacchi, l’arsenico non lo troveranno mai, manco se fanno l’analisi in laboratorio!”
Le telefonate successive portano con sè un qualcosa di spettacolare: l’imprenditore manda i suoi operai a rubare i sacchi indifferenziati, ci butta l’arsenico dentro ma, nonostante la sua industria sia chimica, ed abbia quindi abbondanti competenze nel settore, non prevede che la miscela tossica inizia ad emettere del fumo bianco, che porta con sè la polvere di arsenico. Vistosi perduto, telefona al socio casertano, che con notevole prontezza, manco fosse un professore di chimica, gli dice: “Vai da qualche tuo collega che lavora il metallo, lui come rifiuti ha molta limatura di ferro, e deve pagare per smaltirla, tu fattela regalare, e lui sarà felice di darla via senza pagare. Se dentro i camion, una volta caricati con la monnezza e l’arsenico, ci butti a pioggia la limatura di ferro, vedrai che il fumo non esce più! La limatura di ferro blocca la reazione chimica che fa uscire il fumo!”
Il giorno dopo, terza telefonata, e il veneto parla chiaro: “Ehi amico! Ho fatto come hai detto! Avevi ragione, il fumo non esce più! Stanotte partono i camion, e ti mando anche i soldi, il carico è bollato come rifiuti assimilati agli urbani”.
Una volta arrivati a Villa Literno, i camion vengono svuotati, il carico trasferito su mezzi più piccoli, tipo i classici “tre ruote” che vediamo sempre girare per le nostra campagne, spesso guidati da extracomunitari clandestini, che in quanto tali offrono il migliore vincolo di silenzio possibile. E quei “tre ruote” svuotano i loro piccoli cassoni sui bordi delle strade di campagna, accanto ai campi coltivati, su e giù per quella Piana Campana così piena di raccolti, fin dai tempi delle Guerre Sannitiche raccontate da Tito Livio.
Il nord e il sud, finalmente alleati. Al di là delle battaglie politiche tra leghisti, che sostengono che il sud freni lo sviluppo e risucchi forze e risorse economiche, e intellettuali meridionalisti che accusano il nord di essersi arricchito depredando il sud. Una sfida culturale che va avanti da 150 anni, finalmente superata grazie ad una ferrea alleanza.
L’Italia produce ogni anno 140 milioni di tonnellate di monnezza, di rifiuti, di cui 32 milioni appena sono rifiuti urbani. Il resto, circa 108 milioni di tonnellate, sono rifiuti speciali, rifiuti del mondo della produzione industriale, agricola, edilizia, ma anche farmaceutica, chimica, petrolifera. Una montagna di rifiuti da smaltire così grande da non essere immaginabile: quanti di noi riescono a figurarsi mentalmente quanto siano 108 milioni di tonnellate?
Sullo smaltimento di queste scorie, finalmente l’Italia si è unita davvero. Non più lotte intestine, politiche, calcistiche, storiche, ma unità d’intenti: far sparire la monnezza velenosa, risparmiando sui costi, e trainando il Paese in lotta contro la crisi.
Per la cronaca, l’imprenditore veneto, anche lui poi arrestato, era regolarmente iscritto alla sua organizzazione di categoria: quella Confindustria che si fregia di punire con l’espulsione quegli industriali che pagano il pizzo alle mafie, ma che si guarda bene dal punire chi con le mafie ci fa affari.
Tratto da Collettivo Latrones: Camorra, l'eccelleza che unisce l'Italia.
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