In un vecchio post (Berlino punti sull'Europa federale) si sollecitava, attraverso un articolo pubblicato su Il Sole24Ore di Antonio Padoa-Schioppa, a riflettere su 2 punti precisi della crisi che sta attraversando l'Europa. Una riguardante i movimenti geopolitici (in senso lato, quindi anche economici, militari ed energetici) che stanno intervenendo nel mondo e che ci vedono oggi piuttosto deboli nella capacità di partecipare a questa riscrittura. Il secondo punto è che le ragioni dei tedeschi non sono affatto astratte ed immature: senza una unificazione politica, e il ridisegno totale della geografia istituzionale e democratica dell'Europa (mettendo anche in conto la sparizione degli Stati Nazionali, e il ridisegno macroregionale del continente dal punto di vista amministrativo), a nulla varrà il prender tempo e il minacciare Merkel ed il popolo tedesco di accollare loro una responsabilità del fallimento dell'Unione.
L'articolo di Padoa-Schioppa è su quest'ultimo aspetto che insisteva, nel panorama del dibattito sulle sorti dell'Europa e della sua crisi, le soluzioni possibili e le vie di uscita che non riusciamo ad imboccare. Ma, dobbiamo riconoscerlo, la retorica antigermanica (che abbiamo avuto modo di ascoltare e leggere dopo la partita di Giovedì, qui accennata nel post Pubblicità e che solletica e friziona fatti storici dei nostri padri che coinvolsero comunque tutta l'Eurasia nel processo di smantellamento delle istanze democratiche dell'area), è accompagnata dalla retorica sovranista e nazionalista, che vede inglesi e francesi tutt'oggi privilegiati e vincenti su questa posizione di propaganda, anche se i rispettivi governi sono sorretti da posizioni ideologiche diverse. E' indubbio che queste retoriche sovraniste e nazionaliste sono molto più appetibili e diffuse. E riconosciute massivamente come pertinenti.
Sia a destra che a sinistra, in Europa, sta crescendo un'istanza nazionalista che vuole rimettere in discussione l'assetto europeo così come è uscito dai trattati che negli ultimi decenni hanno configurato il continente.
Se a destra le posizioni sovraniste si inseriscono nel solco tradizionale ideologico del novecento, e vediamo che con facilità trovano diffusione e consenso in tutta Europa ogni qualvolta vengono rieletti i parlamenti nazionali, anche a sinistra il fascino regressivo di un'Europa pre-Lisbona o Schengen o Maastricht prende piede. E lo fa riproponendo modelli certamente non revanscisti, ma che prestano il fianco alla costruzione di un senso politico ed ideologico che prima ho definito regressivo. Per tutti, vi basti leggere questo interessante post, Limes, su un blog letto e scritto da autorevoli persone.
Passando per Ungaretti, che seppur eccellente poeta non seppe dire sufficienti NO al fascismo - "Patria e rivoluzione: ecco il grido nuovo. (...) Aderisco
ai fasci di combattimento, il solo partito che intende la tradizione e
l'avvenire, in modo genuino." (in:
Il Popolo d'Italia, 13 novembre 1919) - nè prima quanto meno dopo il ventennio, nel post linkato sopra dal titolo Limes si argomentano questioni che trovano oggi motivi diffusi di riflessione locale, anche qui in N.O.I., seppur non nelle istanze piuttosto folkloristiche e passatiste che invece leggiamo altrove. Ma certamente intorno alla riflessione su produzione, consumo, costruzione sociale e civile del tessuto significante delle società pre-capitalistiche (che in talune aree d'Italia si sono protratte anche fin a poco dopo la II guerra mondiale), il dibattito è apertissimo e molti attingono da quelle dinamiche socio-produttive argomentazioni di recupero prima ancora che dell'identità anche della capacità generatrice del lavoro umano. Questo post, però, arriva a mettere in discussione il presente riproponendo il passato tout court. Affascinante, suggestivo. Ma la sesta regola è "conoscere il passato perchè è l'unico modo per costruire il futuro", mica ripristinare ciò che fu.
Qui voglio solo sottolineare come il dibattito sull'Europa sta prendendo pieghe che volgono il capo indietro, sia in forma esplicita e chiara, sia in forme più articolate argomentate e meno (apparentemente) populiste ma che di fatto stanno riscrivendo il senso di unità popolare intorno al feticci nazionalisti e sovranistici. Anche monetari.
Io personalmente considerò che la situazione europea versi in queste condizioni per le resistenze che provengono in particolare dai due Stati più indisposti a cedere sovranità all'Europa, e che sono la Francia e la Gran Bretagna. E seppur gli USA spingano per una soluzione più integrata dal punto di vista politico (almeno Obama, preoccupato delle chiusure degli scambi commerciali che ne stanno derivando quali risposte protezionistiche e, diciamolo a ragione, improprie e pericolose), la ricca Germania viene descritta ed avvertita in Europa come egoista, quando invece è preoccupata della deriva nazionalistica cui l'Europa regredisce. Ed il debito aiuta queste regressioni, loro lo sanno benissimo come andò a finire nella Repubblica di Weimar.
Per coloro che non fossero convinti della debolezza in politica estera dell'Europa, riflettessero sulle dichiarazioni di ieri fatte da Monti a fine partita della finale dei campionati europei, dove il disagio nel trovare le parole giuste ed opportune difronte a quello che sta accadendo in Ucraina la dice lunga sulla soggezione di questo continente, ed in particolare dell'Italia, rispetto al mondo, verso cui nostro debito deve trovare ancora acquirenti. E che naturalmente non sono l'Ucraina.
Questo il video. Dal minuto 2:05, per chi volesse evitarsi le parole sulla partita Spagna-Italia 4 a 0.
I toni non sono affatto prudenti quando invece Monti descrive la politica economica interna, determinata a suo dire da coloro che "nei decenni passati" ci hanno governato, e che poi sarebbero i partiti che lo sostengono tutt'oggi in Parlamento. Vedi dal minuto 4:25
Quindi, lo sfilacciamento democratico dell'Europa e degli Stati nazionali è più preoccupante di quello che immaginiamo, ed è speculare al fuori ed al dentro dell'Europa e degli Stati che la compongono.
Nel post citato all'inizio, riferito all'articolo di Antonio Padoa-Schioppa, si chiudeva con una chiosa sull'ingegner Rosa che, al largo di Rimini, fondò l'Isola delle Rose, ovvero un nuovo Stato nazionale indipendente dall'Italia. Esperienza che durò poche ore.
Ebbene, quell'esperimento oggi è più vivo che mai. Il Sea Standing Institute sta lavorando e raccogliendo soci sostenitori e finanziatori per lo stesso progetto: " Il Sea Standing Institute sta lavorando alla costruzione di città galleggianti che consentiranno alle prossime generazioni di pionieri di vivere pacificamente con nuove forme di governo. Ed il successo di questa iniziativa potrà ispirare il cambiamento dei governi di tutto il mondo". Così è scritto nella pagina che sopra ho collegato.
Ora, mi vien da chiedermi se la moltiplicazione delle Ravenne o ancor di più delle Venezie sia la soluzione. E soprattutto, quale orde barbariche si annunciano.
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