Collage - di Marina Margelatu |
Mentre gli italiani erano in ferie, quelli che ancora un lavoro lo hanno, il governo Monti ha abbondantemente lavorato. Le uniche vacanze concesse ai ministri sono state a Taranto e a Rimini. Nella prima città presso l'Ilva a rinfrancare coloro che sono "dedicati" a morire, impegnando Passera e Clini sul posto, oltre che Monti stesso. Nella seconda città presso l'assise annuale di Comunione e Liberazione, quest'anno dal titolo "Emergenza Uomo", che ha visto parteciparvi lo stesso Monti, il ministro Passera e il ministro Fornero.
Quest'ultima è proprio colei che più di altri ha lavorato, insieme al silenzioso neo ministro dell'Economia Grilli, consulente ministeriale dai vecchi tempi di Tremonti. Sono proprio queste due persone che hanno molto lavorato, concretamente lavorato, durante l'estate, per imprese e lavoratori. In particolare per imprenditori e lavoratori di piccole e medie imprese, ovvero per il 95% del nostro tessuto produttivo, ovvero per quasi 80% dei nostri redditi.
Il ministro Fornero, pensiamo in tandem con i principi contabili di questo come dei precedenti governi da 20 anni a questa parte e che sono propri non delle posizioni tecniche ma delle istanze di conservazione (in questo caso delle èlite) e quindi tutte politiche, ha finalmente chiarito cosa costerà ai lavoratori ed alle imprese la nuova istituzione dell'Assicurazione Sociale per l'Impiego, più comunemente conosciuta come ASpI, e che dal 1 Gennaio 2013, in forme graduali, sostituirà entro il 2017 la cassa integrazione straordinaria, la mobilità e la indennità di disoccupazione.
Come ben sanno gli imprenditori e i lavoratori, anche autonomi, nelle contribuzioni pagate all'INPS mensilmente (o trimestralmente) vengono pagati i contributi per tutte queste voci, anche se magari nè l'impresa nè tanto meno i lavoratori avranno la sfortuna di poter usufruire di questi ammortizzatori sociali. Nelle buste paga queste voci non sono espressamente elencate, ma sono sommate tutte insieme. Ma ogni mese ogni dipendente ed ogni imprenditore pagano all'INPS questi eventuali servizi che potrebbero un giorno usufruire. E sono pagate da tutti i lavoratori e da tutte le imprese, anche artigiane e piccole, seppur queste per poter utilizzare alcuni di questi ammortizzatori devono sperare nelle deroghe (che in verità sono sempre prontamente emanate per tutelare anche questi lavoratori e questi imprenditori, e che poi sono il grosso dell'Italia).
Ebbene, il ministro Fornero, come aveva anticipato nella sua ultima conferenza stampa, intende dare una impronta "europea" agli istituti di sostegno al reddito per i lavoratori che sono espulsi dalle attività produttive (in senso ampio del termine), cancellando gli istituti della mobilità e della indennità di disoccupazione, e prevedendo solo fino ad un massimo di 18 mesi (se si hanno più di 55 anni e a regime nel 2017) un'indennità totale e complessiva appunto denominata ASpI. Tutti si è pensato che anzichè mensilmente pagare, nel calderone dei versamenti contributivi, le quote percentuali di CIGS mobilità e disoccupazione e che incidono non di poco sul costo del lavoro italiano, d'ora in poi lavoratori ed imprenditori avrebbero contribuito finanziando un unico istituto, valido per tutti, che avrebbe assicurato un sostegno al reddito (di importo non superiore ai 1.120 euro mensili) per una durata limitata, e anche di molto è vero, rispetto ai vecchi istituti, e i cui denari finalmente sarebbero consegnati sui conti dei lavoratori mensilmente e non a babbo morto come adesso accade, e che quindi si sarebbe realizzato infine anche un buon risparmio contributivo e quindi una riduzione del costo del lavoro.
Certamente la durata limitata nel tempo sottopone a critiche non di poco conto, ovvero come far rientrare nel lavoro colei o colui che ne è stato espulso nei , appunto, limitati tempi previsti di erogazione di questo sostegno al reddito. Ma questo è un altro discorso che prende in considerazione il ruolo dei Centri per l'Impiego, strutture oggi ampiamente sottoutilizzate e dove il ministro Fornero più che minacciare gli altri ministeri potrebbe direttamente divertirsi a licenziare essendo di sua diretta competenza ministeriale, alla luce del fatto che queste strutture non servono nè alle imprese e tanto meno ai lavoratori ai fini pratici della ricollocazione nel lavoro. Eseguono unicamente funzioni burocratiche, scimmiottano le agenzie di collocazione al lavoro private, e oggi grazie al ministro in carica hanno un po' di lavoro burocratico in più da fare che li rende necessari e non superflui come tutti coloro che usufruiscono dei servizi forniti dai CPI hanno la sensazione quotidiana della fruizione. Ma ormai la frittata fu a suo tempo fatta da Treu, ed in questo Paese le riforme che si sono succedute non sono servite a migliorare la sostanza dei servizi forniti dalle strutture pubbliche ma a peggiorarle. E questa attitudine segna uno spazio di continuità e di integrazione trasversale alle compagini partitiche che ci hanno finora governato, altrimenti non si spiegherebbe come ogni 5 anni gli italiani, presi dalla disperazione, hanno sempre cambiato con il loro voto i loro governanti (oltretutto poi sempre gli stessi... ma gli italiani sono un popolo molto paziente e che offre sempre una seconda chance a tutti).
Ritornando all'ASpI, e tralasciando i dettagli sulla mini-ASpI e chi ne abbia diritto per quanto tempo e tutto il resto, salta subito in evidenza come questa indennità sarà finanziata. Come scritto sopra, tutti abbiamo pensato che fosse già finanziata, anzi che avrebbe dato possibilità di ridurre quel costo del lavoro così fortemente verbalizzato dal ministro Fornero all'assise di Rimini fra coloro che Famiglia Cristiana a definito adulatori del potere... qualunque esso sia. Ed invece no... Essa è finanziata tutta ex-novo, attraverso un aumento contributivo per tutti i lavoratori e le imprese, anche piccole ed artigiane, un aggravio contributivo specifico anche per gli assunti con contratto di apprendistato, un aggravio contributivo per gli assunti a tempo determinato (a meno che siano lavoratori in sostituzione, per esempio maternità, o lavoratori stagionali, i lavoratori della PA).
Ne deduciamo che quanto finora già pagato in quota parte contributiva nelle buste paga dei lavoratori vada paro paro a finire nei contributi pensionistici. O meglio, ed ovvero, a pagare le attuali pensioni, evidentemente perchè l'INPS, e gli istituti pensionisti che a questa sono stati accorpati (vedi INPDAP), non viaggiano in acque calme. Se pensavamo che questo neo-istituto di ammortizzatore sociale fosse già abbondantemente finanziato, ebbene ci siamo sbagliati: il sig. Croupier ha fatto banco, ed ha passato la "rasola". Ma come ci insegna la vita, non c'è mai fine al peggio (seppur anche al meglio, è vero). In Agosto, prima che il ministro Fornero andasse a Rimini a dire che il prossimo scopo del governo e suo è quello di ridurre il costo del lavoro oggi sempre più insostenibile e che segna lo spartiacque decisivo della competitività delle nostre imprese, ha prodotto una torta con l'amarena in cima: il Contributo di Licenziamento.
Così si chiama la chicca. In che consiste?
Sempre a decorrere dal 1 Gennaio 2013 è prevista una ulteriore contribuzione in capo all'impresa, a tutte le imprese, sia piccole e artigiane che medie (le grandi diciamo che già la pagavano quando mettevano in mobilità i propri lavoratori), che si chiama appunto Contributo di Licenziamento. Questo contributo è versato al momento della cessazione del rapporto a tempo indeterminato (dal 1 Gennaio 2013, naturalmente) per tutte le cause di risoluzione del rapporto diverse dalle dimissioni. DIVERSE DALLE DIMISSIONI... quindi anche quando una persona deve essere messa a riposo per raggiungimento del diritto alla pensione!, e non solo per i licenziamenti per riduzioni di personale dovuti a riduzione del lavoro o più in generale per giustificato motivo oggettivo. E questo contributo deve essere versato da TUTTE le imprese, anche per i lavoratori in apprendistato (che sappiamo essere, in sostanza di legge, contratti a tempo determinato e non indeterminato). Gli unici che ne sono esentati sono le imprese che già versano il contributo d'ingresso alla mobilità (ovvero le medio-grandi imprese), ma fino al 31 dicembre 2016. Ne sono altresì esentate le imprese edili e le imprese che, nel caso perdano un appalto che avevano precedentemente acquisito, vedano i propri lavoratori assorbiti dalla nuova impresa vincitrice e quindi conservare il posto di lavoro.
La misura del contributo di licenziamento è pari al 50% dell'indennità iniziale ASpI mensile (ovvero, massimo la metà di 1.120 euro che sarebbero versati al lavoratore), per ogni 12 mensilità di anzinità aziendale nell'ultimo triennio. Avete capito oppure dobbiamo fare un esempio esplicativo? Facciamolo...
Il lavoratore che viene licenziato per giustificato motivo oggettivo avrà unicamente diritto all'indennità ASpI per una somma massima di 1.120 euro mensili e per un periodo massimo di 18 mesi (1 anno e mezzo) se ha più di 55 anni. Altrimenti anche per meno tempo. Questa indennità pensavamo andasse ad essere finanziata dalle voci contributive che già imprenditori e lavoratori versano mensilmente sulle loro buste paga, ma invece per apprendisti, lavoratori parasubordinati e tutti coloro che sono nella gestione separata INPS vedranno accrescersi i versamenti contributivi. Ed infine, quando l'imprenditore licenzierà, dovrà versare, di fatto, le 1.120 euro che l'INPS poi verserà ai lavoratori, perchè il 50% dell'indennità ASpI mensile per ogni 12 mensilità aziendale dell'ultimo triennio (cioè la misura del contributo di licenziamento) significano 1.120 euro per 1 anno e mezzo, ovvero il massimo di durata di erogazione dell'indennizzo ASpI (se hai più di 55 anni e più di 3 anni di anzianità), anche se magari quel lavoratore la percepirà per meno tempo (la durata è ridotta per i lavoratori sotto i 50 anni e con meno di 3 anni di anzianità aziendale ed è fissata ad un minimo di 12 mesi ma a regime nel 2017, altrimenti dal 1 Gennaio 2013 a 8 mesi).
Cosa ne deduciamo? Che hanno bisogno di soldi, e che imprese e lavoratori per i loro diritti dovranno finanziare questi 2 volte: la prima quando lavorano, e la seconda direttamente dalle imprese quando queste dovranno licenziare.
Qualcuno dalla mente raffinata potrebbe anche obiettare che è un disincentivo a licenziare: in effetti, un imprenditore prima di licenziare farà più di qualche conto, e soprattutto lo farà colui che ha solo 1 o 2 lavoratori nella sua impresa, perchè il costo che dovrà sostenere sarà notevole. E soprattutto lo sarà se non potrà confermare l'apprendista che ha eventualmente assunto tempo prima. A N.O.I. ci pare una "mazzata" finanziaria alle piccole imprese industriali ed artigiane che già navigano a vista, ed una riduzione dei costi per la grande industria ed impresa che invece si vede spalmati su tutti i lavoratori e le imprese questi sacrifici contabili, anche su quelle piccole imprese che magari lavorano strangolate come terzisti per la grande industria.
Altre menti raffinate potrebbero anche obiettare che è un modo per responsabilizzare l'imprenditore nelle politiche di assunzione, ovvero che quando assume per esempio apprendisti deve essere certo che poi li possa confermare, altrimenti si troverà a pagare il contributo di licenziamento. Ma già su questi pixel abbiamo scritto di come le regolamentazioni sull'apprendistato siano veramente ridicole in questo Paese, per esempio quando si consente fino a 29 anni di assumere in apprendistato oppure quando abbiamo dimostrato con i dati OCSE che in Italia solo meno del 10% dei giovani in età fra 15 e 19 anni è inserito nel mondo del lavoro, a fronte del 33% della Germania o del 44% dell'Austria, dove evidentemente le politiche di inserimento al lavoro e le politiche formative viaggiano parallele come i binari di un treno, rendendo serie le politiche di assunzione in apprendistato in età più consona e pertinente.
Quello che è certo è che ad un imprenditore oggi come oggi conviene di più assumere a tempo determinato, fino ai limiti consentiti dalla legge per massimo 36 mesi a lavoratore. Un incentivo, quindi, a non assumere a tempo indeterminato, oltretutto perchè è noioso e Monti e Fornero che fanno da una vita sempre effettuato lo stesso lavoro ne hanno cognizione ed esperienza, e vogliono che gli altri possano poter rifuggire da questa sfortuna.
Quindi, avremo un innalzamento dei turn-over aziendali, ovvero le attuali generazioni se non "dedicate"alla morte come i lavoratori dell'Ilva lo saranno per lo meno a cambiare lavoro ogni 3 anni (nella migliore delle ipotesi) per cessata durata del contratto a tempo determinato. Poi, se sei proprio indispensabile all'impresa, allora potresti vedere trasformato il tuo contratto a tempo determinato in indeterminato... ma suvvia, manco i manager sono più a tempo indeterminato, figurarsi coloro che apprendono la loro mansione in massimo 15 giorni come la maggior parte delle attività produttive industriali consentono.
E' tutto veramente molto imbarazzante quello che accade, proprio durante i mesi di riposo dal lavoro e sottoponendo il presidente della repubblica on. Napolitano a firmare a Stromboli le disposizioni di legge che il governo gran lavoratore conia nel frattempo. E con il plauso dei sindacati, che insieme a Rimini celebrano i successi di questo governo, tanto a loro degli imprenditori e dei lavoratori delle piccole e medie imprese industriali artigiane e di servizio poco o nulla importa, poichè hanno già pochi iscritti nelle grandi fabbriche... nelle altre il loro ruolo è quasi marginale e ritagliato solo nelle non felici occasioni di firma di cassa integrazione ordinaria o di licenziamento collettivo totale e/o parziale.
Si predica bene ma si razzola male. Con l'istigazione a che tutti facciano e riproducano questo stile.
E' per questi essenziali motivi che occorre da subito un nuovo patto fra imprese e lavoro. Un patto di civiltà che esca dai binari morti di questo strutturalismo manieristico contabile ed in cattiva fede.
2 commenti:
http://icrl.wordpress.com/2013/04/10/le-novita-devi-licenziare-per-causa-economica-ecco-cosa-devi-fare/#comments
My name is Florina Margelatu not Marina Margelatu. The owner of this collage.
Posta un commento