L'agenzia internazionale di rating Moody's ha declassato la Francia.
Fra le motivazioni è possibile leggere:
«A differenza di altri sovrani non dell’area euro che hanno rating simili, la Francia non ha accesso ad una banca centrale nazionale per finanziare il proprio debito in caso di mancato funzionamento del mercato»
Una sponda atlantica al nostro partito antieuro, come già scritto nel post Il partito antieuro e quello del soldo verde, e in quello, ahivoi lungo, scritto ne la nave dei grulli.
Siccome N.O.I. illuministi lo siamo da vecchia data, ed il confronto lo riteniamo essere il sale della politica, come ci hanno insegnato i Padri di questa Costituzione italiana, uno fra tutti Einaudi
Non le lotte o le discussioni devono impaurire, ma la concordia ignava e l'unanimità dei consensi
vi rimarchiamo l'invito alla lettura che ci fa Stefano D'Andrea dal suo blog di questo, anch'esso lungo, documento prodotto da Giuseppe Guarino. Chi non ricordasse chi fosse, clicchi qui e qui . Per il documento, invece, di Guarino si clicchi qui. Se preferite sentirlo, allora cliccate qui dove una serie di video possono aiutarvi nella comprensione del punto di vista, giuridico, del professor Guarino. Altri interventi del professore possono udirsi cliccando qui.
Naturalmente i discorsi di Guarino che inquadrano la crisi dell'Europa nella sua architettura non democratica non può che vederci concordi, come già enucleato ne La Nave dei Grulli. Da qui a pensare di uscire dall'euro sottopone alla nostra attenzione questioni di natura geopolitica e di equilibrio internazionale che andrebbero tutti investigati.
Ritornando alla Francia, Hollande sapeva già cosa lo aspettasse. Infatti ha approntato nei suoi 5 anni una manovra finanziaria da 60 miliardi di euro di minori spese. Il suo ministro del Bilancio, Ayrault, dovrà garantire per il 2013 un disavanzo di bilancio sotto il 3%, da ottenersi con 10 Miliardi di euro di minore spesa e 20 miliardi di maggiori imposte (fra cui la fantomatica 75% per i redditi oltre il milione di euro). Naturalmente non ci ha creduto nessuno, manco il segretario del PS Harlem Dèsir se ha dichiarato che poi non sarebbe un gran male se non si riuscisse a centrare per bene l'obiettivo.
In questo documento del 5 Novembre (clicca qui) prodotto da Louis Gallois (ex CEO di AEDS) dice una serie di cosucce, fra le quali che la Francia deve abbandonare produzioni decotte, industria dei servizi e della Grande Distribuzione Organizzata, ed invece rendere più competitiva le sue PMI così come lo sono quelle tedesche, lottare la finanziarizzazione dell'economia che produce effetti negativi sulle politiche industriali e lottare contro il mercantilismo. Sembra di stare a leggere Tremonti.
Rispetto all'euro, Gallois ritiene che di debbano convincere i partner europei a svalutare la moneta europea. Infatti si sostiene, come lo si sostiene in Italia, che l'euro è troppo forte rispetto a quello che era il franco francese prima dell'entrata in circolazione della moneta unica. E questo ha affaticato la competitività delle industrie francesi. Anche in Francia non si vuole assumere che mentre alcuni si sono preparati alla sfida che la moneta unica avrebbe imposto, altri hanno continuato a produrre merci con basso valore aggiunto. Ed è chiaro che quando la competizione la si gioca sulle "commodities" chi la fa da padrona è la svalutazione monetaria, che rende così competitive le merci nei mercati globali. Poi, l'inflazione che se ne indurrebbe può essere controllata attraverso la deflazione dei salari e degli stipendi e con l'aumento delle imposte. Così come è avvenuto negli anni '80 in Italia (cancellazione della scala mobile) e negli anni '90 con la concertazione. Così la finiamo di scrivere che la svalutazione non induce all'inflazione: è vero, non induce inflazione se questa la fai pagare come potere d'acquisto a qualcun'altro rosicandogli salari e stipendi.
Anche in Francia si ragiona di riduzione del cuneo fiscale, ovvero di diminuzione del costo del lavoro. Cliccando qui, potrete leggere della rivoluzione fiscale francese. Il nocciolo della questione resta che negli ultimi 20 anni la tassazione francese è sbilanciata verso l'imposizione indiretta invece che progressiva. Un processo accaduto anche in Italia, come già scritto da Staffaroni. Gli autori del documento sulla rivoluzione fiscale, Landais, Piketty Saez, intenderebbero perfino rendere progressive le imposizioni contributive. Cosa difficile da fare in Italia, dove le pensioni si costituiscono sul montante versato. Già i giovani prenderanno pensioni da fame, così si rischia di aggiungerci la beffa. A meno che non si voglia riformare il sistema pensionistico e agganciarlo in toto non alla contribuzione ma alla totale fiscalità. Naturalmente ciò dovrebbe prevedere che tutti, ma proprio tutti, si vada in pensione con una cifra flat, rivalutabile a seconda dell'inflazione annuale. Altrimenti, è solo una presa per i fondelli.
Ritornando a Gallois, questi vorrebbe ridurre il peso delle contribuzioni e del fisco sul costo del lavoro per 30 miliardi in 2 anni. Significa circa 1,5% di PIL francese. Questa riduzione del cuneo fiscale dovrebbe finanziarsi attraverso la carbon tax, la tobin tax, e... l'aumento dell'IVA, cosa che avrebbe fatto Sarkozy ma che Hollande in campagna elettorale promise di non compiere per non rendere ancora più iniquo il sistema impositivo francese. Ed invece nel 2014 si passerà dal 19,6% al 20% per l'IVA più alta, dal 7% al 10% per quella intermedia, e invece la più bassa passerà dal 5,5% al 5%.
Allora, chi crede che la situazione della Francia sia mezzo gaudio per l'Italia, ha solo fatto i conti male. E Hollande ormai lo chiamano Zapatero redux. Oppure, e molto più plausibilmente, la Germania può solo ed unicamente capire da sè che è giunta l'ora di convincere i francesi a fare un po' di più per l'Europa, poichè se l'architettura politica europea è quella che abbiamo lo dobbiamo ai fratelli francesi... sovranisti e nazionalisti dai tempi della presa della Bastiglia.
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