Ilya Chashnik - Suprematismo , 1920 |
IL
BOY (scout) al comando, segue la via tracciata. Ma quando
questa sfocia nel campo e non si sa se veramente si tratti di uno sfociare o di
un cominciare a consentire un passaggio nuovo, la situazione si ingarbuglia a
tal punto da indurre l’abbandono del piglio guerriero di chi conduce intrepido e
mestamente disporsi ad alzare le tende per la notte.
Cosa manchi all’Italia è
paradossale consapevolezza diffusa inversamente contraddicibile. Non manchiamo
di nulla, eppure non sappiamo da quale parte andare. Ogni cosa seppure tenuta
nascosta o disponibile per ogni intenzione è nella consapevolezza di tutti.
Sembra addirittura che chi parla sappia di più di quanto le cose siano
dinamiche da per se stesse, e che di questo dinamismo ognuno alla fine ne goda.
Basta averlo sentito dire da qualcuno o averlo inteso insieme alla propria
compagnia.
Che i sistemi politici e
l’esercizio per elementi della politica ne risentano è del tutto conseguente. E
di fronte al vecchio marchingegno del distribuire risorse dello Stato al Sud,
quale leva adattiva, caso a caso, dello sviluppo, lo sviluppo stesso non si sa
più che faccia abbia, mentre la politica obbligata al distribuire, non sa più
dove è depositata ricchezza e a quali condizioni la si determini. E intanto,
proprio quella reciprocità, che allocutivamente, indipendentemente da ogni
intenzione distributiva astratta, faceva la vita di comunità non riesce a dire
più nulla e nemmeno a fare compagnia. In ogni senso!
Il boy, così, rischia di
restare solo, a meno che non intenda la politica come l’esercizio di
sostituzione per eccellenza. Il prepararsi come l’essere già da sempre
preparati, mentre il far nulla lo contiene… il restare preparati; il
partecipare come se si sia da sempre parte decidente; il rappresentare come se
non ci fosse altro nel destino dei rappresentati/rappresentanti; l’essere Stato
come ciò che si tace in premessa, e obbligatoriamente.
Sola, inevitabilmente, sarà
la sentinella del campo base quando la sera passata e la notte piena attenderà
soltanto che la stella del mattino dica, del giorno nuovo, ogni cosa.
Ed è cosa di questi ultimi
giorni l’affermazione del definitivo venire meno delle differenze canoniche in
politica, la destra e la sinistra, in favore di una nuova opponibilità senza
compromissioni, come ciò che viene inteso come l’occupazione del sopra e la
costrizione al sotto, (Le Pen) dalla quale costrizione tutti i popoli di Europa
vorranno emanciparsi necessariamente persa ogni valenza del partecipare, in un
modo qualsiasi, alla capacità di distribuzione della ricchezza che l’Occidente
utilizza. E su questo si fa spietata concorrenza tra i movimenti che sarebbero
al di là di ogni differenza, (vedi i “Cinque stelle”) tra le formule di
ripristino dell’età Rinascimentale, (Renzi e compagnia) e quelle ultime e più
dirette, vedi Barca, dove la ricognizione comune dei risultati di una politica
condivisa di base, costringerebbe la politica ad uscire dai luoghi alti rinnovandone
efficacia e credibilità.
Questi atteggiamenti
ricordano l’atto di sostituzione, ritrovato da K. Marx in ogni ambito sociale
moderno, con il quale il capitalista interrogato sulla natura del salario,
risponde con il corpo vivo dell’operaio; dove il capitale chiamato a dichiarare
il proprio ruolo economico, piuttosto che alla sua origine fa riferimento alle
sue modalità di utilizzo.
Atto di sostituzione, motivo
di rilevazione scientifica dei meccanismi vitali della nostra società, come si
vede, di nuovo confermato intorno alla politica. Questa, infatti, oggi, pur
essendo la causa della crisi generale dell’Occidente, non riconosce a sé altro
che non sia il proprio rinnovamento in quanto assolutamente distante, e per
questo confermata e giustificata, da ogni formula di sopravvivenza che la
società, cosiddetta civile, avrà adottato più o meno consapevolmente. E sarà
proprio questa inconsapevolezza ciò che le garantisce decisiva presenza.
Diversamente, Marx sarà
vittima di se stesso quando una qualche consapevolezza di ruolo sociale e
civile (una specie di autocertificazione di morte) imporrà che si dica
proletariato mentre, invece, si rivendica una società senza classi!
Come pure il nostro
proposito di “riconoscere e fare il sotto” della nostra società, si dovrà
fermare agli atti di riconoscimento dello “stare sotto” come attività spontanea
e involontaria, che appena viene chiamata per nome subito corre dove,
dall’indifferentismo generalizzato, quale “propaganda che riceve, piuttosto che
inculchi, l’opinione delle masse” (Hannah Arendt; “Le origini del
totalitarismo”, Einaudi, 2005, pag. 499) è stata chiamata.
Il principio che si diffonde
è non più, quello netto e paritario al fondo, del furto, dell’appropriazione,
ma quello più modesto dell’approfittare di una circostanza (piena condizione
post-ideologica e sua permanente conferma, in quanto motivo di giustificazione
successiva pienamente logica e teoricizzabile completamente) dove, nessuno, si
deve presumere, abbia avuto cognizione di un bene, del quale adesso si può,
senza contraddizione alcuna, esercitare il possesso e l’uso. Una sorta di
marginalismo sociale, che mentre da un lato declina il non-lavoro, dall’altro è
reddito e salario, rendita e tesaurizzazione, addirittura “spirito di impresa”,
e da tutte queste formule pretende affermazione e vantaggio. Dando modo alla
“propaganda che riceve l’opinione
delle masse” di accogliere e confermare il destino di chi “sta sotto” in una
prospettiva comune di ulteriori vantaggi da raggiungere.
Si potrebbe dire, a questo
punto, che… il proletariato è la società senza classi!!! E, nello stesso tempo,
riconoscere che ogni rilevazione dello “stare sotto” è impossibile, dal momento
che manca l’oggetto, manca il determinato. E che ogni cosa è lo “stare sopra”,
ma non esclusivamente “in politica”, ma per ogni esercizio sociale praticato.
In questo attirata e sedotta la politica; diventata esclusivamente propaganda
che “riceve, conferma ed esalta”,
l’opinione di massa!!! E può farlo proprio rinunciando alla “destra e alla
sinistra”, confermando che solo il “sopra” di una nuova Europa, potrà
confermare i vantaggi che la propria marginalità sociale ha consentito di
raggiungere! Ivi compresa la paradossale “uscita dall’Euro”!
Ma, anche qui, si dice
“uscita dall’Euro” e si deve intendere accoglimento di una opinione di massa. E
fin qui nessun paradosso in vista. Il paradosso si presenta in tutta la sua
pienezza quando si deve intendere come esercizio
di politica europea, “l’uscita dall’Euro”! Cosa evidentemente improponibile
in Europa e neppure in Italia!!! Come cosa che possa somigliare ad un esercizio
politico efficace. A meno che per tutti i partiti politici, nessuno escluso,
l’atto di sostituzione, è diventato tanto repentino da negare ogni oggettività,
fino all’essere nazione o del restare comunque in Europa! Quali alternative che
mettono in gioco la stessa identità politica dei partiti, tanto che si possa
dire, non solo che il proletariato è la società senza classi, ma che la
politica è la scomparsa dello Stato!!! Veramente, dunque, e completamente, “lo
stare sopra” ha vinto in ogni cosa.
Continuare, comunque, a
cercare la via nel campo, con il boy, è sicuramente necessario, ma che i passi
e lo sguardo che avvia all’ulteriore orizzonte, non siano sufficienti a intendere
la via, ci porterà forse a desiderare di togliere la terra sotto i nostri
piedi? Sostituendola con cosa?
Da qui la necessità che il
tolto (che si sintetizza in ogni cosa del passato!!!) da se stesso determinato,
e nel caso del nostro Occidente, ciò che costituisce il “sotto-vinto-definitivamente-dal-sopra”
si ricostituisca da se stesso, diventa obbligatorietà spontanea. Ogni
integrazione al sopra del sotto, infatti, vedi quote rosa, percorsi di
formazione per l’avvio al lavoro, i mini bond per finanziare le PMI, la stessa
istituzione scolastica motivo di nuovo interesse politico, i diritti civili
delle coppie di fatto, ecc. ecc., lasciano che la dimensione femminile, esemplare
“sotto”, capace addirittura di resistere la violenza oggi, quando, ben
diversamente, superava dolore e solitudine (!!!) ieri, resti senza alcuna cura.
Cura che solo la condizione di relazione che in questa guisa la manteneva
poteva assicurare in quanto ricchezza specifica impossibile da svendere o da
risarcire!!! E tanto vale per ogni “sotto”!
Che se stiamo svendendo la
casa, ovvero la “funzione femminile” o il risparmio essenziale economico,
ovvero l’investimento nei pressi dell’oikos, allora, non è possibile ritenere
che la più grande pratica di sostituzione sia pari a ciò che si intende
sostituire, a meno che, come al solito, dal mondo nuovo si passi alla sostituibilità
obbligata dell’uomo nuovo!!! Auguri! Ma che questa dinamica abbia un nome già
sentito… vale solo per avviare una sostituzione delle disponibilità organiche all’ascolto?
O che altro?
Ma sì, forse la soluzione la
abbiamo. Si tratterà di impostare il più grande investimento per l’umanità
intera: “La cura del basso”, l’attivazione e il ripristino culturale di ogni
pratica del passato dove il segreto della sopravvivenza si è concretamente
manifestato. La più grande operazione culturale e pratica, ben oltre ogni
“nuova frontiera” americana, e ogni mondializzazione, che solo l’Europa può
attivare, a condizione di intendere la permanenza e la cura del “sotto” per
ogni angolo del mondo.
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