SEGUIRE LO SVILUPPO DI OGNI QUESTIONE,
cari soci e cari amici, per come dentro e fuori l’associazione culturale
“Vittorio Tinelli” il “male di vivere” perseguita, è il minimo che si chiede a
chi resta suo malgrado, e siamo noi tutti, dotato di sensibilità e capacità di
intelletto.
Il
nostro “male di vivere” è, ben differentemente dalla rappresentazione
letteraria, la nostra stessa sopravvivenza oggi, il fatto che le generazioni
non si riconoscono negli antichi e negli appena passati. Tutti o quasi, in
grado di ostentare la propria assoluta unicità, motivo dell’intraprendere
strade senza meta o di raggiunge nuove mete senza percorrenza alcuna. Per via
del fatto che stare qui o andarsene, da luogo in luogo, in Europa, è la stessa
musica. La stessa strada che chiude, per come non sbocca più nel campo, (nell’origine
“indeterminata”) ogni ritorno!!! E se uno è costretto a non ritornare, a
cancellare ogni suo passo, (ricordiamo le orme cancellate di Valeria Cuda) a
chi può chiedere compagnia?
Lingua,
operatività, comunità scomparse!!! Soppresse! Abolite!!! Abbandonate senza che
le si riponesse, almeno, tra i rifiuti speciali del nostro incredibilmente incongruo
modo di vivere!!! Con qualcuno, disperato, sfiancato del tutto e senza più
fiato, a cercare la propria via, come se fosse quella che solo lui può
intravedere e percorrere!!! Quando invece le strade, tutte le strade non fanno
che riportare al campo anche quando per velocità chiedono che ci possa essere
ancora una aggiunta ulteriore davanti che solo velocità conferma. Ovvero,
ancora il tempo alla ricerca di una sua conferma assoluta, che invece è solo
una questione di… precedenza. Pre-cedenza che annuncia il dono e lo trattiene
iniquamente. Costituendo la trappola del prima che ogni dopo ha già fatto suo,
scivolando e direttamente sulla propria natura, come se fosse… nulla!
Se,
dunque, lingua, operatività, comunità sono scomparse e anche dentro
l’associazione rischiano l’oscuramento, che si saranno detti mai i sindaci
della “Murgia dei due Mari” e l’assessore Barbanente la sera del 16 dicembre a
Martina Franca?
Intanto
il brand (!!!???) “Murgia dei due
mari” vince. Avranno sicuramente inteso, insieme a noi, come di una area
omogenea tra Ostuni e Castellana Grotte si tratta. Ma ricordata l’omogeneità
questa non ha suggerito/supportato nessuna specificazione! Anzi ha solo
evidenziato l’allontanarsi da ogni “materia comune” dell’area, da parte di ogni
sindaco!!!
Noci
ha le masserie in numero di 800 e vanno sostenute con i capannoni per le
paglie; Ceglie Messapica ha una legislazione urbanistica del ’68 e preme per
una sua adeguazione agli standard edificatori degli altri comuni; Cisternino ha
la new age turistica, poche mucche e
qualche gallina, e sceglie l’edificazione con le piscine (gli inglesi le
chiedono e, intanto i cittadini protestano per la via dei colli asfaltata)
mentre il sindaco di Ostuni riscontra che in Inghilterra pure lontano dal mare,
al nord o al sud dell’isola, piscine niente; Alberobello se la prende con la
CULTURA, forse ricordando passate esperienze, e decreta che cultura vada
riconosciuta, si capisce poco intorno a che cosa; Castellana, prima di prendere
la “strada del ritorno”… a casa, allarga
alla libertà della relazione tra concessioni edilizie, regolamenti comunali e
formule di regimentazione regionali, il proprio modo di intendere luogo e
insediamento; atteggiamento che ha visto protagonista e supremo competente della sostituibilità adattiva (minimo
abitativo per un trullo 32 MQ, regolamento di amplificazione obbligatorio!!!
Anche se resta un… regolamento che a rigore concede (rebbe) e limita nello
stesso tempo) il sindaco di Martina Franca; Locorotondo esercita ottime formule
di sussiegoso deferente saluto; lo storico di “Umanesimo della Pietra”,
decretando che Murgia dei Trulli ha valore scientifico (?) ricorda che il
passaggio al mare dell’Università di Martina, già prima delle buone intenzioni
del sindaco di Ostuni a concederlo, era concreto fino alla costa e sulla torre
di S. Leonardo (Pilone) e poco altro, come qualche cenno sull’acqua, e quasi
nulla sulla tenuta pratica di una area omogenea nella quale anche per
pochissimo ci si deve riconoscere, al di là del contingente turistico o nella
drammatica disarticolazione della nostra operatività produttiva dove se
importiamo turisti che lasciano reddito, ben maggiore risulta l’esposizione della
nostra ricchezza ad importare merci e beni da altrove!!!
Cosa
ancora a proposito nel Convegno “Paesaggi e Territori” del 16 dicembre a
Martina? Elogi ai tecnici dei Comuni che stanno lavorando insieme per i
regolamenti edilizi. Limiti della Regione, con la Barbanente, alla
edificabilità nel campo, e finalmente un dato decisivo intorno al rapporto tra ager e silva! e insediamento. “La Puglia
ha la minore superficie boscata di tutta Italia” dunque, “muretto a secco
rispettato”, “asfalto nuovo adottato”. Ovvero la politica dello scambio al più
basso livello possibile, ma innovativamente giustificata.
Lo
scambio maggiore per tutti risulterà così quello intorno al turismo, per il
quale ogni terra si venderà come meglio può. E la sofferta condizione della
Regione alla ricerca di una politica comune già disegna il proprio fallimento
quando del dato eloquentissimo del fare sapendo, del rapporto tra competenza e
lavoro, tra cultura e trasformazione, e pure tra Kultur e Civilization, non si
scorge traccia!!! E nessuna definibilità della comunità che crea, sostiene e
adatta in una “economia allocativa” queste decisive forme della nostra civiltà,
viene intrapresa e neppure appare concepibile che proprio su queste grandiose competenze,
fino ad oggi, la nostra comunità ha dovuto appoggiarsi e vivere!!! E non varrà
a scatenare disappunto e retoriche della non valorizzazione ed efficacia del
mercato, il fatto che “l’olio toscano spunti prezzi al doppio e oltre, dell’ottimo
olio delle nostre colline”. Carissima Barbanente. Non sarà possibile migliorare
la vendibilità del nostro olio senza confermare la sua peculiare forma di
produzione, valorizzazione e consumo che qui da noi si è socialmente
determinata da secoli, mediante 70 testature di qualità. Altrimenti il…
Mediterraneo, vedi i grandi depositi di olio a Monopoli, si prenderà la briga
di scompaginare la stessa nostra tradizione produttiva!!!
La
retorica dei campanili superata dall’assoluta mancanza di ogni
caratterizzazione unitaria è la nuova retorica in uso. Compreso ogni uso di
antiretoriche. La conferma drammatica di essere sempre più periferia la Puglia,
di un centro che non è mai riconoscibile/riscontrabile. Se non nelle forme di
una autorefenzialità della politica che trascende se stessa e pertanto ogni sua
riconoscibilità pubblica, ogni suo valore. Ovvero sarà mai possibile che la
piccola produzione zootecnica di Cisternino possa essere riconosciuta al di là
del mangiarvi capuzzedde? E cosa si
deve ritenere di questa caratterizzazione economica da parte delle terre vicine
se non una altissima considerazione? A Cisternino si mangiano capuzzedde e si suda senza odori cattivi.
Si mangiano cose che non impegnano gli organi del corpo ad un continuo strenuo
adattamento… Ovvero l’acqua per lavarsi può essere risparmiata!!! E disporre
dell’acqua piovana potabilizzata per ogni casa costituisce la prima grande
vicinanza agli elementi distribuita che ci sia!!! Ovvero oltre alla Kultur che
fa comunità e sapienza l’elemento decisivo che intorno alla politica lascia
intendere l’economico in quanto tale!!! (E questo vale per tutte le piccole
produzioni locali dei paesi della “Murgia dei due Mari”. Come mai non se ne
produce marketing?)
L’acquedotto,
e ogni rete, al contrario… perde sempre e ci immette in circuiti finanziari che
con l’acqua e il suo uso non hanno in comune altro che non sia un controllo privato
interessato!!! Eppure la rete e l’acqua sarebbero beni pubblici indivisibili.
Fatti
questi rilievi, resta la questione di come intendere la sostanziale
autonomizzazione di ogni nuovo campanile. Dove gli atti separativi che
accompagnano l’egemonia del fatto tecnico produttivo non smettono di essere
richiamati, nonostante tutto, all’unità del loro possibile e necessario
considerarsi insieme.
E
dove questo stare assieme di senso ed elemento, ad es. acqua terra e cielo, è eloquentissimo,
ma condannato a restare confinato sullo sfondo senza utilità alcuna, perfino
come elemento che riconduce al pensiero e alla sua confermatissima evidenza. E una semplice percorrenza della
strada che da Noci va per Alberobello, Locorotondo, Cisternino, Martina,
Ostuni, dimostrerà come la bellezza dei luoghi ne sia la prima natura.
L’evidenza unitaria che non può essere separata, ma che solo il pensare lascia
intera!!!
Ovvero,
e per converso oppositivo, per come il produrre moderno possa avvicinare il
senso e la disposizione degli elementi, questi non potranno in nessun caso essere
stati manchevoli della disponibilità a fornire la materia insieme, (fino al
mondo medesimo) sulla quale si deve ritenere di aver già esercitato il
principio di unità che il pensiero esercita.
E
che esercita prima di ogni cultura, e di ogni sapere, che se da un lato è ciò che
mettiamo, adeguatamente, a sostegno dell’aprirsi contraddittorio di ciò che
chiamiamo natura, dall’altro è ciò che è diventato modello, formula esercitata per
convenienza, ma senza natura e senza mondo!!! Paradossale prassi senza senso
che determinatamente esclude di interrogarsi sulla propria efficacia in ordine
a quanto il mondo inevitabilmente apra ulteriormente al senso. Ma ancora di più
motivo di una sostanziale ripetizione e uniformità di atteggiamento che sono
pure in grado di annullare ogni differenza i nostri paesi potessero mai
evidenziare.
Diventa,
da qui, possibile ritenere, che il documento ufficiale di orientamento, del
Consorzio di Comuni della Murgia dei due
Mari, contenga in grandissima prevalenza atti di uniformizzazione e
standardizzazione e sostituibilità alternativa, che per nulla continuano ad
interrogare natura. Intanto che si creda poter partire dai consolidati
culturali validi solo se confermati dalle innovazioni tecniche, e anche quando,
queste, riprese dal passato (solo pietra e niente cemento per le migliorie e
gli ampliamenti viene proposto da tanti) escludono e non attualizzano
efficacemente quel legame tra senso ed elemento che proprio a quella tecnica
edificatoria, come a tutte quelle che la hanno seguita, ha fornito indiretta
legittimità, contribuendo paradossalmente anche chi si riferisce all’antico, a
rompere completamente ogni legame tra senso ed elemento e ad impedire ogni
ragione storica.
Da
qui due questioni aperte decisive. Il senso della storia e la funzione delle èlites intellettuali.
Mentre
si mette a tema l’unitarietà della terra, della… “nostra” terra, questa è già
sottratta al senso, se una caratterizzazione storica richiama. Fosse pure
quella che evidenzia la funzione politica della Regione quale concentratore e
sintesi delle richieste che il Sud esercita verso lo Stato. È evidente come,
appena questa disposizione viene attivata, si oscurano le funzioni produttive
che non richiedono questi interventi. Funzioni produttive che vengono
schiacciate nella marginalità e considerate superate decretando l’imperio di un
qualche giudizio storico del tutto arbitrario. O la assoluta inutilità di
impiego della storia tutta!!!
Ma
una terra senza storia è meno peggio di una terra senza mondo. Dove, dunque,
gli elementi sono richiamati alla relazione unitaria del loro permanere insieme
alla funzione unitaria del pensare, lì il senso della storia rinasce. E la
micidiale velocità che accompagna questi oscuramenti e queste rinascite è lo
stesso motivo della estrema difficoltà di assegnare un tempo unitario alla
stessa unitarietà di luogo che pure affermiamo. Ci si vede costretti, allora,
non solo a considerare le terre di Puglia come terre di conquista, di
considerarle Sud, luogo della distanza disperdente, ma di constatare come ciò
che evidenzia una piena contraddittorietà allo stare (elemento decisivo di ogni
civiltà che possa produrre cultura senza contraddizione) ovvero
l’attraversabilità, sia la cifra storica che la contraddistingue seppure
contraddicendola in quanto entità territoriale definita. Restando pure evidente
come se storia è necessariamente confini, questi nel nostro Sud, restano
paradossalmente mobili.
Dalle
coste agli Appennini, invariante geografica decisiva, da una parte, sulle coste,
ci sarà la difesa e la distribuzione, dall’altra, sulle colline e sui monti, ci
sarà produzione e tesaurizzazione. E la identificazione della ricchezza, nel
suo richiedere protezione non mancherà di concorrere allo spostamento della
linea di confine unendo e separando ancora di più il colle alla riva. (Per
difendersi bisognerà abbandonare la battigia, per tesaurizzare si resterà
costretti a nascondersi sulle alture) Così come la povertà regolerà gli
spostamenti interni delle popolazioni sulle stesse linee di confine diventate
linee di relazione, dove alla funzione concentrazionaria del produrre, (paese, casa
e masseria) rimarrà il compito della attrazione delle forze del lavoro e la
ragione della loro divisione/utilizzazione.
Ma
ove pure questa ragione storica risultasse coerente, e potesse avere conferma scientifica,
cosa già di per sé quasi impossibile (ovvero smuovere i consolidati scientifici
è per la stessa scienza una contraddizione in termini) una sua utilizzazione
politica sarebbe impossibile, a meno che la cosiddetta “storia locale” non
finisca di rappresentare il senso storico per intero di una area unitariamente
intesa per la stessa epoca. Ulteriore e definitivo ostacolo ad ogni uso della
ragione storica a sostenere le forme di uso di una politica adeguata pure alla
piccola area della “Murgia dei due Mari”.
Drammaticamente,
dunque, nei nostri territori, una qualche specifica funzione delle èlites intellettuali, resta legata ad un
sapere pratico, storico o tecnico che sia, per nulla espressione di una qualche
potenzialità della politica, anche quando riconosce lo spirito delle comunità,
e comunque incapace di richiamare quel senso della trasformazione del mondo che
è in grado di affrontare l’avventura del proprio rinnovamento, messo come deve
essere colui che trasforma e non per produrre, di fronte all’incondizionato, al
pericolo e alla diretta implicazione con tutte le cose!!! (Si consideri solo la
difficoltà del grande storico del Mediterraneo e dell’Europa Giuseppe Galasso a
rendere efficaci in politica le ragioni storiche).
Così
cultura diventa ostaggio della politica, suo malgrado e per via della stessa
“povertà della politica”.
Rompere
lo schema, il modello appunto, della produttività della cultura nella sede dove
questa è imprigionata significa, allora, contro
le stesse qualità delle èlites
intellettuali nostre, liberare il pensare dal sapere, e pensare ciò che
tiene sostanzialmente insieme tutti gli opposti: l’incondizionato. E in questo
aprire ogni tratto del nostro fare a quel di più che l’intuire evidenzia.
Mettere
a fondamento della ragione politica attuale e inattualissima della “Murgia dei due Mari” questa dinamica
di pensiero che apre la cultura alla sua stessa legittimazione maggiore sarà la
continua considerazione insieme che potrà tenere unita la nostra terra.
Una
terra senza storia e senza politica non è mai stata, né potrà mai restare senza
pensiero e senza mondo.
La
potabilizzazione di tutte le acque dei pozzi della “Murgia dei due Mari”
costituisce la nuova vicinanza al cielo e allo stesso “tempo comune” per tutti
noi. Di fatto universalizza i nostri atteggiamenti e riconosce le altrui
comunità per le stesse ragioni. Avvicina tutti agli elementi, dunque diffonde
la possibilità di aprirne il segreto e di conservarlo nel mondo trasformato
fino ad ogni esito della trasformazione, evitando ogni scarto, mutandolo in una
ragione economica decisiva per come è di nuovo, come gli stessi elementi, acquisizione
e distribuzione insieme. Divenendo, questa ricchezza riconosciuta, la
disponibilità di “tutta” l’acqua trattenuta, il tema stesso della sovranità e
della qualità della politica.
Questo
atteggiamento deve affermarsi anche nei confronti di quanto tra la scienza e la
nostra terra configuri un sapere consapevole intorno alle operatività umane che
spinge al raggiungimento di nuove conoscenze. Dove le scuole tutte dovranno
dimostrare la loro efficacia nel sapere riconoscere le teorie nelle opere di
trasformazione e in queste conferma e sviluppo delle conoscenze. E sostenere,
le scuole tutte, dalla qualità dei sistemi educativi, quella dei pubblici
servizi, fino alla stessa nuova cognizione di mercato e consumo, di produzione
e lavoro.
A
queste evidenti necessità di rinnovamento, dove solo il tema del mercato e del
consumo ad esempio meriterebbe analisi
complesse, l’atteggiamento da suggerire è quello che riconduce mercato e
consumo dentro la salute e nella riconoscibilità della ricchezza. Dove la
ricchezza non sarà tradotta in una misura, ma dovrà essere riconosciuta nella
salute individuale e sociale!!! E così la scuola sarà efficiente quando, non
solo integrerà teoria e operatività, ma soprattutto quando rifletterà la efficacia
di tutti i servizi pubblici, accogliendo ogni difficoltà, modificando e
migliorando, e riconsegnando alla vita attiva persone seguite nel loro
inoltrarsi nel mondo. E così via. Questo il nuovo compito delle èlites sociali che la politica dovrà
esaltare, per come ogni mestiere e ogni professione debba riconoscere l’intero
ancora da acquisire sul quale, comunque, fonda la propria legittimazione e
cerca la propria verità
Queste
disposizioni si concretizzano nel proposito di identificare la ricchezza della
nostra terra nella sua natura ancora da esplorare attraverso sistemi di
indagine scientifica in grado di interrogarla senza mediazione alcuna. Grandi
laboratori di osservazione e analisi in grado di specificare le qualità del
nostro produrre che poggiano sulla nostra terra; grandi studi che mettano in
evidenza sovranità e movimenti di confini e popolazioni, costituiranno le fonti
a conferma delle essenziali tracce delle nostre comunità che ancora si
conservano e le necessarie misuratissime innovazioni condivise, saranno le
disposizioni a fornire nuova legittimità alla politica; il bene comune
condiviso che consente la condivisione di ogni cosa!
Ma
certamente il nuovo incontro tra gli uomini che si eserciterà varrà alla condizione
che il dire sia salvo nella pensabilità che rifiuta il falso. La diffusione
della “poesia pensiero” e la riduzione di ogni mediazione comunicazionale che
poggia sul paradosso dell’assente e della spia che scopre ciò che è già, ne
sarà la condizione di passaggio necessaria.
La
prova della nostra riuscita, cari soci e cari amici, sarà, ovvero, è già, in
quanto di unitario si riesce a dire e a sentire, ulteriormente, ancora oggi.
Fino alla stessa sospensione della poesia, divenuta, suo malgrado, nonostante
la nostra manifestazione “solo POESIA POETI tutti” il simulacro di ogni
differenziazione immaginata, a conferma di quanto il senso resti sospeso,
quando il mondo scompaia. Fino a che senso ricompaia nella forma della
pensabilità, che “lo tiene nel palmo della sua mano”.
……………………………………………………………………..
IL 21 DICEMBRE DEL
2013 IL PARLAMENTO HA APPROVATO LA COSTITUZIONE DELLE CITTÀ METROPOLITANE. Esempio
da non seguire per la “Murgia dei due Mari”; dove l’autonomizzarsi della
politica moltiplica la spesa pubblica e svende la ricchezza dei luoghi. Una
conferma nelle pagine che seguono.
Il caso delle Città
Metropolitane, nate
intorno alla complessità di relazioni che le strutture concentrazionarie
territoriali, urbane e rurali, gestiscono, in una condizione di continuo
deficit di servizi, e di produttività generale, illustra più di ogni altra
circostanza, come le modificazioni istituzionali siano diventate, sia nel loro
confermare astrattamente lo Stato, sia nella loro realizzazione concreta, un
ostaggio della politica.
Gianvito
Mastroleo, sul “Corriere del Mezzogiorno” del 19 dicembre, ricorda come
l’allargamento del numero delle Città Metropolitane da istituire (da 10 a 18)
rischia di portare l’argomento dello “svuota province” alle stesse Città
metropolitane. Che la loro istituzione originaria riferita alle funzioni
metropolitane di Roma, Milano, Torino, Napoli e Palermo, sia stata allargata a
Bari per l’interesse che aveva l’allora sindaco socialista di Bari, De Lucia, ad
attrarre investimenti nella città, contando sull’allora Ministro socialista per
le aree urbane Carmelo Conte, e come per le altre città del primo allargamento
si possa ritenere che ci si sia impegnati su dinamiche similari.
E ancora
più simili, appaiono oggi a Mastroleo, le ragioni dell’ultimo allargamento per
Bergamo, Brescia, Cagliari, Catania, Messina, Reggio Calabria e Salerno, e pure
bipartisan tra governo e opposizione,
tra destra e sinistra, se i vari emendamenti presentati eludono il tema del continuum territoriale come elemento
decisivo della loro possibile elezione, piuttosto che a creare per il Sindaco
di Salerno De Luca, al termine del suo secondo mandato un continuum da Presidente
della Città metropolitana, impossibilitato dalla legge a candidarsi sindaco
per il terzo mandato. E che anche per gli altri casi si possa pensare la stessa
dinamica di continuità di esercizio del potere politico, del tutto lontana da
ogni reale cognizione delle difficoltà da superare, troverebbe solo la necessità
di un riscontro fattuale minimo.
La
mancanza dei requisiti di base per essere introdotti nel novero delle Città
Metropolitane e la esigenza di richiamare investimenti dall’esterno per
sostenere difficoltà e problematicità individuate, si deve ritenere, del tutto arbitrariamente,
mancando la stessa cognizione di Città Metropolitana, e la sua stessa
identificabilità, come una cessione di sovranità da parte del Comune in cambio
della gestione di investimenti esterni, ritenendo che la ricerca di
investimenti sia quanto di decisivo riguardi la propria ricchezza, e il proprio
sviluppo, in funzione dei quali la politica si arroga il diritto della
distribuzione dei nuovi investimenti quale motivo diretto della propria
affermazione e della propria permanenza al governo della città.
Mentre
la distanza tra coloro che se ne avvantaggerebbero e che sosterranno
necessariamente questo inqualificato esercizio della politica, e la reale
difficoltà di gestire le metropoli, aumenterà senza limitazione alcuna.
Per
coerenza, invece, ad una concentrazione abitativa il Comune dovrebbe rispondere,
impedendo la accentrazione di possessi terrieri nelle periferie e favorendo il
ripartirsi della proprietà dei suoli a partire dal loro uso.
Un
orto in città, allora, non sarà da lottizzare, ma da conservare e proteggere
per come ricrea l’aria e il cibo per tutti salubre!!! Anzi, al degrado
inevitabile delle abitazioni, va opposta la apertura di nuovi orti!!!
Questa,
infatti, è la ricchezza distribuibile e riconoscibile. Ma se l’orto diventa
supponentemente, nientemeno che la natura o il monopolio dell’acqua e dei
concimi, allora non ci sarà per noi che il futuro dell’assente e della spia, le
qualità imprevedibili, ma inique, della nuova politica, che dell’assentarsi e
dello spiare fa nuova forma di conflitto sociale controllato, nelle nuove
espressioni della comunicazione di massa.
Tutto
questo vale per la “Murgia dei due Mari”.
Rinnegare
o limitare la “vocazione agro-silvo-pastolare” dell’area sarà come richiedere
di fatto investimenti esterni, che arbitrariamente saranno distribuiti.
Conservarla impossibile, se non la si intende come la nostra stessa ulteriore
necessità di vita e conoscenza aperta.
Modificare
il nostro personale atteggiamento a proposito, come pure intorno ad ogni altra
espressione culturale e produttiva, il nuovo dovere della politica, e quello di
ognuno, la nostra più antica e… prossima ricchezza!!!
D’altro
canto, la concentrazionarietà urbana
dell’abitare non è altro che una estrema disponibilità di consumatori,
lavoratori, fruitori di servizi, con le dimore vuote!!! Pronte ad accogliere
cibo cucinato altrove, e corpi stanchi di altro luogo sofferto, dove
l’isolamento si deve riempire con le dinamiche dell’assenza confermata che sono
le comunicazioni tecnologiche a distanza. E dove proprio questa comunicazione
dall’assenza estende caratteristicamente l’urbanità concentrazionaria fino alla
collina isolata e spoglia sulla Murgia. Dove e non sarà un paradosso, la
connessione non è possibile! E dove nessuno sa che cosa farsene del connettere
sistemi artificiali, dato che ogni cosa, proprio dove sembra che non ci sia
nulla, si connette da sé manifestandosi.
È
evidente, quindi come la casa e le sue attività, (produzione, trasformazione,
divisione, conservazione, del cibo; voce, parola, considerazione, scambio,
reciprocità, cura delle umane
sensibilità e attitudini, risolvano tutte, ma proprio tutte le incidentalità
che le Città Metropolitane credono di avviare a soluzione. Fare in modo che le
concentrazionarietà urbane siano la ragione di uno scambio almeno pari
all’intensità delle frequentazioni di piazza, via e pianerottolo, piuttosto che
l’isolamento, risolverà, se ne può essere certi, tutte le problematiche
attinenti le Città Metropolitane, compreso quella del risparmio di risorse, che
potranno essere direttamente utilizzate per grandi apparati di ricerca e studio
sempre più necessari e urgenti.
Questa comunicazione
viene inviata ai soci, a coloro che in qualche modo sono a noi vicini e
corrispondono, ai Sindaci della “Murgia dei due Mari”, al Presidente della
Regione Vendola e all’Assessore Barbanente Angela, in modo che si possa avviare
un percorso di ricognizione culturale, di pensiero e pratica della ricchezza
che tiene insieme le nostre comunità.
Associazione culturale “Vittorio Tinelli
– Parole e cose nuove” Noci
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