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Dal febbraio 2010 il Collettivo Latrones raggruppa grafici, fotografi e scrittori originari di Terra di Lavoro, occupandosi di tematiche ad alto impatto sociale e tentando di rappresentare una provincia del Sud Italia, paradigmatica dello stato di degrado di un intero paese. L’obiettivo è diffondere conoscenza per risvegliare le coscienze.
Continuando a leggere, una breve presentazione del Collettivo Latrones. Da quella periferia d'Italia dove lo spread non riesce ad anestetizzare le menti e le mani.
Latrones è
sangue che schizza al cervello di chi, nella Provincia-Ghetto, si
guarda intorno, si interroga, non trova risposte e si indigna ma non se ne
sta fermo, e quindi agisce.
Il nostro campo d’azione è la comunicazione
sociale. La nostra è sperimentazione continua, multidisciplinare, contestuale e
astratta.
E’ sete di vendetta, proprio mentre le falde acquifere del Rispetto
sono inquinate dall’arsenico e dai metalli pesanti. E’ un passatempo per no-perditempo.
E’
denuncia, ma anche un motto di Bakunin che adoriamo: “L’inizio di ogni
rivoluzione è interiore: innanzitutto mi dichiaro contro me stesso”.
E’ un
ascensore che ti porta via lontano dal collasso civico che ha tramortito
Caserta, la Campania, l’Italia. E’ uno scherzo, anche se dannatamente serio.
E’
un dito puntato contro le travi e le pagliuzze negli occhi di chi si volta
dall’altra parte per non guardare.
E’ il rimedio contro l’inadeguatezza dei
singoli.
E’ una acceleratore di particelle del Cern di Ginevra, solo che
surriscalda le giornate tutte uguali e non nuclei atomici o particelle
subnucleari.
E’ chiaro e diretto, non ha pretese artistiche, né sogna Biennali
dandy sponsorizzate dall’Ente locale che succhia linfa alla cultura giovanile
per creare nuove clientele. Adoriamo i muri, le strade, tifiamo rivolta
(culturale, s’intende).
E’ l’inferno degli accidiosi (il peccato capitale di ogni uomo del Sud).
E’ il consultorio degli
aspiranti agit-prop.
E’ prospettiva, il Walhalla delle combinazioni possibili.
E’ mozzarella alla diossina, un cementificio che potrebbe diventare un
inceneritore, un Regio Lagno mai bonificato, un impianto di depurazione che non
funziona, un immigrato sui Kalifoo ground, un appartamento occupato nel Parco
Saraceno al Villaggio Coppola, un binario morto sull’ex Alifana, un pecora a tre
teste nascosta da un contadino in un capanno a pochi metri di distanza dalla
Centrale nucleare sul Garigliano, è 130 colpi di Kalashnikov all’Ob ob exotic
fashion.
E’ Terra di Lavoro, terra di barricate su cui resistere, è
auto-produzione e auto-promozione.
E’ consapevolezza e per questo non indica
vie di fuga o lozioni miracolose.
E’ social advertising per le masse
digitalizzate.
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