Riportiamo quanto scrive oggi Oscar Giannino, curatore del blog www.chigago-blog.it dell'Istituto Bruno Leoni, riguardo la nascita di Fermare il Declino, manifesto politico-culturale che vede per adesso aderire 240 persone. Anch'essi mossi dalla necessità di riformulare una nuova alleanza fra Impresa e Lavoro.
Buona lettura
Stamane su sei giornali – il Fatto, ilFoglio, il Sole 240re,
Messaggero, Mattino, Gazzettino – è uscita una pagina a pagamento con il
manifesto di cui sono promotore insieme ad altri 240 cittadini italiani,
accademici, manager, professionisti, imprenditori, esponenti della società
civile e di associazioni culturali ed economiche. Il manifesto rinvia al sito
www.fermareildeclino.it, dell’associazione ALI – Alleanza Impresa Lavoro, sul
sito trovate dieci punti programmatici, modalità di adesione e sostegno anche
finanziario. Ovviamente la stampa presenta l’iniziativa alla sua prima uscita
dandone le interpretazioni più varie: “la lista di Giannino”, “gli amici della
Marcegaglia”, “i turboliberisti”, “manifesto ultraliberal col giallo
Marcegaglia”. Ecco a voi allora una piccola guida con l’interpretazione
autentica, da parte di chi è stato in prima fila nell’idearla, promuoverla e
nella fatica volontaria che tocc fare per animarla e d’ora in poi, speriamo,
farla crescere. Vorrei che mi credeste quando dico che: NOn cambio mestiere, NOn
penso a una cosa mia e tagliata -figuriamoci! – su di me. La situazione italina
è troppo seria, per mettersi a giocare ai piccoli Napoleone. Ergo, qualche
istruttivo chiarimento, che non è solo mio personale, ma condiviso parola per
parola dalla pattuglia dei promotori.COME NASCE L’INIZIATIVA
Dalla preoccupazione che in Italia e all’estero si guardi al
dopo Monti come a un punto interrogativo enorme, di instabilità politica ed
economica, con conseguente rischio di default nella permanenza dell’eurocrisi e
nell’incapacita’ di questa classe politica di portare l’Italia su un sentiero
nuovo di crescita e prosperita’.
Dalla convinzione che esista una ricetta di politica
economica diversa e alternativa da quella perseguita invano negli ultimi
trent’anni, la quale ha condotto ad alzare il debito, insieme a spesa pubblica
e ad imposte, senza dare nulla in cambio ai cittadini. Senza dare, cioe’,
migliori servizi pubblici, migliore assicurazione sociale e, soprattutto, senza
creare mobilita’ economica, offrire un futuro per i giovani, una crescita
sostenuta e diffusa di produttivita’ e reddito.
Il debito va quindi abbattuto cedendo patrimonio pubblico,
in modo credibile agli occhi dei mercati e sistematico nel tempo, per mano di
persone competenti che operino per il bene comune e non di quello dei soliti
noti. Solo così i tagli alla spesa corrente, ingenti e da individuare in modo
non lineare ma discriminante, potranno e dovranno essere restituiti in meno
imposte su lavoro e impresa, per tornare a crescere.
Dalla certezza che solo mettendo merito e concorrenza,
lavoro e professionalità al centro dell’agenda nazionale, risolvendo i
conflitti d’interesse con una legge inequivocabile ed organica, restituendo a
scuola e università il ruolo di ascensore sociale che hanno perso, sostenendo
il reddito di chi ha perso il lavoro, facilitando la creazione di nuove
imprese, sia possibile con anni d’impegno riscalare le posizioni che l’Italia
ha perso.
Dalla constatazione che la classe politica emersa dalla
crisi 92-94 ha, con scarse eccezioni individuali, fallito il propio compito.
Siamo di fronte agli stessi, identici problemi di allora, solo tutti
peggiorati: scarsa crescita è diventata crescita nulla, debito alto è diventato
ancor pi ù alto, alte tasse e spesa son cresciute ancor piu’, corruzione ed
immoralita’ della vita pubblica sono aumentate, giustizia è ancor piu’
inefficiente e meno giusta di allora, eccetera.
Per questo è maturata l’idea di lanciare un appello e
verificare quante migliaia di italiani condividano questi giudizi e i dieci
punti programmatici che abbiamo presentato in modo ultra sintetico ma che
articoleremo ulteriormente nelle settimane a venire.
L’offerta politica attuale non ci sembra per nulla adeguata
a compiere le scelte che auspichiamo e che sono necessarie; il dopo Monti si
presenta come un ritorno alla guerra per bande ideologiche che vogliono
appropriarsi dello stato per usarlo non per metterlo al servizio dei cittadini.
E gli italiani alle amministrative hanno espresso con chiarezza la loro ripulsa
del vecchio centrodestra, mentre a sinistra hanno scelto sindaci nati dalla
sconfitta alle primarie dei candidati appoggiati dal PD. Gli italiani che
lavorano e producono stanno dicendo chiaro e forte che non credono piu’ nella
dicotomia destra-sinistra e che non hanno alcuna fiducia nei partiti della
seconda repubblica e nei loro rappresentanti. Soprattutto che si sono stancati
della loro vuota retorica a cui non corrispondono i fatti.
Occorre un’aggregazione politica completamente diversa che
sia espressione di forze sociali produttive e pragmatiche e che esca dalla
riproposizione dello schema tribale destra-sinistra che ha caratterizzato
l’infausta storia della Seconda Repubblica.
Non fondatA su un leader, ma su scelte concrete, condivise e
sostenute dal basso. Una squadra o, meglio una collezione di squadre, di saperi
e specialismi, di gente che ha alle spalle anni di lavoro nel privato, nei mercati
italiani e mondiali, nelle aziende, nelle scuole, nelle organizzazioni
internazionali. Gente prestata davvero alla politica per cambiarla, non
funzionari di partito o miliardari alla ricerca di autoprotezione.
Un’aggregazione politica che parli sia agli italiani che
diventano sempre più, a migliaia, ex produttori, tra imprese che chiudono e
disoccupati, sia ai milioni di italiani, giovani, donne e meridionali, che col
declino in corso produttori non lo diventeranno mai.
Il declino non si ferma con uomini della provvidenza o
salvatori della patria. E nemmeno riproponendo a oltranza la logica di tecnici
svincolati dal consenso politico. Vogliamo un partito non di tecnici ma di
esperti e competenti professionisti, dall’artigiano, all’imprenditore, dallo scienziato
al medico, dal giornalista all’avvocato all’agricoltore. E vogliamo che le loro
proposte siano vagliate dall’elettorato, approvate e votate esplicitamente. Per
essere poi legittimamente attuate e messe in pratica, non abbandonate e
scordate come tutti i programmi elettorali.
A molti italiani è chiaro che Monti non ha i difetti, le
incompetenze e le responsabilità su cui si è consumata negativamente la
parabola del berlusconismo. Ed è anche chiaro che, al contrario dell’arcipelago
della sinistra ufficiale che chiede tutto ed il contrario di tutto, saprebbe
forse cosa fare. Ma non lo fa o lo fa molto, molto parzialmente e troppo,
troppo lentamente.
Ma è altrettanto vero che tecnici senza un patto esplicito
con l’elettorato perdono rapidamente forza operativa, e finiscono limitati e
prigionieri delle resistenze a riforme e cambiamento, da parte della macchina
pubblica come degli interessi corporativi. Fermare il declino significa
rilegittimare la politica dal basso, rompere a Nord come al Sud le logiche
ventennali che non hanno prodotto né vero federalismo, né posto fine
all’assistenzialismo clientelare.
Chi sono i promotori
Negli ultimi mesi queste riflessioni sono state condivise da
un gruppo di accademici, professionisti, imprenditori, manager ed esponenti
dell’associazionismo e della società civile.
Nelle ultime settimane, nella crisi aggravata dell’euroarea
e di fronte ai tentativi dei vecchi partiti e leader di riappropriarsi della
scena, un gruppo ristretto ha deciso di serrare le fila.
Tra essi gli animatori del sito noiseFromAmerika, gli
economisti Michele Boldrin, Sandro Brusco, Andrea Moro, Alberto Bisin;
Alessandro De Nicola dell’Adam Smith Society; Alberto Mingardi e Carlo Stagnaro
dell’Istituto Bruno Leoni, Oscar Giannino di Chicago-Blog; Luigi Zingales della
University of Chicago.
Il confronto è stato immediatamente esteso alla prima fila
di Italia Futura, impegnata da tempo su un analogo obiettivo. Di qui la
decisione di Carlo Calenda, Andrea Romano, Federico Vecchioni, Irene Tinagli,
Nicola Rossi di divenire copromotori del manifesto.
Emma Marcegaglia, fra i molti altri imprenditori ed
esponenti del mondo del lavoro con cui si è discusso di questi temi, ha seguito
e condiviso sin dall’inizio documenti e intenti, e continuerà a a contribuire
al medesimo discutendo, criticando ed intervenendo. Ma nella sua qualità di
past president di Confindustria non è firmataria del manifesto, per evitare
equivoci ed artificiali polemiche. Continuerà ad accompagnarlo dal’esterno.
CHE cosa non è “Fermare il declino”
Non è e non intende essere la riproposizione elitista di
angusti circoli liberal-liberisti.
Non è e non intende essere neocollateralismo ad associazioni
d’impresa e a interessi costituiti.
Non è e non intende essere il partito di un leader
carismatico, né industriale, né di alcun tipo.
Non è e non intende essere scialuppa di salvataggio per
politici alla ricerca di riciclaggio.
Non è e non intende essere un nuovo pezzo di destra o di
centro. O di sinistra, se è per quello.
Non è ancora un partito, n è intende esserlo da solo.
Vorrebbe che un partito o almeno un’aggregazione politica si creasse con le
caratteristiche dette sopra e con il programma illustrato. Per questo operera’,
ma un partito, con un leader e tutto il resto, non è.
Siamo convinti che l’Italia sia matura per aggregazioni
popolari su scelte chiare che gettino dietro le spalle le due coalizioni
eterogenee che hanno finito per fare, alla prova dei fatti negli anni,
praticamente le stesse scelte di politica economica, hanno solo aggravato
inefficienze della macchina pubblica, e negazione del merito.
Che cosa nasce dopo il manifesto
L’associazione Alleanza Impresa Lavoro e il suo sito www.fermareildeclino.it sono
un incubatore.
Servono a misurare la risposta degli italiani e a facilitare
condivisione ed elaborazione dal basso delle proposte programmatiche.
I criteri dell’autofinanziamento sono ispirati alla massima
trasparenza, no ai partiti-azienda emanazione di un tycoon
L’obiettivo è un’aggregazione politica sul programma, la più
ampia possibile perché il fine non è di testimonianza minoritaria ma di
contribuire decisivamente al governo del Paese per rilanciarne la crescita. E
per far tornare gli italiani a sperare in un futuro che non veda i migliori
costretti ad andarsene, le imprese a varcare il confine, i capitali a volgersi
altrove.
Senza un nuovo patto con gli italiani, non si vince la
resistenza dei mille campanili e delle mille lobbies. Tra i produttori che
diventano ex, e coloro che non lo diventeranno mai, lo Stato cattivo regolatore
ha finito per radicare anche pessimi comportamenti civili, dall’evasione
fiscale ai finti invalidi, dalla bassa produttività a gare e prezzi per gli
amici degli amici. E’ questo ostacolo che occorre spezzare, e non lo si fa
senza vincolarsi con gli italiani a un preciso patto perché le vittime della
bassa crescita e della discrezionalità pubblica si vedano concretamente
retrocessi i frutti dei duri interventi necessari a mutare le troppe rendite di
posizione.
E’ l’Italia che sta peggio, non dei ricchi patrimoni, quella
alla quale ci rivolgiamo per una nuova forza politica. Vogliamo dialogare con i
giovani che vedono il futuro ingrigirsi, con le donne escluse dal mercato del
lavoro, con i lavoratori dipendenti tartassati dalle imposte e con salari
bloccati, con gli imprenditori che, pur capaci, son costretti a chiudere
perche’ imposte ed un paese che non funziona li forzano a farlo, con i
dipendenti pubblici meritevoli ma non valorizzati …
I tempi per il partito? Se avremo sostegni e seguito, il
prossimo autunno.
Con chi vi alleerete
Il manifesto, il programma, l’associazione e quel che ne
scaturirà dopo avranno una sola regola:nessuna convergenza se non
sull’esplicita e ferma condivisione del programma
Gli italiani ne hanno le tasche piene di chi incolpa a
destra e sinistra i propri alleati per non fare ciò che si è per vent’anni
promesso di fare
Chi è il leader?
Non si parte dal leader, nessun leader preconfezionato o di
plastica. Lavoro di gruppo, coordinamento, rete, sapere e conoscenza diffusa.
Se e quando verrà il momento, chiunque abbia aderito sulla
base di un’esplicita adesione al programma e soddisfi precisi criteri sia di
morale personale che di trasparenza che di assenza d’ogni conflitto
d’interessi, non potrà evitare di essere sottoposto a primarie. E chi vince le
primarie diventa il leader.
Di Monti che pensate?
Che al voto ci sarà bisogno di una rilegittimazione della
politica. Per questo lanciamo la nostra iniziativa. Un’Italia che si
rassegnasse a governi privi di legittimazione popolare resterebbe un’Italia
debole, e questo prescinde dai giudizi sulla persona di Monti. La verità di
questa osservazione è già da mesi sotto gli occhi degli italiani e del mondo.
Più amici della sinistra o della destra?
Di nessuna delle due attuali, e non per fare i terzisti
centristi. Vogliamo essere al di sopra o avanti, non costretti nelle scatolette
ideologiche che nemmeno comprendiamo. Parliamo a tutti, sia a destra che a
sinistra. Ma sui contenuti concreti e sulla moralita’ personale non
transigiamo.
Tentiamo di nascere per essere alternativi a entrambe.
Ma la legge elettorale?
Non la scriveremo noi, ma non possiamo aspettare che si
capisca quando e come si voterà per decidere. Perché l’offerta politica va
cambiata da subito.
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