Il disoccupato ha scritto una lettera al ministro del welfare, Elsa Fornero. Non è uno che scrive spesso delle lettere: scrive già tante lettere di presentazione per le aziende...
Cara zia Elsa,
ti mando i miei saluti. Spero che tu stia bene. Spero anche tu voglia perdonarmi: lo so, è tanto che non mi faccio sentire, né per email né per telefono. Anche su facebook vado sempre meno. Il motivo è, in un certo senso, anche il motivo per cui mi sono fatto sentire poco da te.
Ti spiego. Appena entro su facebook vengo subissato di richieste. C'è chi mi chiede di pubblicizzare sul mio blog (ti ricordo il titolo, Cronache dei disadattati – ma so che tu lo segui sempre) il libro che ha appena dato alle stampe con Caciotta Editrice S.r.l., e che sarà distribuito in tutte le librerie di Piedimonte San Germano; c'è chi mi ingiunge di condividere un appello della ggente contro le banke; chi mi ordina di diffondere una notizia che mette in cattiva luce il Governo. Questi ultimi, in particolare, si accaniscono con protervia inaudita sulla mia bacheca, forse pensando che se mi parte per errore un click su “mi piace”, dopo la notizia diventa più vera delle altre.
Te lo dico con sincerità: non ne posso più. Ne ho le tasche piene di questo diluvio di accuse, di recriminazioni, di battute che non facevano più ridere già al tempo di Plauto e Terenzio. Almeno usassero i meme, che sono fatti apposta per essere brutti! e poi il troll e il trololo mi faranno ridere per tutta la vita. Invece no, su queste vignette deplorevoli i protagonisti siete voi del Governo: il mio amico Mario – a proposito, ti chiederei il favore di portargli i miei saluti, e di ricordargli di quella consulenza... ma non aggiungo altro, lui sa –, la Graziosa Maestà del Re Giorgio, e anche tu, cara zia Elsa: non hanno rispetto per nessuno.
Un tempo non era così, anche se lasciandoti sfuggire qualche lacrima alla prima conferenza stampa avevi fatto storcere il naso a molti (a me no, perché ho il nasone e non si storce da solo); altri ti superavano di molte misure nella corsa all'antipatia popolare, con quelle facce da figli di papà che hanno fatto sfolgoranti carriere grazie alle spintarelle parentali. Tu, cara zia, stavi anche simpatica – per le tue uscite un po' brusche, per le spiegazioni professorali, per quell'indice da maestrina sempre alzato e alla fine la plebe ti voleva anche bene, come sempre si vuole bene a quelle zie che sembrano acide e scorbutiche ma sotto sotto sono buone e gentili, come tu sai essere.
Però, cara zia Elsa – scusami se te lo dico in modo così diretto, ma è meglio essere franchi in queste situazioni – anche tu te la cerchi. A volte mi sembra che tu abbia fatto tuo l'aforisma di Wilde: parlate pure male di me, ma parlatene! Diamine, lo sai che a dire la verità in Italia non si guadagna di certo in consenso e notorietà: ti scambiano per una belva assetata di sangue, gli Italiani, se dici che il diritto al lavoro della Costituzione non significa fare le radici sul posto di lavoro: agli Italiani piacciono la retorica, le frasi ad effetto, il bizantinismo giuridico, le dichiarazioni di intenti. Sopratutto le dichiarazioni di intenti. Pensa quanto ci hanno marciato i futuristi, con quelle dichiarazioni di intenti che erano i loro manifesti! Scrivevano di come si debba fare la letteratura – o la pittura, o l'amore, o quello che volevano –, tappezzavano le città di carta, disturbavano gli spettacoli altrui, ma poi di questa letteratura – o pittura, o amore, o quello che volevano – se ne vedeva assai poco. Con il manifesto avanguardista hanno reso la dichiarazione di intenti una forma d'arte a sé stante. E lo stesso vale nella politica italiana: la realtà di fatto non va mai esposta al pubblico, che non la capisce e non la apprezza, perché la realtà è triste e violenta; basta la dichiarazione di intenti, e i decreti del Governo devono essere un libro dei sogni.
Ma ti chiedo di perdonarmi, zia Elsa! Mi accorgo che sto facendo la lezioncina di sistema politico italiano... sai, deformazione professionale.
Avrei un favore da chiederti. Questo mese con il lavoro non è andata male. Mi è capitato un analfabeta che ha bisogno in tempi brevi di una tesi di laurea in scienza dell'amministrazione. Tra i miei appunti di quando studiavo ho tutto quello che mi serve per confezionargli una cosa presentabile – il problema sarà devastarla a sufficienza da far sì che i suoi insegnanti credano che l'abbia scritta lui, ma troverò il modo, le risorse e l'inventiva non mi mancano. Mi darà ben ottocento svanziche, il mese prossimo, alla consegna. L'anticipo l'ho esaurito pagando l'affitto e le bollette.
Insomma, questa volta ho proprio difficoltà a mettere insieme il pranzo e la cena, zia Elsa. Potresti invitarmi a mangiare da te, almeno ogni tanto, almeno per un po'? Ricordi quel tipo che è morto, Steve Jobs, che diceva che bisogna essere hungry e foolish? Ecco, io sono entrambe le cose: affamato parecchio, e pure pazzo, perché di questi tempi bisogna esserlo per addottorarsi in scienze sociali, anzi per addottorarsi e basta. Ma non sono choosy, lo sai che sono abituato a mangiare tutto e a non fare capricci fin da quando ero bambino.
Poi quando l'animale agreste riceverà la sua tesi e mi pagherà mi sdebiterò con te invitandoti a cenare a casa mia – estendi l'invito anche a Mario, non ti fare problemi. Che ne dici?
Ora ti saluto, cara zia. Fammi sapere, in tempi brevi se possibile.
Devotamente tuo
il disoccupato di Sottovuoto
il disoccupato di Sottovuoto
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