venerdì 25 maggio 2012

SAPER FARE DI CONTO NON SIGNIFICA SAPER FARE QUALCOSA - di Gaetano Mangione


L'efficacia argomentativa di Gaetano Mangione che rubo dai confronti che avvengono in un'altra sede, e che posto qui subito dopo il dirimente intervento di Leonardo Tinelli precedente a questo (L'impolitica è ancora... l'autonomia della economia), vogliono ancora essere motivo di coraggio per tutti affinchè si riprenda il passo e la misura giusta delle parole e delle azioni dell'imprendere, oggi assediate dalla chiacchiera economicistica e finanziaria che nulla di buono ci hanno disposto, e che anzi ci hanno distratto da quella che è l'ineluttabile fatica che la corrispondenza della ricchezza depositata richiede. Oggi, dopo la sbornia del soldo facile che ha saccheggiato i risparmi (evidentemente anch'essi facili, altrimenti sarebbe bastata la favola di Pinocchio per allarmarci dei gatti e delle volpi che si aggiravano !!!) di tanti italiani, dopo aver creduto all'effetto moltiplicatore della mera circolazione del denaro investito nel denaro... forse è possibile riprendere consapevolezza dell'agire direttivo efficace, chiunque eserciti questa moderazione nella quotidianità del suo operare, politico o imprenditore che sia, ovvero ceto dirigente.

Scrive infatti Gaetano Mangione:
saper far di conto non significa saper fare qualcosa.

Infatti un economista ed un bancario non sono imprenditori per cui non sanno vedere o pensare oltre la chiusura della trimestrale e non capiscono assolutamente cosa significa strategia di sviluppo. Per loro il fatto che si produca ricchezza reale che sostiene materialmente l'economia non ha senso. Sono abituati a ragionare solo in termini di dividendi e compensi ai consigli di amministrazione. Gli imprenditori fanno un altro mestiere ed il conto del dividendo può anche non essere fatto a fine anno, a volte mai.
Questo non vuol dire che attuino politiche suicide, semplicemente si preoccupano che la produzione sia fatta e che la mano d'opera venga pagata: cultura del fare. Questo a dispetto di quello che pensano governo, guardia di finanza e sindacati. Conosco personalmente una serie di piccoli imprenditori che da anni non riesce ad assegnarsi una minima rendita ma continua a spingere soldi nell'impresa ed a pagare i suoi dipendenti. Non è un problema di nanismo, semplicemente le condizioni economiche in essere in Italia non permettono la crescita a partire dalla famigerata IRAP. Per una contabilità lavori che faccio da solo ho almeno 6 controllori con tutte le spese amministrative inutili che contornano il pagamento di una fattura a 120 gg. dfmf. Da noi la PMI è una specie di famiglia, checchè ne pensi la Camusso che accusa graziosamente di pirateria tutti quelli che pensano di tenere in piedi un'azienda.
Questo è il limite mostruoso delle banche, per loro non è plausibile il fatto che qualcuno voglia semplicemente lavorare e far lavorare. Il '29 non ha insegnato niente a nessuno a meno di un secolo di distanza siamo in condizioni peggiori. Anche se Wall Street dice che il denaro non dorme mai, non dobbiamo dimenticarci che il denaro non si mangia e che se qualcuno non si china per raccogliere le patate MacDonald non può lavorare.
La Germania sta bene perchè ha scelto la produzione e non la finanza per fare ricchezza, loro sono imprenditori. Un paese che affida alle banche il timone dell'economia (Monti & C nonostante le affermazioni lo sta facendo) condanna il paese all'asservimento di altri. Qualcuno sta cominciando timidamente ad asserire che forse dovrebbero ripartire le opere pubbliche (magari non nelle modalità folli del recente passato) ma dobbiamo essere coscienti che un qualsiasi comitato potrebbe bloccare la costruzione di un acquedotto per alimentare un ramo di rete insufficiente per un pezzo di città. I cinesi sono abituati da millenni a non pensare a domani ma a fra cent'anni, hanno la forza politica e la volontà di attuarla, per questo ci stanno battendo.


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