lunedì 27 maggio 2013

La bellezza della vulnerabilità

Adrien Henri Tanoux - Salammbò, 1921



La Grande Bellezza di Paolo Sorrentino, celebrazione di ciò che la morte ci svelerà, non raccoglie riconoscimenti, cui invece fan man bassa gli asiatici, i nuovi nichilisti del mondo terracqueo. 
La Palma d'Oro è riservata alla chiacchiera dell'amore lesbico, tema tanto caro al potere pastorale se si accorre felicemente a definirlo, da parte del giornalismo irregimentato, con la qualifica di "scottante", come a dire infernale!, e quindi funzionale alla riproduzione della presa in carico delle vite private da parte di chi chiede, per ottenerla, obbedienza.

E' sempre sul corpo delle donne e sulla qualità delle affettività che si ostina a concentrarsi il potere, dissimulando la messa al bando del corpo femminile con il controllo manipolativo, anche tecnologico (la chirurgia plastica) oltre che semantico, dello stesso.


E' sul e attraverso il corpo delle donne che il capitalismo ri-sperimenta, oltrepassando la fisicità produttiva della forza-lavoro, la cattura ri-produttiva dell'ordine del discorso del potere e del controllo del territorio, impregnando semanticamente i nostri quotidiani universi simbolici, il lessico e il linguaggio della presa predeterminata del mondo. Il sostegno ai seni, ai glutei, alle labbra, agli zigomi, cosa sarebbero se non la intangibilità di un potere che non ha più necessità di "comandare", di dirigere, ma cui basta "sostenere". L'apoteosi dell'impersonalità diffusa, quindi,  si insedia ferocemente nell'articolazione permanente del "sostenere", per l'appunto, l'"opinione", cioè il parossismo verboso dell'insignificanza del mondo vitale. Ovvero la piattaforma di definizione, esclusivamente linguistica e di riproduzione dell'ordine del discorso assoggettante del potere, dell'identità vitale della persona. 










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