Carstian Luyckx (1623 - dopo 1658) - Vanitas con il globo, libri, conchiglie, serpenti e farfalle |
PER J. M. KEYNES, chiarendo ogni equivoco sullo… sviluppo,
il denaro non è altro che una rappresentazione del… valore
della rappresentabilità… prevalentemente numeraria. Ovvero nulla!!! O presso a
poco! Altro non è dato. Dunque, o ce
l’hai… la rappresentabilità, o puoi credere di possederlo o di prenderlo o
pretenderlo da qualche parte… il denaro! Diventato di nuovo concreto… fino al
suo uso!!!!!! Fino alla sua… perdita!!!!!!
Da questo inguacchio la crisi è… mondiale da sempre.
Ognuno può immaginare e di… essere chi sa chi!
Il punto dove va risolta la questione è dove noi siamo, ci
consideriamo e veniamo stimati come efficaci!!!
Se è l’Europa, il Parlamento, la nostra Comunità il giudice,
o se di giudici ce ne sia un sovrappiù. Tanto la giustizia dell’opinione…
televisiva è sempre disponibile… per chi può. Ma anche nel piccolo, con la
disponibilità dei cittadini alla politica (mostro impresentabile in ogni
democrazia che si intenda secondo Politica).
Siamo infatti, nella nostra democrazia, alla fine delle sue
più turpi trasformazioni.
Chi può, ovvero ovviamente tutti… coloro che hanno… disponibilità,
si… presentano in politica con il… programma minimo, di leniniana memoria, del
“volere tutto”!!! Ma non certo il potere… sempre astratto e per questo
immediatamente contestabile, ma la politica dell’opinione… generale, da se
medesimi rappresentata… in quanto CITTADINI.
Forti di questo emerito nulla… “pretendono tutto”!!!
Ma forse dimenticano o lasciano correre il fatto, che “tutti
politici” equivale a “nessun cittadino”!
E forse il paradosso ha bisogno di una qualche… opinabilità
confermata! Di una qualche conferma testimoniata! Addirittura di un qualche
esercizio di coerenza logica, se non proprio di un momento di sapienza antica.
“Nessun cittadino” non equivale a “tutti politici”, ma alla
perdita netta del restare cittadini, ovvero dell’essere costituiti quali
cittadini che hanno a che fare con la “verifica delle legislazioni” e con la
loro efficacia pratica permanentemente riscontrata.
Che il cittadino sia il costituito non deve poi sorprendere. Costui, infatti, non ha
mai un ruolo passivo, fosse solo per il fatto di restare la parte decisiva di
ogni potere in qualsiasi maniera questo si configuri; sempre comunque
necessitato il potere a vedersi costretto a concedere la “verifica delle leggi”
a chi delle leggi in qualche modo sarà l’oggetto.
E sarà impossibile per chiunque poter pensare di essere a
piacere, oggi oggetto delle legislazioni, domani stesso protagonista della
legiferabilità parlamentare, senza accettare che le leggi devono essere
accettate tutte e, insieme, tutte restare passibili di modificazione
sostanziali che lasciano intendere il carattere astratto di ogni legislazione
come di ogni funzione legislativa.
Ma, ogni preoccupazione a riguardo, ovvero la impossibilità
che possa corrispondere il “tutti politici” a “nessun cittadino” anche se si
caricasse della migliore frenesia collettiva, può nascondere il fatto che ogni
scelta, ogni deliberazione è sempre in vista della cosa migliore, e si afferma
in una scelta individuale libera. E libera non solo dai fini che in nessun caso
potrà prevedere, ma anche dei mezzi che non siano in qualche modo già operanti
da se stessi, ai quali l’agire umano si conforma inevitabilmente.
Nel campo delle deliberazioni e delle scelte, dunque,
all’uomo compete la libertà di… sbagliare ogni cosa!!! Dimensione pratica che
nessun “libero arbitrio” potrà regolare retroattivamente!!! Facendo del pensare
un pensare il passato, un banale considerare “l’arbitrarietà della prassi”, una
filosofia astratta che ha succhiato ogni ragione dell’agire pratico nella
costruzione di una logica coerente dotata di ampie discrezionalità sostitutive,
a condizione di separarsi dall’agire pratico umano medesimo. Dove la libertà
dell’arbitrio era liberare l’uomo dall’unico dovere individuale che gli
compete, quello di riconoscere la decisività compromissoria riguardo alla sua
natura di quanto si concretizza quale dimensione pratica del suo agire.
Dimensione necessaria esclusiva dalla quale deriva direttamente il profilo
obbligato all’esercizio della politica. (1)
Nelle nostre democrazie, allora, si conferma al contrario, come il dominio della discrezionalità sostitutiva faccia parlare di libertà finali piuttosto che strumentali, di libertà astratte che rendono sempre più singolari e costretti i destini, piuttosto di riconoscimenti concreti delle opere in atto.
E la proceduristica utilizzata è propriamente la
discrezionalità sostitutiva per eccellenza della libertà dell’agire politico.
Intesa come la migliore compensazione a quell’agire libero dell’uomo, dove
“l’ultimo esito della ricerca sembra una concreta realizzazione” che non ha di
per sé bisogno di nessun commento se non di una tacita e generale condivisione
individuale, per la quale non si risponderà mai ad alcuno!!!
Che questo sia lo stato della politica nelle nostre
democrazie è confermato dalla estrema libertà, dovremmo dire dalla scientifica
avventatezza di ogni programma politico, dove dire il meno possibile è
garantirsi la riuscita, ma in quanto l’avventatezza politica non predica che il
piano di reciprocità minimo già di fatto conseguito. Dove il principio della
realtà, ovvero “la fine della ricerca”, dunque il tacere, “silenzio dove
l’amicizia annega”, il già dato, supera ogni costruzione e ogni deliberazione.
Allo stesso modo del valore in Keynes, allora, la politica
sta diventando la sostituzione di sè stessa. E così come Keynes non può dire
altro che il valore, è ciò che in fine chiamiamo valore, così politica o
politiche non sarà altro che ciò che ci apprestiamo a chiamare in questa
maniera!!! E non sembri uno scandalo sentire la filosofia analitica alta,
Wittegenstein e Carnap in questa mappazza, anzi più sarà immangiabile più si
crederà che… sia (!) la realtà!
Ma che in questa bolla di aria fritta l’odore di qualcosa, si
senta non sarà per dire che se è per sentire… si sente sempre, che l’odore
promana!!!
E che l’odore di qualcosa sia la presenza o la distanza è
quanto ancora ci lega alla “libertà di sbagliare”, condizione che è già il
riconoscimento altrui nel fare il pane buono, dunque dell’incontro e della
comunità che la politica è chiamata a regolare.
L’odore delle cose che si sbagliano e si riconoscono ben fatte è, dunque, ciò che non ci lascia mai, nonostante Keynes, nonostante la discesa in politica dei fornai, dei contadini e dei fabbri.
Ma che la politica voglia tutto senza compensare nulla non
potrà a lungo essere consentito… come se tutti i forni, i pozzi, le campagne e
tutte le officine siano chiusi da sempre!
E senza forni, pozzi, campagne e officine a chi affideremo il
futuro?
NESSUN PROBLEMA!!!
Ripete lo slogan elettorale: “Saremo ciò che siamo stati”, ovvero
una nuova affermazione del reale…
Ma ciò che resta drammaticamente
reale è la… discesa in politica di tutti con l’abbandono delle retrovie! Delle
operatività concrete. Il contadino vuole la banda larga… l’artigiano una
politica del credito… il giovane il lavoro… e intanto il contadino… non
coltiva… l’artigiano non sarà mai un… banchiere… il giovane non apre libro e
non tocca né zappa né mazza.
La soluzione è certissimamente nel
voto!!!
Si proporrà, da parte nostra, di
votare a caso (visto che la differenza di schieramento non esiste più, E SI EVITA DI RACCONTARLA) un
candidato, venuto magari da… lontano, o da sempre italiano, vecchissimo o
giovane di primo latte, che sia stato chiamato a rappresentare altri senza sapere perché… In questo modo il
“diritto all’errore” la prima condizione dell’agire umano sarà praticata o
almeno richiamata al nostro presente.
COSÌ COME LA RESPONSABILITÀ
POLITICA PERMANENTE CHE ABBIAMO SEMPRE OGNI QUAL VOLTA, PER IL CASO PIÙ BANALE,
UNA RELAZIONE SOCIALE SI INTERROMPA. Dove,
invece, i nostri doveri etici devono aver avuto modo, già da prima, di essere
stati esercitati nel trovare soluzioni!!! Ovvero comportamenti adeguati agli
altri sempre!!!
E questo lo ricorda un qualche “politico”? magari… già divenuto Sindaco?
(1)
La questione del “libero arbitrio”, ovvero la necessità della
scelta del credere in Dio, materia che il cristianesimo ha opposto alla
necessità permanente del pensiero di ”pensare Dio”, ha rivolto nella direzione
del mondo ogni pensabilità e ricostruito le attenzioni all’uomo pratico che da
questo atteggiamento derivano. E se la legge morale ha potuto insignorirsi fino
a rappresentare nelle comunità un principio di condotta da seguire senza che
l’agire umano restasse oggetto di scienza e di ragione filosofica, la stessa
ragione filosofica è stata costretta a pensare il mondo come se fosse Dio! A pensare le condotte umane come se non
fossero oggetti di ragione, e la stessa pensabilità di Dio, insieme, aderire
tanto al mondo, loro malgrado, da scomparire. Dove la scomparsa è ovviamente la
“condizione naturale” del pensare!!! Ovvero è il pensare che scompare nel mondo
dove il “libero arbitrio” ha decretato la adesione del mondo all’uomo. Facendo
fuori ogni filosofia che non fosse… il “libero arbitrio”!!! Il… mondo
pensato!!!
Da qui le scelte morali e i comportamenti umani sono di fatto
senza contraddizione alcuna e nello stesso tempo alternative concrete al male e
al confliggere permanente. Dove ad ognuno è data la possibilità di riconoscersi
e di correggersi. Dove restare nell’errore è non solo possibile, ma rappresenta
addirittura la condizione necessaria acchè l’errore stesso, il male venga
mitigato.
Chi sbaglia, dunque, sbaglia nel mondo, dove la scelta è
controllabile, non di fronte a Dio, ovvero in relazione stretta a ciò che le
condotte umane lasciano senza risposta!!! Dovendo necessariamente, di fronte
all’errore di tutti, chiedersi cosa sia comunità, ragione, errore, male e bene,
senza che questo tutti, al quale va riferito l’errore, sia mai stato
proferito!!! Mancando la stessa materia, la stessa attestazione di naturalità
dei comportamenti umani, comunque coniugata.
Da qui per l’Europa una conflittualità permanente e
storicizzabile, ovvero controvertibile, e una moralità della quale si può
chiedere la sospensione. Mentre la modificazione di prospettive nelle quali il
mondo ridotto alla moralità sospendibile si ritrova, impone che la filosofia
prenda per oggetto le ragioni del mondo piuttosto che il pensare, l’agire
dell’intelletto medesimo.
Sembra incredibile, ma “l’essere per la morte” di
heideggeriana memoria, o l’essere per il nulla dell’esistentività sartriana, ne
sono la espressione conseguente e paradossalmente coerente. Al mondo reso pari
alla moralità sospendibile la stessa operatività umana è obbligata, ma senza
che alcun pensare possa essere messo in campo se non ciò che domina il mondo
fatto conflittualità permanente del pensare medesimo!!!
Dunque, si deve pensare la vita pratica, si deve pensare la
morte, si deve pensare il nulla, ma nel mondo!!! Quando, al contrario è la vita
pratica che non esercita il pensare, è la vita pratica che è impossibile senza
la morte, è la vita pratica che non prevede il nulla, ma l’errore permanente,
al quale è impossibile sottrarsi!
Tutte queste disposizioni sono le ragioni pratiche
sospendibili!!! E insieme immodificabili-inalienabili!!! Che non possono
diventare altro!!! Né trasformarsi in bene, né restare nel male, ma tutte
insieme sono nella loro incredibile varietà ciò che sempre riconosciamo e
obbligatoriamente, come oggetto di scienza, tenute sempre presenti, e tanto
presenti da essere quella ragione del reale che da un lato diffida della più
coerente delle sostituibilità, ad es. l’inconscio per il conscio, dall’altra non
sospende alcun che dei comportamenti umani, anche di fronte al terrore e alla
violenza, avvertiamo presto o tardi come vitali per tutti quanti gli uomini del
pianeta!!!
Che se il contenente delle condotte umane è la morte anche
questa in ultima analisi sarà bene! Che se è la felicità e la saggezza il mezzo
e il fine intercambiabili all’infinito, il bene ne sarà il suggello e
l’occasione di REALIZZAZIONE permanente!!!
Niente, ecco la questione decisiva, può modificare questa
condizione umana se non una arbitraria sospensione del bene dato che da qualche
parte del pianeta si gode, anche nell’abominio o nella povertà estrema, la
vita stessa e le sue contraddittorietà. Sospensione arbitraria che si
presenterà come un dettame senza soluzioni pratiche per nessuno!!! Né la…
carità universale ha mai avuto credito e da qualche parte si sia mai
concretizzata per qualcuno.
L’Occidente, carissimi tutti, è in queste condizioni. Vive una conflittualità interna impossibile da regolare perché manca di un pensare adeguato alla propria vita pratica, è impotente fuori dai suoi confini perché predica a vuoto pace e guerra, consumi e produzioni, tesaurizzazioni e ostentazione degli scarti inutili e non riesce a trovare il vero universale comune che solo il pensare trattiene.
Non basteranno due Papi a risolvere la questione.
Sorprendente il fatto che Pier Paolo Portinaro abbia profetizzato sul finire
degli anni Ottanta del secolo scorso, che “quest’età del nichilismo non ci
lascerebbe altra prospettiva che il vivere nell’attesa di un altro San
Benedetto e delle sue nuove regole” (e magari, poi, anche di un santo Francesco
che dal pensiero delle… regole del conflitto, scenda al… pratico ireneico della
pace perenne!!!) ma forse ancora prima bisognerà tornare alla materia etica, alla
natura umana che non chiede favori e non concede sconti… e che la filosofia,
meglio ancora gli uomini dell’Occidente pensando pensino pure… Dio, e per
questo non siano ritenuti una… miserevole applicazione di atti particolari
inconfessabili, ma attori della stessa materia prima della nostra natura umana.
1 commento:
non è vero che:
il denaro non è altro che una rappresentazione del… valore della rappresentabilità
il denaro è anzitutto una merce. per contro, la MONETA è segno di valore.
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