foto di Guy Le Querrec |
Ma soprattutto, perché, almeno nelle
mie riflessioni che suscitava, mi portò a riflettere come tantissimi di noi, ed
io per primo di certo, spesso cadiamo nella erronea convinzione che quanto ci
accade, e ci sta accadendo, sia un fatto <epocale>. Un fatto, ed un
accadimento mai avvenuto prima, e che ci vede dunque ogni volta impreparati,
del tutto sorpresi, che stia accadendo, e anche come risolverlo e affrontarlo.
In effetti, come ci porterà forse
a riflettere anche il prosieguo, nelle nostre vite individuali, e collettive,
risulta accadere ben poco che non si sia già manifestato, proposto, ed
affrontato, anche da esperienze umane del passato e più o meno remoto.
Poiché, gira e gira, pare che
rimane una nostra fragile convinzione, alimentata peraltro soprattutto da chi
ha molti interessi a farlo, che la vicenda umana si <srotoli> come un
tappeto coerente. Dove il presente, sia un incessante <colpo di teatro>
mai prima accaduto. E, che incalzati da questo <nuovo> incessante, ci si
ritrovi, così, a dover <inventare> ogni volta soluzioni e risposte, e
letture, interamente nuove. E mai viste prima, appunto.
Personalmente, riterrei,
piuttosto, che la nostra vicenda umana appaia invece prevalentemente un
incessante <girotondo>, sia nell’evo presente, come anche in evi che ci
hanno di certo preceduto e, che spero, seguiranno.
L’essere umano, appare molto
coerente invero, indipendentemente dal suo Genere ed Età, nel suo percorso
d’esistenza sulla Terra e anche nel tempo.
Mutano le forme tecniche di
queste nostre esistenze. Indubbiamente. Ma questo ci conduce anche alla
<illusione>, nell’ascendere delle forme tecniche di cui ci dotiamo, come
se la nostra esistenza di Specie fosse anche essa ascendente incessante. E,
quindi, solo fonte di sorprese, e fatti mai accaduti né pensati con cui doversi
confrontare.
Temo, che non sia così.
Temo, che l’Uomo romano - o
Donna, beninteso anche se non ripetuto in prosieguo, intendendo così solo indicare Uomo come
Specie - ma anche l’Uomo che uscì dalle glaciazioni persino, avessero dinanzi a
sé più o meno incessanti esperienze di vita e d’esistenza; e che ogni volta
affrontava, e risolveva, ma come se fosse la prima volta. Sempre.
Dunque, Alberoni, e di un suo
pensiero del quale avevo premesso, e promesso, di voler parlare assieme.
Dunque, il suo <
l’agricoltore e i predoni >,
che racconterò, per così dire “a
braccio”; convinto di non tradirne poi il senso anche se non riprodotto qui
letteralmente come testo.
L’autore, in un più ampio
contesto, giungeva ad esporre, come ricorrenti, nella vicenda umana e nel
tempo, due forme di agire umano
incessantemente interferenti, tra di loro.
L’una, l’agricoltore, raccontava all’incirca l’autore, ha la
<passione> di rendere vivibile la terra in cui si trovi; qualunque terra,
in qualunque luogo, per l’agricoltore diviene così come la <sua terra
promessa>. L’agricoltore, la dissoda, la rende verde e fertile, la rende
accogliente anche alle sue maniere sobrie di abitarvi, per sé e per i propri
figli.
L’agricoltore fa questo, anche
se si trova dotato con un solo suo
piccone e pala; lo fa col suo sudore e la sua fatica grata.
Perché
sente quello come un suo destino naturale.
E, in quelle sue terre rese
così dolci e grate, e produttive
di risorse di cui vivere con essa, ama vivere di una vita sobria, assieme alla
propria famiglia, ai propri figli e figlie, ai propri affetti. E sentirsene
appagato.
Ma
è proprio su di queste terre, che si volge, e da sempre, l’attenzione dei
Predoni.
I
predoni, da sempre, non dissodano, non coltivano, non producono
ricchezze. Essi, vivono, infatti, solo <predando> le ricchezze prodotte
dalla fatica e dal sudore - e accantonate per il loro stesso futuro e dei figli - da altri: dall’agricoltore, appunto.
Ed
è sulle terre degli agricoltori, dunque,
sui loro beni, sul loro modo di vivere civile, e sobrio, che si
avventano i Predoni. Da sempre.
Essi, i predoni, razziano,
distruggono, uccidono, rubano le ricchezze prodotte dal lavoro di altri.
E, quando poi se ne vanno coi
frutti del loro feroce saccheggio, si lasciano alle spalle solo deserto di
quella terra già prima così fertile e serena, solo rovine fumanti, paura e
dolore di altri.
Ma, rivelava sempre l’autore del
testo citato,
l’agricoltore,
ogni volta, e senza perdersi mai di forza e coraggio, di nuovo, appena partiti
i predoni, si arma ancora anche di sola pala e vanga. Ritorna alla sua terra
tanto amata appena sfigurata da altri, e la dissoda di nuovo, la rigenera, e la
rende di nuovo accogliente e prospera. Con la sua sola fatica. Per sé, e per
chi ama gli sia accanto….
Ci dice niente questa idea di
grandi <vocazioni> entro le nostre società umane, ed anche sul nostro
attuale presente?
Ci
dice niente anche di noi tutti e nel nostro stesso presente?
Se ci muoviamo a leggere anche il
presente, con coordinate anche antiche ma sempre risultate attuali, allora, sia
nelle nostre immediate adiacenze, come nella globalità del mondo presente e
attuale, non faticheremo, credo, poi tanto a riconoscere, e riconoscersi anche
noi stessi, nell’Agricoltore e i suoi cari. O, nei Predoni di sempre.
E molto, di tutto l’attuale
presente, ci apparirà forse, adesso, anche molto più chiaro.
Avendo la precauzione accessoria,
nostra di tutti eventuale, di avere però, anche a mente, che i Predoni di un
tempo usavano navi e barracani. <Giocavano>, per così dire, a carte
scoperte. Cioè, quando arrivavano, già lo sapevi che erano i predoni.
Quelli di
oggi - ed assai spesso anche - che osservano come in ogni tempo avidi le terre
fertili di altri e per poi solo predarle, abitualmente ormai usano anche
<consolle> e jet e cravatte….
Buon
ferragosto,
se
ci lasciano un poco di tregua, a tutti di noi. Donne, Uomini, Ragazze e
Ragazzi: il mondo della fatica grata, e degli affetti più cari, dell’agricoltore
di sempre.
Anche di quelli, Donna e Uomo,
Ragazzi e Ragazze, del terzo millennio. Uguali da sempre nei sogni e speranze
comuni a ogni teempo. Anche se non pare poi esserlo.
Ricordiamocelo,
se ci appare farci coraggio:
l’agricoltore
prevale sempre, perché esso ha un sogno, positivo per tutti.
I predoni, sanno rubare solo
le ricchezze di altri. E finito il
saccheggio, spesso conoscono persino la propria di fame… per sopravvenuta
assenza di prede…. Non sanno, infatti,
fare altro.
Buon
ferragosto di nuovo, agli <agricoltori> italiani e del mondo di sempre e,
anche di oggi.
staffa
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