Alex Majoli - India, fabbica tessile |
Renzi ha dichiarato, è risaputo, che per i neoassunti si potrebbe prevedere l'esclusione delle tutele derivanti dall'art.18 dello Statuto dei lavoratori. Noi qui ci abbiamo già scritto. E vogliamo ribadire che già le tutele sono ampiamente venute meno, e nulla è di fatto accaduto. Evidentemente il tema del lavoro e dell'occupazione sanno che è trainante e centrale in questa fase storica del Paese, così come sanno che avere le mani legate non consente seriamente di porvi rimedio ma solo di trovare soluzioni che si dimostrano peggiori del danno che intendono riparare. Ma tant'è che il Presidente Enrico Letta, l'altra testa di Cerbero, per non restare indietro e da meno si è subito affrettato la sera stessa a dire che "tutto ciò che fa occupazione è benvenuto". Proprio così!
Ma andiamo con ordine...
Lasciando stare quanto dice Alfano, piuttosto preoccupato di comprendere la strategia di posizionamento tattico nel mercato elettorale che il suo mentore Lui in Persona gli ha dettato e fatto rappresentare nella dissimulazione operata dalla scissione politicista, Renzi e Letta insistono ancora sul diritto del lavoro e sulle modifiche allo stesso per creare occupazione.
Innanzitutto è preoccupante che un Presidente del Consiglio in carica attenda sulla soglia, quasi fosse il maggiordomo della casa, che l'indirizzo politico e l'agenda delle soluzioni gli vengano "comandate", prestandosi unicamente a dare il benvenuto a tutto ciò che (ripetiamo, a tutto ciò che!) possa determinare occupazione.
... Magari anche questo fatto potrebbe diventare un valore da seguire, dopo i benvenuti di rito!
Più preoccupante ancora sono le dichiarazioni di Matteo Renzi, che finge (si spera!... ormai) di non sapere che già Monti e Fornero hanno finito di scassare ogni tutela giuridica del lavoro, senza che questo abbia sortito alcun effetto positivo e soddisfatto le aspettative e gli obiettivi che tali modifiche giustificavano, almeno nelle retoriche che ascoltavamo. Evidentemente, o abbiamo a che fare con imbonitori che non sanno quello che fanno e prima dicono, oppure sanno perfettamente dove vogliono arrivare... ma non possono dircelo. Ovvero, ce lo dicono fra le righe.
Infatti, Faraone, responsabile welfare della segreteria del PD, dice:
«La stella polare è il modello scandinavo, la flexsecurity, che avevamo già lanciato 4 anni fa alla Leopolda. Bisogna riformare drasticamente, agendo su due binari paralleli: il lavoro e lo Stato sociale».
Yoram Gutgeld, definito dalla stampa lo spin doctor economico di Renzi, invece abbassa il profilo, continuando a tenere la parte. Dice:
Resta tutto, non vogliamo togliere nulla, vogliamo solo aggiungere. Non aboliamo l’articolo 18, non aboliamo i contratti a progetto e non aboliamo i contratti a tempo indeterminato. Anzi. Quello che si vuole è guardare la realtà: spesso c’è un uso improprio dei contratti a progetto. E il contratto a tempo indeterminato è diventato un’araba fenice. Vogliamo aiutare i giovani e dare un’alternativa al deserto della precarietà (...)
potrà esserci anche una dinamica negoziale positiva con i datori di lavoro: per esempio, io potrei accettare un contratto con meno protezione, in cambio di una retribuzione più alta
Le dichiarazioni che avete letto sono riprese dall'articolo sopra collegato. Ed entrambe dicono per quale strada stanno già camminando questi giovani per i giovani ! E anche per i meno giovani, ma fuori da una qualche occupazione lavorativa e ai quali l'attende un futuro peggiore di quello dei giovani oltre che in competizione sociale con essi.
Cominciamo dicendo che l'introduzione delle politiche di welfare scandivano in un Paese con seri problemi di legalità e di giustizia (sociale e giuridica) serve a poco: aver derubricato il falso in bilancio ha solo funzionato per selezionare un ceto imprenditoriale predatorio, mentre invece si è punito tutto il blocco sociale che produce lavoro e ricchezza, impoverendolo e determinando le condizioni che oggi sono sofferte. Stiamo parlando delle piccole e medie imprese, dei lavoratori che in queste ci lavorano e delle partite iva costituenti quello che viene definito il Quinto Stato. L'insensibilità verso questi ceti produttivi è totale, anzi sono usati come pecore da tosare fino alla macellazione finale.
Più interessante si fa il discorso sulla possibilità che la rinuncia alle tutele giuridiche sul lavoro venga riconosciuta attraverso una maggiore retribuzione, che non trova specificazione di quanto. Naturalmente sappiamo tutti che le imprese non assumono perchè ci sono troppe tutele giuridiche, ma perchè le politiche economiche e industriali non possono essere decise in casa ma sono ormai definite da strutture sovranazionali che rispondono a metodi e uomini che non hanno a cuore nè l'interesse generale e nè l'attivazione di politiche redistributive dei redditi e della ricchezza. Tanto è vero che, semmai, l'unica leva sulla quale si fa perno è unicamente quella salariale: la diminuzione del costo per unità prodotta. E finchè la produttività è assicurata dai margini di valore tecnologico ed umano intriseca alla merce, si riesce a fare meno leva sui salari... altrimenti per le produzioni decotte l'unica soluzione restano la diminuzione dei costi retributivi e le politiche di incentivazioni nella quale ci siamo specializzati e che stanno incancrenendo la situazione cui nessuno vuol mettere seriamente mano.
Inoltre, si sta dicendo che una schiera di giovani e meno giovani espulsi dal lavoro dovranno essere assunti con la possibilità, dietro un indennizzo da quantificare non si sa con che metodo ulteriore a quello stabilità dallo Statuto dei lavoratori, di poter essere licenziati alla... bisogna. A parte la profonda ingiustizia sociale che questo determinerebbe fra lavoratori tutelati e lavoratori non tutelati, quest'ultimi se non su un piano meramente civilistico (che è il vero obiettivo delle riforme del lavoro degli ultimi anni, ovvero l'abbattimento di ogni forma di diritto del lavoro!, e la sua sostituzione con il diritto negoziale e civilistico), quello che si verrebbe a determinare è che taluni devono rendersi disponibili di fatto a retribuzioni, lavori e condizioni relative di lavoro avulsi da nome giuridiche generali. Le deroghe degli ultimi governi sulle politiche della sicurezza, ad esempio, la dicono già molto lunga a riguardo.
Ma l'idea che il rottamatore porta con sè e soprattutto in sè e quella che una schiera di donne e di uomini devono rendersi disponibili ad accettare, o a dare il benvenuto per parafrasare qualcun'altro, tutto quanto porta occupazione. Indipendentemente dalla qualità del lavoro che poi significa la qualità della produzione e della competitività! Anzi, ancora una volta, si privilegiano tutte quelle produzioni ed attività imprenditoriali che non riescono e sanno stare sul mercato globale, che hanno corti respiri industriali, che competono sul piano della riduzione dei costi e non della creazione di valore. Praticamente il cane che si mangia la coda. E per questo cane a tre teste oltre la coda gli viene offerto un interno blocco sociale sottoproletarizzato e da finire di sottoproletarizzare! Senza alcuna considerazione degli effetti culturali e politici che ciò determina! Naturalmente a prova della sostanziale inconsistenza teorica, filosofica, scientifica e pratica delle loro articolazioni programmatiche, salvo che il tutto sia scientemente e volontariamente ricercato come obiettivo finale.
Facciamo un esempio, e non di fantasia. Poniamo il caso che un 55enne venga espulso dall'attività lavorativa perchè la sua fabbrica chiude, e che si rende disponibile a questa nuova forma di assunzione a bassa tutela rispetto a quella che fino ad allora ha goduto ma che dal 2014 sarà sostituita dall'ASPi introdotta dal ministro Fornero. Bene, direbbe qualcuno... basta che si ritorni a lavorare... il guaio sarà che dovrà accettare forme di lavoro al limite dello sfruttamento, dato che già adesso e anche prima le nostre imprese che non abbisognano di capitale umano e non investono in esso ritengono una persona a 55 anni inadeguata ed improduttiva. Se a questa intrinseca condizione ci aggiungiamo che potrà essere lasciato a casa con un indennizzo alla prima crisi che il ceto dirigente non è in grado di governare, pagandone le responsabilità che lui non ha, ad una più anziana età le possibilità di trovare un'occupazione diverranno ancora ancora più rarefatte, nella più felice delle ipotesi di riuscirne a trovare. Perchè? Perchè una schiera di giovani che si vedono costretti a non lavorare o a lavorare in forme intermittenti ed irregolari potranno essere utilizzati come esercito di manodopera in competizione, cosa che nel panorama produttivo italiano è possibile per i motivi sopra premessi.
Insomma, il lavoro non sarà più il fondamento democratico di questa Repubblica, ma semmai il giunglalese. Il tutto contro tutti!. I tutelati contro i non tutelati, i giovani contro i meno giovani, i ben retribuiti contro i mal retribuiti... finchè la propaganda terrà!
E quindi?
E quindi aspettiamo che qualcuno ci venga seriamente a dire che la festa è finita, e da un pezzo... e che sopratutto è finita per tutti. E che questo Paese è da rivoltare come un calzino se ne vuole uscire fuori. Con gli enormi sacrifici che ciò comporta ma con il necessario cambiamento radicale che urge. Altrimenti sarà la sua evoluzione sociale a determinarne le condizioni, e l'attuale ceto dirigente appare fermamente determinato a costruirle queste premesse, piuttosto che a governarne la deriva. Forse spera di non esserci più, oppure è soltanto fatalista!
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