giovedì 24 aprile 2014

IL BOY (scout) al comando - di Leonardo Tinelli


Ilya Chashnik -  Suprematismo , 1920


IL BOY (scout) al comando, segue la via tracciata. Ma quando questa sfocia nel campo e non si sa se veramente si tratti di uno sfociare o di un cominciare a consentire un passaggio nuovo, la situazione si ingarbuglia a tal punto da indurre l’abbandono del piglio guerriero di chi conduce intrepido e mestamente disporsi ad alzare le tende per la notte.



Cosa manchi all’Italia è paradossale consapevolezza diffusa inversamente contraddicibile. Non manchiamo di nulla, eppure non sappiamo da quale parte andare. Ogni cosa seppure tenuta nascosta o disponibile per ogni intenzione è nella consapevolezza di tutti. Sembra addirittura che chi parla sappia di più di quanto le cose siano dinamiche da per se stesse, e che di questo dinamismo ognuno alla fine ne goda. Basta averlo sentito dire da qualcuno o averlo inteso insieme alla propria compagnia.

Che i sistemi politici e l’esercizio per elementi della politica ne risentano è del tutto conseguente. E di fronte al vecchio marchingegno del distribuire risorse dello Stato al Sud, quale leva adattiva, caso a caso, dello sviluppo, lo sviluppo stesso non si sa più che faccia abbia, mentre la politica obbligata al distribuire, non sa più dove è depositata ricchezza e a quali condizioni la si determini. E intanto, proprio quella reciprocità, che allocutivamente, indipendentemente da ogni intenzione distributiva astratta, faceva la vita di comunità non riesce a dire più nulla e nemmeno a fare compagnia. In ogni senso!

Il boy, così, rischia di restare solo, a meno che non intenda la politica come l’esercizio di sostituzione per eccellenza. Il prepararsi come l’essere già da sempre preparati, mentre il far nulla lo contiene… il restare preparati; il partecipare come se si sia da sempre parte decidente; il rappresentare come se non ci fosse altro nel destino dei rappresentati/rappresentanti; l’essere Stato come ciò che si tace in premessa, e obbligatoriamente.
Sola, inevitabilmente, sarà la sentinella del campo base quando la sera passata e la notte piena attenderà soltanto che la stella del mattino dica, del giorno nuovo, ogni cosa.

Ed è cosa di questi ultimi giorni l’affermazione del definitivo venire meno delle differenze canoniche in politica, la destra e la sinistra, in favore di una nuova opponibilità senza compromissioni, come ciò che viene inteso come l’occupazione del sopra e la costrizione al sotto, (Le Pen) dalla quale costrizione tutti i popoli di Europa vorranno emanciparsi necessariamente persa ogni valenza del partecipare, in un modo qualsiasi, alla capacità di distribuzione della ricchezza che l’Occidente utilizza. E su questo si fa spietata concorrenza tra i movimenti che sarebbero al di là di ogni differenza, (vedi i “Cinque stelle”) tra le formule di ripristino dell’età Rinascimentale, (Renzi e compagnia) e quelle ultime e più dirette, vedi Barca, dove la ricognizione comune dei risultati di una politica condivisa di base, costringerebbe la politica ad uscire dai luoghi alti rinnovandone efficacia e credibilità.

Questi atteggiamenti ricordano l’atto di sostituzione, ritrovato da K. Marx in ogni ambito sociale moderno, con il quale il capitalista interrogato sulla natura del salario, risponde con il corpo vivo dell’operaio; dove il capitale chiamato a dichiarare il proprio ruolo economico, piuttosto che alla sua origine fa riferimento alle sue modalità di utilizzo.

Atto di sostituzione, motivo di rilevazione scientifica dei meccanismi vitali della nostra società, come si vede, di nuovo confermato intorno alla politica. Questa, infatti, oggi, pur essendo la causa della crisi generale dell’Occidente, non riconosce a sé altro che non sia il proprio rinnovamento in quanto assolutamente distante, e per questo confermata e giustificata, da ogni formula di sopravvivenza che la società, cosiddetta civile, avrà adottato più o meno consapevolmente. E sarà proprio questa inconsapevolezza ciò che le garantisce decisiva presenza.

Diversamente, Marx sarà vittima di se stesso quando una qualche consapevolezza di ruolo sociale e civile (una specie di autocertificazione di morte) imporrà che si dica proletariato mentre, invece, si rivendica una società senza classi!
Come pure il nostro proposito di “riconoscere e fare il sotto” della nostra società, si dovrà fermare agli atti di riconoscimento dello “stare sotto” come attività spontanea e involontaria, che appena viene chiamata per nome subito corre dove, dall’indifferentismo generalizzato, quale “propaganda che riceve, piuttosto che inculchi, l’opinione delle masse” (Hannah Arendt; “Le origini del totalitarismo”, Einaudi, 2005, pag. 499) è stata chiamata.

Il principio che si diffonde è non più, quello netto e paritario al fondo, del furto, dell’appropriazione, ma quello più modesto dell’approfittare di una circostanza (piena condizione post-ideologica e sua permanente conferma, in quanto motivo di giustificazione successiva pienamente logica e teoricizzabile completamente) dove, nessuno, si deve presumere, abbia avuto cognizione di un bene, del quale adesso si può, senza contraddizione alcuna, esercitare il possesso e l’uso. Una sorta di marginalismo sociale, che mentre da un lato declina il non-lavoro, dall’altro è reddito e salario, rendita e tesaurizzazione, addirittura “spirito di impresa”, e da tutte queste formule pretende affermazione e vantaggio. Dando modo alla “propaganda che riceve l’opinione delle masse” di accogliere e confermare il destino di chi “sta sotto” in una prospettiva comune di ulteriori vantaggi da raggiungere.

Si potrebbe dire, a questo punto, che… il proletariato è la società senza classi!!! E, nello stesso tempo, riconoscere che ogni rilevazione dello “stare sotto” è impossibile, dal momento che manca l’oggetto, manca il determinato. E che ogni cosa è lo “stare sopra”, ma non esclusivamente “in politica”, ma per ogni esercizio sociale praticato. In questo attirata e sedotta la politica; diventata esclusivamente propaganda che “riceve, conferma ed esalta”, l’opinione di massa!!! E può farlo proprio rinunciando alla “destra e alla sinistra”, confermando che solo il “sopra” di una nuova Europa, potrà confermare i vantaggi che la propria marginalità sociale ha consentito di raggiungere! Ivi compresa la paradossale “uscita dall’Euro”!

Ma, anche qui, si dice “uscita dall’Euro” e si deve intendere accoglimento di una opinione di massa. E fin qui nessun paradosso in vista. Il paradosso si presenta in tutta la sua pienezza quando si deve intendere come esercizio di politica europea, “l’uscita dall’Euro”! Cosa evidentemente improponibile in Europa e neppure in Italia!!! Come cosa che possa somigliare ad un esercizio politico efficace. A meno che per tutti i partiti politici, nessuno escluso, l’atto di sostituzione, è diventato tanto repentino da negare ogni oggettività, fino all’essere nazione o del restare comunque in Europa! Quali alternative che mettono in gioco la stessa identità politica dei partiti, tanto che si possa dire, non solo che il proletariato è la società senza classi, ma che la politica è la scomparsa dello Stato!!! Veramente, dunque, e completamente, “lo stare sopra” ha vinto in ogni cosa.

Continuare, comunque, a cercare la via nel campo, con il boy, è sicuramente necessario, ma che i passi e lo sguardo che avvia all’ulteriore orizzonte, non siano sufficienti a intendere la via, ci porterà forse a desiderare di togliere la terra sotto i nostri piedi? Sostituendola con cosa?
Da qui la necessità che il tolto (che si sintetizza in ogni cosa del passato!!!) da se stesso determinato, e nel caso del nostro Occidente, ciò che costituisce il “sotto-vinto-definitivamente-dal-sopra” si ricostituisca da se stesso, diventa obbligatorietà spontanea. Ogni integrazione al sopra del sotto, infatti, vedi quote rosa, percorsi di formazione per l’avvio al lavoro, i mini bond per finanziare le PMI, la stessa istituzione scolastica motivo di nuovo interesse politico, i diritti civili delle coppie di fatto, ecc. ecc., lasciano che la dimensione femminile, esemplare “sotto”, capace addirittura di resistere la violenza oggi, quando, ben diversamente, superava dolore e solitudine (!!!) ieri, resti senza alcuna cura. Cura che solo la condizione di relazione che in questa guisa la manteneva poteva assicurare in quanto ricchezza specifica impossibile da svendere o da risarcire!!! E tanto vale per ogni “sotto”!
Che se stiamo svendendo la casa, ovvero la “funzione femminile” o il risparmio essenziale economico, ovvero l’investimento nei pressi dell’oikos, allora, non è possibile ritenere che la più grande pratica di sostituzione sia pari a ciò che si intende sostituire, a meno che, come al solito, dal mondo nuovo si passi alla sostituibilità obbligata dell’uomo nuovo!!! Auguri! Ma che questa dinamica abbia un nome già sentito… vale solo per avviare una sostituzione delle disponibilità organiche all’ascolto? O che altro?


Ma sì, forse la soluzione la abbiamo. Si tratterà di impostare il più grande investimento per l’umanità intera: “La cura del basso”, l’attivazione e il ripristino culturale di ogni pratica del passato dove il segreto della sopravvivenza si è concretamente manifestato. La più grande operazione culturale e pratica, ben oltre ogni “nuova frontiera” americana, e ogni mondializzazione, che solo l’Europa può attivare, a condizione di intendere la permanenza e la cura del “sotto” per ogni angolo del mondo.

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