venerdì 18 maggio 2012

INTERVENTO immaginato IN QUANTO SOCIO ALLA assemblea vera DEI CONTADINI cooperativi ASSOCIATI - di Leonardo Tinelli

Volentieri riceviamo e pubblichiamo questo scritto di Leonardo Tinelli




SIGNORI,
dalla parte nostra resta il fatto che la prima artificializzazione del mondo, l'agricoltura, ancora non si ferma e niente sembra in grado di sostituirla, anzi tutte le modificazioni successive ci hanno preso ad esempio, sia quando si trattava di esaltare lo spirito nuovo che si andava affermando con strumenti tecnici più adeguati, sia quando l'essenzialità umana di riferimento esprimeva la sua necessità, la sua evidenza e come tale, tolto ogni orpello, bisognava intenderla e continuare a venirne a capo.

Venire a capo della materia umana è il compito, infatti, che il procedere universale del mondo artificiale, ci impone a partire da quella disegualità dello scambio che diversamente da come poteva essere praticato il baratto e il dono, ovvero l'attribuzione permanente di valore alle cose anche quando subiscono le trasformazioni radicali del consumo, oggi sembra la regola impazzita sulla quale nuove disuguaglianze e nuove povertà si minacciano per tutto il mondo.
La malattia dello scambio diseguale si è infatti innestata sulla logica pari che i valori simbolici e anche concretissimi relativi al baratto garantivano. Che fosse dono divino il cibo o merce che da lontanissimo si proponesse come una apertura temporale di ogni finita cognizione dello spazio ricognizionabile, era sufficiente a far accettare e condividere carestia ed abbondanza che così riempivano di valore economico, prima di ogni autonomizzarsi dell'economia quella dimensione strumentale indispensabile che è alla base del fatto agricolo.
Infatti, senza aratro, senza zappa e ciuco, non c'è stata mai nessuna agricoltura, né potrà mai esserci. Certo la natura è padrona e sempre favorisce che il suo segreto, la quantità infinita, venga aperto e svelato, ma non ce ne sarà una favorevole alla trasformazione; anzi il velleitarismo di intenderne una aderente alla dimensione biologica che l'uomo ascrive a se stesso, presunta e sempre imprudente, si trasformerà presto o tardi, come di fatto tutte le nostre conoscenze a riguardo dimostrano, in un ostacolo ad acquisire ulteriormente quella quantità infinita benevole che la natura ancora consente che si utilizzi.
Ma qui il punto di contatto tra la logica dello scambio e il carattere astratto di ogni cognizione della natura hanno trovato punti di accordo tanto stretti da far ritenere che quella dimensione pratica dell'attività umana che era imprescindibilmente legata alla zappa e all'asino potesse essere intesa come separata e trasferibile, addirittura motivo di apprendimento, di orientamento morale generale, e addirittura generatrice di diritti e di nuove affermazioni della storia.
Ma mentre noi quest'oggi, celebriamo le nostre antichissime conferme e siamo testimoni del sole, dell'acqua e del vento e della terra e ancora non sappiamo quale elemento prenderà il sopravvento e per quanto tempo, qualcuno già ci ha detto che quella relazione con la terra del glebario o del garante del confine che ancora conservava il rapporto con il sole o la pioggia, non vale più. Che se un uliveto produce dipende dal lavoro e dal prezzo, ed è bene che pure quelle forme di lavoro legate all'altezza della terra che consentivano il riposo o lo spostamento, da Altamura a Cisternino, da Gravina a Barletta, non ricevano in cambio l'olio di Cisternino o le cipolle di Barletta ma che se ne comprino di Francia e olio dal Maghreb!!!
Ma se noi non produciamo il nostro cibo la stessa reciprocità sociale che lo garantiva intendibile e scambiabile muore!!! Anche quando quel cibo contenesse una parte di veleno!!!
È il veleno infatti ciò che si intende nascondere in ogni produzione. Sia che si tratti della punta spuntata della nostra zappa, sia che si tratti della inadeguatezza del prodotto! E in questa dimensione non c'è solo lo sviluppo o la decrescita, ma la stessa azione di ogni uomo nella sua incertezza e così nella sua diretta compromissione.
Che si dica in giro, in altri termini, che da queste parti non si sappia coltivare ciliegie non ci metterà in ambascie maggiori del piacere ricavato da quella pianta che, a sorpresa, ci ha lasciato ciliege eccezionali!!!
Se la nostra attenzione resterà legata al dono, all'eccezione potremo ancora di più avvicinare la natura, altrimenti non sarà che uno standard produttivo per la vendita che caratterizzerà la nostra relazione con la terra. Criterio questo che compromette la stessa natura patrimoniale del nostro rapporto con il suo possesso.
Certo, appena ci si avvicina al campo questo già indica il suo tempo lunghissimo, il fatto di superare generazioni e generazioni in un battere di ciglia, per come la terra resiste tutte le modificazioni immaginabili. Non si potrà mai dire, infatti, che questa terra appartiene a me, o mi riviene dal padre senza che il padre, a sua volta, sia stato oggetto dell'implacabile forza permanente della terra che ogni tempo consuma, ma non sarà per accettare un standard produttivo ancora più effimero che la patrimonialità del possesso, ovvero le famiglie e le donne di campagna oggi, e le stesse regole del fare e del rispettare tutti, possano essere accusate di restare ai margini e addirittura di impedire le forme nuove di possesso, nelle quali alla maggiore presenza delle macchine e della chimica non  corrisponderà nessun richiamo per l'incitarsi al lavoro e nessuna gioia dalle cose fatte.
E noi che in tutto questo non siamo che la zappa spuntata, se è vero che saremo superati e buttati via, non per questo potrà apparire più lungo e vantaggioso il destino di chi si adegua alle produttività standard che prevedono grandissime estensioni coltivate a monocoltura prevalente con ausilio intensissimo dello strumentario meccanico motorizzato.
I figli, dunque, come le donne dei campi, l'altro pezzo decisivo della antica patrimonializzazione con la quale si avvicinava la natura, per quanto applicatori di competenze costruite chi sa dove, saranno in grado di sentire il battito della terra, il rumore della crescita e della dissoluzione? Rotta che sia la vecchia formula della patrimonializzazione con la quale le generazioni si legavano alla terra e la ascoltavano insieme, ci sarà ancora chi sarà in grado di indicarne il brusio?
E se i padri non sono più padri, i figli che cosa sono? Se i padri non sono se non un patrimonio in svendita, i figli potranno mai acquisirlo? E se è così a nessuno sarà data in dote la terra!
Ecco il motivo per il quale, il valore della terra, lo stesso patrimonio si è a tal punto dematerializzato che si scambia con le terre argentine, con la disponibilità al lavoro delle masse cinesi, con le centrazioni al vendere dei mercati dell'Occidente. E ora da uno ora dall'altro di questi domini, presa in ostaggio, la terra, che consente le trasformazioni produttive, non sa del proprio futuro.
Scienza agraria, invece, nacque dalla terra direttamente. Direttamente divenne università e scienza. Per come ogni biologia è acqua e aria, cielo e terra e lì confonde e integra i dinamismi fondamentali della vita.
Questa la posta in gioco!
La vita e la scienza o l'esclusione della terra dalla dote che gli uomini si tramandano.
Esclusa dall'ereditarietà la terra, allo stesso modo si crede di poter rendere possibile la   dematerializzazione del futuro in una coerentizzazione astratta che vede solo artifici e assenze. E così si potrà giustificare anche il congelamento degli embrioni, un modo, come altri, per evitare i figli e assicurarsi una continuità, ma come ricorderemo il padre? Come il nonno e l'antenato? E quanto dovrà essere lungo questo rapporto per finire di dire chi sia stato il padre senza... figli?
Non c'è alcuno dubbio, invece, sul fatto che tutto non appartiene ad alcuno se non alla catastrofe del tempo, alla dissoluzione-costituzione delle cose, ma la questione decisiva è se ne cogliamo la dimensione che ci riguarda direttamente nella quale è iscritta la nostra fine e l'inizio per altri!!! Dimensione che impone una nostra incondizionata accettazione che è insieme quella di dover soccombere e allo stesso tempo l'esercitare strenuamente ogni energia possibile!!! E dove finalmente si vede il pari e il corrispondente dello sforzo alla cedevolezza, della resistenza alla potenza, dell'equilibrio delle circostanze che permettono di vedere, senza alcuna paura, dentro le cose del mondo, e di consentirci ancora l'incanto.
Signori, la terra, dunque, appartiene a chi la riceve in dono, terra che in quanto dono obbliga alla reciprocità, al ridonare, ma tenendola, che è molto poco rispetto alla responsabilità del dono, si viene ad essere costretti a lasciarla, addirittura all'obbligo del lasciare, dove disperati resteranno, senza nessuno che sia in grado di chiedere per cognizione, coloro che la prenderanno, dalla impossibilità di lasciarla ancora, non sapendo assolutamente a chi!!!
Ma è inevitabile pensare che niente sarebbe possibile senza fare le cose assieme! Addirittura la stessa malattia è una adesione strettissima alla salute. Guai se non fosse così e se non si continuasse a ritenere che scartato ogni principio di continuità, l'opponibilità sarebbe senza corrispondenze (!!!) Mentre è vero che lo è da sempre!!! Invece! Dunque, la malattia che è la presunta necessità della separazione di ogni e tutti i riferimenti pratici e  teorici possibili, è la stessa salute che impone la relazione. Dunque l'incontro piuttosto che l'autonomizzazione, la separazione.
Da dove, non si sa... ma per certo, carissimi signori, per ritornare a fare cibo, che è l'essenza della produzione agricola, ci vedremo costretti a stare assieme, e se non sarà patrimonio, sarà patria... patrìa della storia, con il primo che capita sarà pure matrimonio, ma pure di stare lontani dalla micidiale solitudine che condanna le formiche e le api, qualche cosa delle api e delle formiche dovremo essere disposti a dare in cambio! Sarà il.. tempo? Sarà lo... spazio? Tempo vuole l'ape, spazio la formica! Chi vincerà?
Lo Stato nelle sue forme sospensive del tempo e della contrazione dello spazio... è la risposta universale.
Per conto nostro, anche solo aver posto così la questione, in questa assemblea è sufficiente... ma ciò che è veramente insufficiente è l'incontro che mi negate se senza... cibo, e senza... vino, mi lasciate andare...... 

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