lunedì 29 ottobre 2012

ELEZIONI REGIONE SICILIA 2012: vuoto di (con)senso



Ronald Reagan, per il suo 2° mandato presidenziale statunitense, fu eletto da poco più del 24% dei cittadini statunitensi aventi diritto di voto. Praticamente una minoranza elesse il più potente uomo di governo mondiale. Quindi, a metà degli anni '80, l'emblema della democrazia occidentale, gli USA, entrano definitivamente in crisi, e Reagan rappresentò l'epilogo di un processo che ebbe inizio con le morti violente dei fratelli Kennedy nel 1963 (John) e nel 1968 (Robert). Dopo queste morti, il processo di crisi della democrazia USA si consolidò negli anni successivi, per un verso attraverso le esplosioni di cruente guerre periferiche e per l'altro attraverso l'emergere della cultura di massa industriale della contestazione. Il banco (della democrazia) fallì e saltò completamente nel 1984 con l'elezione per la seconda volta di Reagan a Presidente degli USA per il secondo mandato che si consumo dal 1985 al 1989. Nel 1989 saltò anche il contro-altare sovietico alla democrazia repubblicana e popolare occidentale, il cui sistema autoritario era già stato intaccato durante gli  anni '80 nell'Europa Orientale che degli URSS ne costituivano la cintura.



Ieri, 28 Ottobre 2012, in un solo giorno elettorale, la Sicilia ha cominciato a far saltare definitivamente il banco della democrazia italiana, il cui processo ritengo sia partito il 9 Maggio 1978 (con le morti parallele di Aldo Moro e di Peppino Impastato). In quella data muore la Prima Repubblica, ne nasce la Seconda che arriva fino al 1993. Nel 1994 abbiamo il consolidamento del processo di crisi democratica del Paese con la Terza Repubblica e le successive modifiche elettorali, e arriva fino ai giorni nostri che vedono l'attuale governo in carica il curatore fallimentare definitivo della stato di tenuta democratica del Paese. Con buona pace del prof. Monti, che si è prestato ad un incarico molto triste, e che il premio di divenire Presidente della Repubblica nella prossima legislatura non potrà che rinnovarci l'impressione che i tempi dei Presidenti della Repubblica della statura di un Einaudi, ma anche solo di Leone o di uno Scalfaro, sono ormai andati perduti per personalità di mera "emergenza". Così come lo fu Ciampi, così lo sarà Monti:  emblemi della crisi dello Repubblica (e del patto sociale che attraverso esso fu siglato), e scivolamento verso forme sempre meno rappresentative del popolo.

L'astensione dal voto del 52% degli aventi diritto di voto siciliani è indicativo non solo del fatalismo congenito degli italiani (mica siamo il popolo della scheda bianca protagonista del libro di Josè Saramago "Saggio sulla lucidità"!), ma che molto pericolosamente la nostra democrazia sta arrivando al capolinea. Chiunque vinca, non avrà una maggioranza omogenea, e sarà costretto a contrattare ogni volta, nella più feroce pratica di scambio ora molto più addentro le aule deliberative, cosa fare o non fare, o molto più probabilmente persistendo nella permanenza assoluta ed immobilistica dei processi "non-decisionali". Che poi sono quelli che ci hanno governato in questi ultimi anni (in maniera più massiccia in questi ultimi 20 anni), e i cui effetti sono adesso sofferti dai cittadini, in particolare dalla società produttiva (imprese e lavoratori), e non meno dalle famiglie, dai lavoratori a riposo, dai soggetti più deboli della nostra società italiana.

La politica italiana e chi oggi la rappresenta, ci appare nevrotizzata: dopo anni di confronto fideistico e religioso, e per nulla illuminato da un pur piccola fiaccola di scienza, oggi raccoglie il disastro democratico del consenso, confuso questo con il becero marketing accattone che sentiamo tradurre nelle parole "offerta politica", e che sta solo a significare lo sprezzo di ogni idea e progetto anche pur minimi, oltre la prurigine ad ogni confronto sulla fattibilità e sostenibilità delle proposte, e tutto rinchiuso autoreferenzialmente nella conservazione fine a sè stessa di un potere che ormai non significa più niente per più della metà degli elettori. E questa indifferenza sarà fatale, ci sarà fatale.

Questo vuoto di (con)senso si tradurrà in senso di vuoto. Ed allora la domanda che un ceto politico che sia all'altezza dell'impegno che il ruolo richiede è a cosa stiamo facendo posto con questo vuoto. 

Rispetto ai risultati elettorali del voto siciliano, è del tutto evidente che tutto il ceto politico finora conosciuto, che va dalla estrema destra alla estrema sinistra e con l'entrata in competizione di "nomi" grossi e potenti, rappresenta solo il 30% o poco più degli aventi diritto di voto. Ciò consente all'uomo Beppe Grillo di cantare vittoria, in primo luogo perchè con molta probabilità il fenomeno dell'astensione sarebbe stato ancor più grave senza la sua partecipazione alla "gara" elettorale. In secondo luogo perchè adesso Grillo sa di poter "accedere" alla maggioranza degli italiani, nell'inerzia e nell'inettitudine totale di un ceto politico spregiudicatamente ignorante rispetto alla deriva storica che ci sta travolgendo, e che travolgerà loro insieme con noi.
Coatti a ripetere.


P.S.

4 Regioni, solo nel 2012, sono saltate: Lombardia, Sicilia, Lazio e Molise. E l'anno non è finito, e sorprese potrebbe ancora riservarcene (vedi la Regione Puglia). E vogliamo ricordare che questo processo di decomposizione delle Regioni cominciò con la Regione Abruzzo, allora governata da Ottaviano Del Turco, esponente del Centro-Sinistra. L'allora Presidente dell'Abruzzo, oggetto di indagini giudiziarie su questioni di politica sanitaria, eletto nel 2005, si dimise nel 2008, due anni prima della fine del mandato.
Di Provincie e Comuni, governati da ambo le parti, oggetto di bufere giudiziarie, è perfino inutile farne l'elenco. 

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