Eugenio Montale |
I ragionamenti in Europa intorno a quale programma sociale economico e politico la sinistra (o le sinistre) debbano definire dopo la fine delle ideologie della modernità e del capitalismo post-fordista, i cambiamenti di scenario internazionale verso assetti - seppur non ancor ben istituiti - multipolari, le politiche globalistiche di produzione e di scambio delle merci, i motivi di giustizia sociale e di redistribuzione equa delle ricchezze a fronte della crisi di sistema - e non ciclica - che l'Europa e l'Occidente tutto stanno affrontando anche se malamente, cominciano a trovare spazio di dibattito.
Qui ne abbiamo cominciato a tracciare, in due lunghi scritti (Il socialismo: Oltre la destra, oltre la sinistra, oltre la modernità e La nave dei grulli), vie di uscita dall'impasse conservatrice nella quale i movimenti del lavoro e dei lavoratori e delle imprese si sono cacciate. Il primo, scritto di Alain de Benoist, è una recensione all'ultimo libro di Jean-Claude Micheà, Le
complexe d’Orphée, un eccellente contributo per tutte quelle
istanze che dalle periferie dei territori provano a recuperare i motivi di
tenuta degli stessi e delle comunità che le abitano, provando a rispondere alla
domanda di un nuovo umanesimo e un nuovo popolarismo europeo.
La Nave dei Grulli invece intendeva riflettere lungamente sui motivi del fare capitalistico attuale e sui processi di valorizzazione delle produzioni del capitalismo post-fordista, dove alla crisi delle produzioni di massa si accompagna la crisi dello Stato e delle strutture di welfare così come le abbiamo conosciute ed ancora tentiamo di apparecchiarle.
Persino Toni Negri, se scrive qui che
"Quando si dice globalizzazione dei mercati si intende che con essa vanno imponenti limiti alla sovranità dello Stato-nazione. Il fatto di non aver compreso la globalizzazione come un fenomeno irreversibile costituisce l’errore essenziale delle sinistre nazionali nell’Europa occidentale."
appare rimettere in discussione una serie di archetipi (o forse di stereotipi) della sinistra, seppur ancor piuttosto confusamente e con un lessico che non può consentire di cogliere pienamente un indirizzo progettuale e programmatico che si rende urgente e necessario, condito ancora di lacci retorici vetusti non ostante la disintossicazione foucaultina cui si è sottoposto. Purtuttavia, i principi di autodeterminazione delle comunità dal basso e la sussidiarietà civile alle funzioni di welfare sono alcuni dei punti cardine intorno ai quali provare a non relegare il dibattito a sinistra intorno alle tematiche dell'efficacia del giovanilismo rampante (vedasi il fenomeno Renzi e le chiacchiere sulle terze vie già sperimentate e fallite in Gran Bretagna), o intorno ai singulti (come altrimenti definirli?) di taluni rispetto alle centralità perdute dagli Stati, anche sulle questioni monetarie, o ancor peggio sulle rappresentazioni ectoplasmatiche impersonate da un Hollande e che hanno visto la cosiddetta sinistra italiana entusiasta (Bersani Vendola ed Ingroia) celebrarne gli avventi della rinascita in Europa del progressismo. Ingroia persino, naturalmente con i distinguo tipici di coloro che copiano malamente i già pessimi appunti, si lancia in soluzioni programmatiche da far rabbrividire. Se volete, potete ascoltarlo nell'intervista che segue qui sotto presso Ballarò, così che vi si raggeli il sangue.
Se 19 minuti di intervista vi appaiono troppi, vi bastino queste semplici liturgie pronunciate dalla sua bocca
«Quando si inseguono patrimoni, si possono abbassare le garanzie, perché non è in gioco la libertà personale dell’imputato, come nel processo penale. Nel processo di caccia ai patrimoni si può avviare un processo di tipo presuntivo. Ci sono degli indizi di evasione fiscale e corruzione, sulla base dell’incrocio dei dati, che fanno presumere che quella persona possa, non che sia accertato penalmente, essere un evasore fiscale»
Il meglio viene quando dice:
«Secondo caso: c’è una sproporzione tra i beni di cui questa persona risulta essere titolare, direttamente o per interposta persona, e il reddito dichiarato? Bene: in questo caso, come si fa per i mafiosi, si sequestrano questi beni, si avvia un procedimento, la persona avrà diritto a provare la provenienza lecita del bene o che non ha evaso le tasse, e se non riesce, tutto questo verrà sequestrato nell’arco di sei mesi. Vedrà le casse dello Stato come rientrano rapidamente»
Replica di Floris: “Intanto sequestro, poi vienitelo a riprendere”. Ma no, chiarisce Ingroia, “si fa un procedimento e nell’arco di due mesi si risolve, se
tu porti le prove”
L'idea di certa sinistra che il cittadino sia sempre e comunque colpevole a prescindere dalla verità accertata dei fatti ma unicamente per circostanze indiziarie la dice lunga sulla "scolastica" di certa magistratura che ha tanto affascinato ed affascina coloro che di radicale hanno solo la riconducibilità a scenari civili e politici da cristianesimo inquisitorio e premoderno, tempi in cui ciò che il poveretto o la poveretta di turno poteva unicamente fare era confessare il "delitto" affinchè sul rogo potesse almeno ricevere l'estrema unzione e il salvancondotto per il purgatorio, Dio sempre volendo.
E non vi appaia Ingroia in solitudine nel difendere certe posizioni, se Tremonti Berlusconi e poi Monti e la sua maggioranza di conservatori di ogni sottolineatura hanno incatenato la condizione reddituale di ogni italiano, con la giustificazione della lotta all'evasione, alla presunzione dei beni posseduti e delle statistiche medie di consumo (per esempio, è presunto che ogni italiano prenda 5 taxi l'anno, quando io credo di averne presi solo 5 in tutta la mia vita!. E, registrate le presunte incongruenze, deve poi il cittadino dimostrare che preferisce muoversi con i mezzi pubblici o a piedi. Conservate i biglietti del bus e le scarpe rotte, non si sa mai arrivi la befana fuori tempo!).
Che Hollande (lasciando e mica tanto stare l'attitudine a fare le guerre per distogliere i francesi dalla realtà dei fatti nella quale versano) non sia modello per nessuno lo dicono anche i suoi ministri (leggasi qui): il ministro del lavoro Michel Sapin ha dichiarato che “la
Francia è uno stato completamente in fallimento” prima che il suo collega alle
finanze Pierre Moscovici precisasse che si trattava di “una metafora”.
“Tecnicamente la Francia è lontana dal default di pagamento e dunque dalla
bancarotta”, sottolinea il quotidiano, “ma resta il fatto che si sono accese
diverse spie d’allarme”.
Le Figaro ricorda che l’ultimo bilancio in pareggio risale
al 1973, e che il debito aumenta ancora e dovrebbe superare il 91 per cento del
pil entro la fine dell’anno. La bilancia commerciale ha raggiunto un deficit
record di 74 miliardi nel 2011, mentre la Germania ha registrato un’eccedenza
superiore ai 150 miliardi e si prevede che farà ancora meglio nel 2012. Ma anch'essa sta per forare il 90% di debito sul PIL, e lo scenario delle magnifiche sorti e progressive teutoniche stanno per infrangersi ben prima di Settembre, quando il governo Merkel sarà sottoposto al voto popolare tedesco. E se i preludi sono quelli della Sassonia di pochi giorni or fa, nulla le promette di buono.
C'è da comprendere che il meglio procura fastidio.
Se la politica viene ridotta ai kit del buon candidato, ai porta a porta, alla selezione tutta funzionale agli equilibri interni delle primarie (un po' come fece Blair nel 1994 in Gran Bretagna per spezzare il controllo del partito laburista da parte dei notabili e riuscendoci completamente nel 1997) la sinistra italiana farà poca strada. Soprattutto se la classe dirigente è selezionata attraverso gli attuali processi, con candidati che provengono (ad eccezione di talune posizioni più civilistiche e movimentistiche tipiche del M5S) dai ceti più abbienti, con educazione privata, genitori che han potuto sostenerli per un decennio nella coltivazione degli orti del consenso, bel allevati nelle batterie di partito a becchime retorico, e che adesso salgono sull'albero della cuccagna mettendosi in fattura gli interi barattoli di nutella (qualcuno in passato era solo un dilettante se nella nutella ci ficcava appena le dita, nascondendone i residui rimasti attaccati alle falangi nello sciacquone del cesso!). Nessuno di questi conosce cos'è restare disoccupati, tagliare le propri spese cominciando non dai libri ma molto spesso dalle cure sanitarie (gli odontoiatrici lamentano una diminuzione della clientela del 30%, li riconosceremo dalla dentatura i cittadini del redditometro!).
La futilità delle politiche di austerità, ottimamente sostenute da tutta la sinistra istituzionale europea seppur con i distinguo che il marketing politico consiglia di seguire, racconta molto bene lo stato comatoso della politica europea che ci lasciano soffrire. E di come ormai rappresentano bene esclusivamente se stessi.
Dal canto nostro, una soluzione economica sociale e politica abbiamo provato a delinearla. Il blog ne è traboccante nelle indicazioni dei diversi autori e collaboratori. Per quanto riguarda la ripresa di una piattaforma di soluzioni da sperimentare, resto convinto che il territorio resta il luogo della crisi (come scritto qui) da dove cominciare a valutare progetti essenziali e comunitari di messa in discussione oggettiva dello stato di crisi del sistema, e dai luoghi ricominciare a ritessere la relazione di cittadinanza fondatrice di ogni patto di governo politico degli stessi. E da queste soluzioni produttive e sociali che nel lavoro (chechè se ne dica!) si determinano, ricostruire e ricostituire gli elementi equi di sostenibilità sociale del lavoro (qui una introduzione), del welfare, di produzione ed autonomia energetica, di cambiamento di stile di vita e di consumo strettamente relati alle modalità di produzione affrancati il più possibile dalle retoriche ecologistiche e decresciste a la pagè, del diritto alla casa quale primo territorio di ricostituzione del nucleo sociale essenziale e primitivo di cittadinanza qual è la famiglia, del diritto alla salute fuori dalle ottiche consumistiche che fanno solo i quattrini delle case farmaceutiche se è pur vero che nei paesi scandinavi non occorrono 15.000 principi attivi per curarsi ma un migliaio. E tanto altro ancora... perchè abbiamo un disperato bisogno di parlamentari che non provengano dall'1%.
E soprattutto di una scuola migliore, se non ostante il livello di istruzione della popolazione italiana sia migliorato (almeno il 70% dei giovani attuali consegue un diploma di scuola secondario) il livello generale di comprensione e di ragionamento delle condizioni di realtà non appare tenerne il passo.
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